Il quotidiano on line Orwell.live censurato da Twitter per aver difeso Pansa Da oltre 72 ore l’account del giornale e quello dell’editore, Alessandro Nardone, risultano “sospesi”. Il social più utilizzato nel mondo del giornalismo censura un giornale on line? Per cosa, poi? Cosa possiamo aver scritto di così terribile da far scappare la doppia chiusura? Mistero. Sono 3 giorni che inviamo contestazioni, e le uniche risposte che abbiamo ricevuto sono state delle banalissime email di notifica in cui “gli algoritmi” del social ci comunicano di aver ricevuto il nostro reclamo e che «ne terremo conto per proseguire l’indagine.» Eppure le pagine del giornale e gli account collegati non sono certo mai stati usati per insultare, né per “diffondere odio” ma solo notizie o, tutt’al più, opinioni (cosa che, fino a prova contraria, dovrebbe ancora essere un diritto sancito dalla Costituzione). In mancanza di motivazioni ufficiali, ci siamo chiesti cosa possa aver determinato questo grave provvedimento nei nostri riguardi. L’unica cosa che ci è parsa subito evidente è che la sospensione dei nostri account è avvenuta qualche ora dopo la pubblicazione del post con cui rilanciavamo l’editoriale di Alessandro Nardone a difesa della memoria del defunto Giampaolo Pansa, vilipeso con attacchi osceni, pubblicati proprio su Twitter. Potremmo anche sbagliarci. Di certo rimane il fatto, gravissimo, di aver bloccato unilateralmente e senza motivazione l’account di una testata giornalistica regolarmente registrata (oltre a quello di un libero cittadino), in violazione della libertà di stampa e del più comune rispetto per il pluralismo. “I social ricoprono, ormai, il ruolo di foro pubblico di discussione, con la conseguenza che la limitazione ingiustificata della possibilità di esprimersi attraverso tali servizi costituisce un vulnus diretto del diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.).” (Avv. Nando Schiavi) Da parte nostra cercheremo di andare a fondo della questione denunciando l’episodio alla Magistratura, alla Polizia postale e all’Ordine dei giornalisti. Se, poi, dovesse risultare che il nostro account è stato chiuso a seguito di segnalazioni inviate, magari da quegli stessi “odiatori seriali” che hanno inveito nei confronti di un onorabilissimo giornalista appena scomparso, beh, sarebbe un fatto veramente vergognoso che non può rimanere indenne da conseguenze.