Contrariamente a quanto si pensi, le IOC sono ben visibili nel settore petrolifero upstream dell’area, con le sole eccezioni di Arabia Saudita e Kuwait, che hanno imposto restrizioni nell’accesso alle riserve
Le relazioni fra compagnie petrolifere internazionali e nazionali nella regione del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) meritano un’attenzione particolare. Non c’è da sorprendersi, considerato che poche NOC situate nei paesi MENA controllano la maggior parte delle riserve petrolifere mondiali. A tale proposito il rischio è che, se queste NOC non intraprendono gli investimenti necessari per aumentare la capacità produttiva, la fornitura di petrolio globale in futuro potrebbe non riuscire a soddisfare la domanda prevista, causando un incremento del prezzo del petrolio a livelli elevati per razionalizzare la domanda. Sebbene prezzi elevati generino ricavi altrettanto cospicui per i produttori nel breve termine, rappresentano al contempo una sfida da non sottovalutare, poiché prezzi petroliferi alti e volatili possono causare rallentamenti nell’economia globale e la conseguente riduzione della domanda di petrolio. Sul lungo periodo, possono perfino distruggere la domanda – a preoccupare è in particolar modo il rischio che prezzi alti e volatili accelerino le attuali politiche finalizzate a sostituire il petrolio nel mix energetico e guidate da considerazioni sulla sicurezza politica e dai programmi di lotta ai cambiamenti climatici. Questo clima di ansia che ha interessato di recente gli investimenti è molto diverso da quello vissuto negli anni ’80 e ’90: allora molti esportatori dell’area MENA hanno dovuto gestire uno scenario di sovraccapacità, causato da un rallentamento della domanda globale di petrolio e da un rapido aumento delle forniture da paesi esterni alla regione.
L’anomalia dei piccoli produttori. Alcuni osservatori descrivono le relazioni tra IOC e NOC nella regione MENA come un “paradosso”, dato che “le principali compagnie petrolifere internazionali svolgono un ruolo secondario nella più grande sfida petrolifera del mondo”. L’impressione è che la presenza di compagnie petrolifere straniere nei paesi MENA sia marginale e che queste società debbano affrontare enormi barriere di ingresso a tali mercati. Eppure, contrariamente a quanto si pensi, le compagnie petrolifere internazionali sono ben visibili nel settore petrolifero upstream della regione, con le sole eccezioni di Arabia Saudita e Kuwait, che hanno imposto restrizioni all’accesso di società estere nel segmento petrolifero upstream. In realtà, alcuni piccoli paesi produttori di petrolio – come Siria, Yemen, Egitto e Sudan – basano le loro attività di esplorazione, produzione e commercializzazione totalmente su IOC, società indipendenti e NOC asiatiche. Questo gruppo di paesi vanta una storia di oltre trent’anni di costante presenza e leadership di società estere nei propri settori upstream, a dimostrazione dei rapporti sostenibili instaurati tra IOC e governi nazionali. Si tratta di un’esperienza esemplare, considerato che per gran parte della storia moderna queste economie sono state pesantemente dominate dal controllo statale. Coinvolgere operatori privati – e addirittura stranieri – in questo settore strategico rappresenta pertanto un’anomalia degna di nota. E non va dimenticato che queste relazioni sono sopravvissute a condizioni economiche estreme: da un lato l’empasse del mercato e uno scenario di bassi prezzi del petrolio negli anni ’80 e ’90, dall’altro lato le difficili condizioni di mercato e i prezzi petroliferi alle stelle negli ultimi anni.
Abu Dhabi e Oman. In altri paesi MENA, come Abu Dhabi e l’Oman, le autorità politiche non hanno perseguito la completa nazionalizzazione del settore petrolifero, mantenendo per contro una forte partecipazione estera. Ad esempio, la compagnia nazionale di Abu Dhabi (ADNOC) non ha mai acquisito il pieno controllo delle operazioni petrolifere, consentendo alle IOC di possedere fino al 40 percento del settore upstream del paese. Alcuni osservatori interpretano questa decisione come la presa di coscienza da parte del governo che la NOC potrebbe beneficiare dei progressi tecnologici e dell’ampio know-how offerto dalle IOC. Anche il coinvolgimento delle IOC nel settore petrolifero dell’Oman è stato considerevole. Petroleum Development Company (PDO), il più grande produttore petrolifero dell’Oman, è posseduto non solo dal governo nazionale (60 percento), ma anche da Shell (34 percento), Total (4 percento) e Partex (2 percento), una struttura rimasta invariata e stabile dal 1977. In Oman, la sfida di invertire la tendenza al ribasso nella produzione di petrolio, sfruttando le cosiddette misure di “Enhanced Oil Recovery (EOR)” ha reso imprescindibile la collaborazione con le IOC.
