Non ci potevo credere. E non ci posso tuttora credere. In un attimo, il tempo di andare a prendere i giornali all’edicola all’angolo, la mia vita s’è svuotata: più nulla, non un contatto, non una memoria. Il vuoto, il deserto. La mia vita, cioè volevo dire la mia mail -ma, in fondo, è la stessa cosa-: c’è, anzi c’era, più me in quella casella postale virtuale che nella mia abitazione; a volte, ci pensavo come fosse un paradosso; adesso che è successo, mi pare assolutamente vero. Mi sento più violato dentro da questa incursione informatica che quando mi svaligiarono l’appartamento – forse perché ci riuscirono molto parzialmente-.
Adesso vi racconto cos’è successo. E, per favore, i ‘super-esperti’ fra di voi s’astengano da ironie e commenti salaci: il backup, il firewall, la password più difficile… Siate solidali; o astenetevi! Dunque, mi siedo al computer e riapro la mia mail personale, che 5’ prima era perfetta: la trovo completamente vuota; non c’è più un messaggio, nessuno delle migliaia e migliaia che da anni andavo minuziosamente archiviando catalogati in files e sottofiles; e non c’è più un solo contatto… Al loro posto, improbabili indirizzi sconosciuti che, dai prefissi telefonici e dai suffissi mail, mi paiono e sono turchi e/o afghani, iraniani e/o pachistani.
Di colpo, mi assale l’ansia: sudo freddo: “Ma come –penso-, queste cose succedono sempre e solo agli altri”. Cerco di capire, ma prima che riesca a raccapezzarmi incomincio a ricevere telefonate, chat, sms: “Stai bene?”, “Hai bisogno d’aiuto?”, “Posso fare qualcosa?”. Qualcuno è allarmato, qualcuno, più scafato, è ironico, tutti sono superficialmente infastiditi. E’ successo che qualche gaglioffo, lo stesso senza dubbio che è entrato nella mia mail e s’è preso indirizzi e contenuti, ha mandato a tutti i miei contatti, ma proprio a tutti, una mail in cui mi dichiaro vittima d’un furto a Edimburgo, dove, senza soldi né documenti, ho bisogno di prendere un aereo e di rientrare in Italia, E suggerisco di mandarmi lì una somma cash con una delle agenzie che trasferiscono fondi istantaneamente.
Capisco che sono caduto dentro un incubo informatico: messaggi di quel genere, in passato, ne ho ricevuti anch’io e li ho sempre ignorati, ma alcune vittime mi hanno poi raccontato le loro traversie. Provo a capire le istruzioni di Google in merito –e mi rendo subito conto che non è roba per me-, chiamo un tecnico di fiducia, mando da altre mail messaggi circolari, rassicurando tutti quelli che so raggiungere (sto bene, non ho bisogno di nulla), scusandomi per il fastidio, suggerendo banali azioni difensive (‘killeraggio’ della mail ‘infetta’, cambio della password)…
E, con il telefonino bollente, che è nuovo e manco riesco a usarlo bene, parto a denunciare il fatto. La polizia postale, al telefono, dice che posso farlo in qualsiasi commissariato, ma al commissariato di quartiere il poliziotto in divisa mi suggerisce di andare proprio alla polizia postale. Abito a Roma e vado in Viale Trastevere, dove trasecolo sentendomi dire che occorrono le pezze d’appoggio cartacee della frode informatica;. Torno a casa, stampo le mail, ritorno in viale Trastevere, presento la denuncia, vengo cortesemente informato che non servirà a nulla, che le indagini in questi casi sono ‘pro forma’ e che, al massimo, il mio caso aiuterà Google a migliorare le difese…
Torno a casa e cerco di fare l’inventario delle cose da fare: bonificare i computer e la, anzi le mail; mettere in guardia tutte le potenziali vittime della truffa; avviare l’operazione di ricostituzione almeno del bagaglio di contatti. Ma, quando cerco di fare l’inventario dei danni, la mente si rifiuta di andare a scrutare i contenuti delle mail perdute, fatti miei e fatti d’altri raccontati a me, che non dovrebbero interessare nessuno, materiale di lavoro, anni di amicizie e/o documentazioni.
Non avverto più ansia, ma un senso di vuoto; e di impotenza. Neppure il tecnico al telefono mi risolleva: mi spiega che l’hacker ha in pratica dirottato tutto il mio traffico gmail su una sorta d’universo parallelo ymail; che il materiale perduto lo è probabilmente per sempre; mentre, invece, lui può porre termine al dirottamento. Quasi quasi telefono a un vecchio amico, per raccontargli tutta ‘sta storiaccia: già, ma non ho più il numero, perché la rubrica del cellulare è sincronizzata con quella del computer e se n’è andata pure lei… Allora, scendo in cantina e, dallo scatolone dove l’avevo riposta, recupero una vecchia rubrica: anni dopo, è un po’ impolverata, ma funziona perfettamente, non s’è scolorita e nessuno l’ha ‘piratata’.