Di seguito riproponiamo l’intervista a Paolo Coppola, parlamentare del Partito Democratico e Presidente Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale italianapubblicata sul numero 300 della rivista cartacea Media Duemila.
“Nel nostro Paese non abbiamo chiaro il significato di ambiente digitale. Resteremo fermi fino a che la maggioranza delle persone (classe dirigente compresa) continuerà a collegarlo unicamente al computer”. Veloce, chiaro, “digitale”, così è Paolo Coppola che in una battuta racconta il rapporto tra cultura e tecnologia nel Paese Italia. Sul tema dell’educazione dice: “Il nostro sistema educativo, nonostante le eccellenze, non è ancora attrezzato per affrontare in modo adeguato l’economia della conoscenza. Mancano percorsi formativi legati allo sviluppo delle competenze, del lavoro collaborativo, della creatività, e del pensiero laterale. L’alfabetizzazione informatica ormai è inutile, i ragazzi non ne hanno più bisogno. Questo è il problema”.
Agid lo risolverà?
“Con l’Agid lavoriamo al piano nazionale per la diffusione della cultura e delle competenze digitali, strumento utile per un’analisi del contesto. Abbiamo già riunito allo stesso tavolo tutti i portatori di interesse con l’obiettivo di spingere sulle competenze digitali e superare, con un’azione condivisa e incisiva, resistenze ed ostacoli”.
L’ ostacolo più difficile?
“Finora è mancata la volontà politica, indispensabile per andare avanti. Oggi esiste”.
L’era della trasparenza implica un ritorno alla “cultura della vergogna”. Emergerà un’aristocrazia per il bene comune, testimone di esempio pubblico?
“L’eccesso di trasparenza che caratterizza i nostri giorni, e non parlo solo dell’Italia, si traduce in un eccesso di esposizione dei cittadini verso lo Stato, ma non del contrario. La differential privacy, nell’era dei Big Data, è un settore di ricerca determinante perché dall’aggregazione si può risalire all’identità del singolo, argomento già da me affrontato, nel 2012 a Firenze. Garantire la privacy ai cittadini-utenti e poter sempre identificare chi custodisce i dati, sono le priorità di oggi”.
Per lei cosa è la cultura digitale?
“Vuol dire soprattutto capire le potenzialità della digitalizzazione ed anche quanto i calcolatori siano utili nelle attività dell’uomo. Non bisogna soffermarsi su quanto già esiste, ma capirne il potenziale. In passato abbiamo commesso errori, il PC è stato vissuto come un intruso tra l’uomo e la carta, è indispensabile cambiare approccio e processi”.
Governo Renzi e digitalizzazione?
“Il nostro premier è determinato, spinge la diffusione della cultura digitale che implica anche una reinterpretazione della PA. Su questo non ho alcun dubbio. Non è come prima”.
Maria Pia Rossignaud