DI FORTUNATO PINTO
E’ sempre più difficile definire oggi i social media, ne esistono centinaia, se non migliaia, con vita spesso breve. Molti sono semplici copie di altri, altri ancora sono novità che mettono in crisi quelli che hanno un gran numero di utenti pronti a provare il nuovo, per interesse o soltanto per seguire le mode. E’ successo anche ai piani alti, Facebook ha dovuto subito reagire al polverone smosso da Google con il lancio di Google+, un ibrido tra la potente rete di Zuckermberg e i cinguettii di Twitter. Google+ ha aggiunto qualità di contenuti e ha introdotto un vecchio, altisonante, termine nel gergo della Rete, le cerchie: reti sociali come un gruppo chiuso con cui condividere tutto il possibile. Del difficile mondo dei social media e delle start-up ne parliamo con Erik Lumer, fondatore e Presidente di Cascaad, azienda italiana dietro CircleMe: il social tool che mette “in ordine” i propri gusti (ancora in versione beta ma presto aperto a tutti.)
Come si pone CircleMe nel variegato mondo dei social media? Cosa aggiunge e cosa lo fa distinguere?
L’esplosione dei social media negli ultimi anni è stata guidata da due forze principali: da un lato, la diffusione e il consumo delle informazioni con più dinamicità e partecipazione, dall’altro, la volontà di connettere e condividere qualsiasi cosa con i gruppi di appartenenza,con le proprie reti sociali. Twitter e Facebook sono le piattaforme più popolari oggi per esemplificare questo fenomeno. Una volta sottolineato il loro essere straordinariamente coinvolgenti, bisogna riconoscere che queste “piattaforme per conversare” possiedono anche due limiti chiari: primo, non riescono a fornire in modo approfondito il supporto per specifiche modalità o competenze specifiche di condivisione sociale. In secondo luogo, tendono a focalizzare tutta l’enfasi sulla nostra identità sociale, per cui noi esistiamo in virtù delle nostre connessioni e l’attenzione – reale o illusoria – che queste ci concedono. “Mi connetto, dunque sono”, o come Paul Valéry ha scritto nel Monsieur Teste: “En échange du pourboire public, il donne le temps qu’il faut pour se render perceptible … (In cambio della fama, si spende il tempo a rendersi percepibili). La prima limitazione, di cui detto sopra, ha creato l’occasione per una serie di nuove applicazioni sociali che sono orientate verticalmente. Prendete Instagram per esempio, che concentra l’esperienza di editing e condivisione di foto su smartphone.
Ho iniziato Cascaad, l’azienda dietro CircleMe, con la visione che i tempi erano maturi per un web più personalizzato, che va a complementare ed equilibrare l’identità sociale con nuovi modi di esprimere e alimentare una identità personale in un modo tale da riflettere al meglio la storia di ogni singolo individuo e le influenze culturali a cui è stato esposto. CircleMe è stato concepito come una nuova piattaforma il cui punto di partenza, e ciò che ne fa la differenza, è quello di fornire gli strumenti per curare tutti i tuoi gusti personali. Pensatelo a questo livello basilare come un Evernote (block notes multimediale) per gli oggetti culturali che si amano veramente e in cui ci si identifica, siano essi musica, film, libri, luoghi, icone viventi, i tipi di cibo o una vasta gamma di altri interessi.
CircleMe è sia un balzo in avanti che una grande partenza dal calderone dei “mi piace” di Facebook, delle pagine fan, dei check-in, ecc. Non solo perché offre una user experience di gran lunga più ricca (per ora sul web e presto in versione mobile) per organizzare e socializzare l’archivio virtuale di ciò che veramente piace, cioè il ritratto di se stessi attraverso i propri gusti, ma anche perché CircleMe fornisce i mezzi per poi dedicarsi attivamente ai propri interessi, da soli e con gli altri. Infatti, la piattaforma aiuta a curare e trovare nuove informazioni circa i propri gusti, pianificare le attività future legate a elementi di interesse e scoprire le persone che la pensano allo stesso modo (vicini di casa nel gergo di CircleMe) e cose nuove di potenziale interesse. Ad esempio durante un week-end a Berlino si potrebbero ottenere suggerimenti da persone che hanno un’affinità culturale riguardo a bei posti in cui cenare.
Anche se idealmente CircleMe è nato prima, è inevitabile il confronto con Google+ e le sue cerchie, cosa c’è di diverso?
L’analogia con Google+ è solo superficiale e termina con la parola “cerchie (circle)”. Google+ permette di raggruppare le proprie connessioni sociali secondo varie categorie (lavoro, famiglia, amici, compagni di immersioni subaquee…ecc), chiamate appunto cerchie. Questo facilita una condivisione più selettiva, anche se quello che si sta condividendo è ancora sulla via dell’onnicomprensiva tradizione di Twitter e Facebook.
Naturalmente, incorporati nel flusso di condivisione ci saranno anche i riferimenti a cose che piacciono o di cui si vorrebbe sapere di più, ma ben presto si perdono nel rumore e non c’è una attenzione specifica alla cura dei gusti personali.
Al contrario, noi introduciamo il termine “CircleMe” per enfatizzare la costruzione di una cultura su misura incentrata sull’interesse personale.
Il successo di Facebook sta anche nell’avere a portata di mano tutto tramite il “like” ma l’utente resta al centro della rete, creare una rete di conoscenza tramite la condivisione di gusti non provoca omogeneità piuttosto che eterogeneità di informazione?
Al contrario. CircleMe interseca il grafico di interesse con uno strato sociale. Abbiamo introdotto un tocco innovativo sul paradigma del “follow” sociale, per cui ci si può “fidare” di qualcuno per tracciare la sua attività e ottenere accesso alle proprie informazioni su CircleMe. Questa connessione attraverso fiducia può essere basata su amicizie pre-esistenti anche se non ha bisogno di essere ricambiata. Infatti, il servizio suggerisce automaticamente i vicini che hanno alcuni interessi in comune e che potrebbero essere coinvolti nelle connessioni di fiducia. Così che si può essere maggiormente coinvolti con i propri interessi e al tempo stesso sperimentare cose nuove e diverse culture individuali attraverso una empatia sociale, la sovrapposizione di gusti con quelli di altre persone sarà sempre solo parziale.
E’ importante quindi capire che per far sì che l’ informazione eterogenea sia di valore per una persona, essa non può essere solo un campione casuale di balbettio del mondo, ma ci dovrebbe essere una qualche connessione, tuttavia contorta, con l’impronta del gusto personale e dei propri interessi sociali . Questo è precisamente ciò CircleMe vuole raggiungere.
Negli Stati Uniti le start up, seppure la maggior parte ha vita breve, hanno maggiori possibilità di portare a termine il proprio progetto, in Italia quanto è possibile e soprattutto difficile per una start-up affermarsi?
La situazione è migliorata molto negli ultimi anni per le start-up italiane in fase iniziale, con una migliore condivisione del know-how tra imprenditori esperti e aspiranti, nonché l’accesso ai finanziamenti da una nuova generazione di circuiti virtuali locali come Innogest (investitore in Cascaad). Le difficoltà rimangono nelle fasi successive, poiché l’accesso al talento con esperienza, ai capitali per l’ultimo passo e al chiacchiericcio che genera interesse sono limitati in Italia, mentre massicci negli Stati Uniti. Anche culturalmente, è più naturale negli Stati Uniti pensare in grande e in maniera audace, mentre le start-up italiane tendono ad essere meno ambiziose e a seguire le tendenze attuali.
Per visualizzare un’anteprima di CircleMe cliccare qui
Fortunato Pinto
fortunatopinto@hotmail.com