di LUCA PROTETTI –
Dalla Sapienza alla Lumsa con Benedetta Papasogli, Prorettore alla Ricerca e all’internazionalizzazione dell’Università di Roma .
Crowdsourcing: rete di persone che condivide e collabora servendosi del Web è straordinariamente più dinamica, più creativa e più produttiva di un singolo, rappresenta un nuovo modo di fare business per le aziende e anche per le istituzioni. Questa l’ottica del Ministro degli Esteri Giulio Terzi che ha dato il via a questo progetto per valorizzare l’immenso capitale umano che l’Italia ha all’estero.
Un obiettivo ambizioso quello di mettere le eccellenze italiane d’oltreconfine di nuovo al servizio del paese attraverso la Rete. Un progetto che riporta al centro dell’interesse del governo la tecnologia e l’innovazione, incentivando quella che lo stesso Ministro ha indicato come l’economia della conoscenza. Secondo le ultime stime quello del crowdsourcing è un settore che vale quasi 400 milioni di dollari, cresce del 100 per cento ogni anno e coinvolge oltre sei milioni di lavoratori in tutto il mondo.
“Mi sembra interessante che l’approccio abituale sia in qualche modo ribaltato: l’obiettivo non è quello di far rientrare in Italia i ‘cervelli’ ma di valorizzarne la presenza all’estero, che può diventare una risorsa per l’Italia – spiega Benedetta Papasogli – . Chiunque abbia esperienza nella stesura di progetti europei, o nella valutazione nazionale e internazionale della ricerca, sa quanto spesso l’iniziativa e la ricerca italiane incontrino difficoltà a farsi riconoscere, nonostante le innegabili e apprezzate punte di eccellenza. Un circolo virtuoso potrebbe essere instaurato, attraverso il quale la parola ‘internazionalizzazione’, parola magica a cui spesso non corrispondono precisi contenuti, potrebbe assumere significati concreti e corrispondere a una trasformazione di cultura e di mentalità”.
Il concetto di globalizzazione spesso assume risvolti concettuali negativi. Può il web, attraverso progetti di questo genere, trasformare questa tendenza ideologica?
“Se non altro il Web, ben usato, può permettere di fruire di tanti aspetti positivi della globalizzazione. E vista la straordinaria potenzialità di questo mezzo, e la vitalità anche “selvaggia” che può caratterizzarlo, costruire dei progetti di questo genere è un impegno umanistico, oltre che un segnale forte nel campo del business e dell’innovazione”.
Quale l’interesse per gli scienziati all’estero?
“Al di là di vari aspetti di tornaconto immediato, ne cito uno solo, che può suonare paradossale, e che implica, certo, una forte speranza e scommessa sul futuro: creare nel proprio paese di origine le condizioni per cui i ‘cervelli’ non debbano più lasciare l’Italia”.
E’ possibile che anche altre istituzioni come scuole, università ed enti di ricerca, possano mettersi in rete a livello globale?
“Il cammino dell’internazionalizzazione delle Università è passato finora attraverso complessi canali, che dovranno essere potenziati, senza dimenticare mai tutte le componenti di una relazione pedagogica autentica e di un serio scambio interculturale. Ma indubbiamente il web rende evidente – quasi simbolicamente– e sempre più possibile la dimensione universale del sapere, le sinergie nella ricerca e nella sua disseminazione. Credo che in particolare per il mondo della ricerca (Università ed Enti) sarà quasi indispensabile utilizzare sempre più anche questo mezzo per costituire e allargare le proprie reti. Di questa evoluzione ci sono già infiniti segnali. Un esempio in corso: la grandiosa operazione della VQR (valutazione della ricerca) promossa in Italia dall’ANVUR, che si svolgerà tutta attraverso il web, coinvolgendo revisori da molti paesi del mondo”.
Luca Protettì
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