Algeria e Qatar. In altri paesi, come Algeria e Qatar, sebbene la nazionalizzazione del settore sia stata completata a metà degli anni ’70, i governi hanno dovuto successivamente abbandonare la propria strategia a favore di una maggiore partecipazione di società estere nel settore del petrolio e del gas. A metà degli anni ’90, il Qatar ha avviato, in collaborazione con le IOC, un ingente programma di investimenti finalizzato a sviluppare le proprie risorse di gas, che lo hanno reso l’esportatore di GNL numero uno al mondo. In Algeria, il calo dei rendimenti da petrolio negli anni ’80, nonché il netto declino del numero di pozzi sviluppati tra il 1980 e il 1986 e la riduzione della produzione petrolifera (da 1,27 milioni di barili al giorno nel 1979 a circa 1 milione di barili al giorno nel 1983), hanno evidenziato chiaramente i limiti della NOC algerina Sonatrach (in particolare la sua capacità di acquistare la tecnologia necessaria a contrastare il calo dell’output in segmenti maturi), costringendo il governo a modificare la propria politica petrolifera. A quel punto, le autorità algerine non hanno avuto altra scelta se non introdurre una nuova legge sugli idrocarburi e rivedere le condizioni fiscali, nel tentativo di attirare investimenti esteri nei meccanismi di esplorazione, sviluppo e ripresa ottimizzata. Il risultato è stato l’ingresso nel settore petrolifero algerino di diversi player, incluse le NOC asiatiche.
Le sanzioni e il quadro istituzionale. Ecco dunque spiegato perché l’accesso alle riserve non costituisce la barriera più ostica agli investimenti esteri e a una maggiore partecipazione delle IOC nella maggior parte dei paesi MENA. Alcune sanzioni contro Libia, Iraq, Iran e Sudan hanno limitato l’accesso di questi Paesi a tecnologia e capitale estero, penalizzando una partecipazione più convinta delle IOC alle principali partite disputate nel settore del petrolio e del gas. Un altro fattore chiave che influenza il grado e la facilità di accesso è il quadro istituzionale che governa le relazioni tra IOC, NOC e altre istituzioni coinvolte nel settore petrolifero. A tale proposito, una fonte di tensione tra IOC e NOC è la differenza fondamentale a livello di obiettivi. Come sottolineato dal ministro del Petrolio dell’Arabia Saudita, Ali Al-Naimi:
La confusione attorno al ruolo delle NOC deriva in parte da un confronto immeritato con le IOC. Se da un lato il mandato di queste ultime è creare valore per i propri azionisti, il compito delle NOC è generalmente più ampio… La saudita Aramco è stata incaricata dai propri azionisti di sviluppare le risorse di idrocarburi negli Emirati, per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di diversificazione dell’economia e di miglioramento delle risorse umane.
Le NOC non sono tutte uguali dal punto di vista qualitativo. Alcune NOC hanno svolto un ruolo operativo indipendente o a fianco delle IOC, acquisendo una maggiore fiducia nelle proprie capacità per incrementare le risorse interne. Con il sostegno delle società di servizio petrolifere, sono riuscite a gestire incarichi mai eseguiti in precedenza. Tuttavia, sul rovescio della medaglia, molte NOC non sono riuscite ad acquisire le tecnologie e le abilità manageriali necessarie a operare in modo indipendente dalle compagnie petrolifere straniere. In paesi come il Kuwait e in piccoli paesi produttori, come Yemen, Egitto e Siria, le relazioni fra il proprietario delle risorse naturali (il governo) e l’operatore incaricato della loro estrazione (la NOC) sono del tutto inefficienti e mantengono bassi i tassi di investimento. In gran parte dei paesi MENA, le NOC non stabiliscono la portata dei capitali a disposizione e le decisioni riguardo ai finanziamenti da allocare al settore del petrolio e del gas sono solitamente soggette ai requisiti di budget generali del governo. Di conseguenza, i capitali disponibili per le NOC sono spesso ridotti e comunque insufficienti per permettere loro di avviare nuovi progetti o incrementare le proprie capacità tecnologiche e di capitale umano. Nel corso degli anni, quindi, alcune NOC della regione MENA hanno subito perdite in termini di efficienza e competitività.
Nuovi modelli di business. Alla luce di queste diversità, è importante che le compagnie petrolifere internazionali comprendano a fondo il ruolo e le capacità delle NOC in ciascun paese MENA e mostrino chiaramente come possono contribuire allo sviluppo di ognuna di esse. Alcune IOC non hanno riconosciuto appieno queste nuove circostanze e non hanno esplorato in modo adeguato forme di collaborazione alternative con alcune delle principali NOC. Questi cambiamenti impongono alle IOC di individuare altri modelli di sviluppo aziendale che meglio si adattino agli obiettivi strategici delle NOC. Ma le IOC potrebbero non disporre della flessibilità necessaria ad adeguarsi a questa nuova realtà. Sotto la pressione degli azionisti e degli investitori, le strategie finanziarie e di investimento delle IOC hanno preferito massimizzare il valore per gli azionisti. A differenza di quanto è avvenuto nei primi anni ’80 – quando ingenti flussi di cassa si sono riversati nelle attività di esplorazione, sviluppo, produzione e miglioramento tecnologico – le IOC hanno optato per strategie di rendimento a favore degli azionisti, perseguendo schemi di riacquisto azionario e distribuzione dei dividendi. Molte si sono imbarcate in processi di fusione e acquisizione, per incrementare la redditività tagliando i costi. Ottenere il massimo valore per gli azionisti ha causato inoltre un graduale abbandono delle strutture verticalmente integrate che avevano caratterizzato il settore petrolifero negli anni ’60 e ’70. Al contrario, diversi anelli della catena di fornitura vengono ora gestiti come centri di profitto indipendenti, con gli investimenti che si spostano da centri di profitto relativamente bassi, come la raffineria o il marketing, verso ambiti più redditizi, come il segmento upstream.
Le società di servizio e le NOC asiatiche. Questa tendenza ha creato opportunità per le società di servizio che sono state coinvolte o hanno assunto compiti che le IOC sono riluttanti a eseguire. Le IOC devono inoltre affrontare la concorrenza agguerrita delle NOC asiatiche. Nel tentativo di soddisfare la domanda energetica interna, le NOC di Cina e India si sono attivate per incrementare i propri investimenti internazionali e acquisire asset che garantiscano nuove fonti di approvvigionamento. Dal momento che queste NOC non sono guidate unicamente dall’obiettivo di massimizzare il valore per gli azionisti, mostrano una maggiore flessibilità e sono più propense a negoziare contratti con i governi dei paesi esportatori di petrolio. Inoltre godono di legami stato-stato che offrono loro un accesso migliore, sulla base di un accordo di più ampio respiro tra i governi. Parte del loro successo dipende dalla volontà di operare in paesi sanzionati e intraprendere progetti infrastrutturali su larga scala – come la realizzazione di strade, scuole e ospedali – a sostegno dei propri investimenti nel settore energetico.
Se è vero che le IOC e le NOC devono affrontare una più aspra concorrenza da player multipli e i cambiamenti dell’ambiente operativo, ciò non significa che il coinvolgimento delle IOC nel settore del petrolio e del gas in Medio Oriente verrà meno in futuro. La maturità dei bacini produttivi spingerà i governi dei paesi MENA a sviluppare una strategia di produzione ed esplorazione binaria: da un lato la scoperta e lo sviluppo di nuovi giacimenti e bacini di petrolio e gas, per espandere la capacità produttiva; dall’altro lato il miglioramento dei fattori di ripresa dei giacimenti operativi, al fine di ridurre i tassi di declino. Questa strategia richiede l’applicazione di nuove tecnologie, una progettazione più intensa ed efficace, l’adozione di tecniche di best practice e una disciplina manageriale più approfondita. Le capacità gestionali possono rappresentare un importante ostacolo se l’iter burocratico del settore pubblico penalizzerà l’efficienza delle performance. Queste sfide sono tutt’altro che irrilevanti e molte NOC nella regione MENA non sono sufficientemente preparate sul fronte della progettazione e implementazione di questo tipo di progetti. Ciò potrebbe creare opportunità di ingresso e rafforzamento della presenza di IOC in una regione chiave. Il successo di queste società dipenderà, tuttavia, dalla loro capacità di sviluppare nuovi modelli di business che meglio si adattino agli obiettivi strategici e socio-economici delle NOC.