Digiwrite, azienda italiana del gruppo Sistematica, si occupa della produzione e della commercializzazione del software della penna digitale. Media Duemila ha intervistato il suo Executive Director, Sergio Laliscia, per conoscere meglio le caratteristiche e la portata di questo strumento tecnologico.

Come funziona una “penna digitale”?

Il funzionamento è molto semplice. La penna scrive su un foglio di carta (sul quale è stato stampato un reticolo – pattern – n.d.r.) e registra la scrittura attraverso una telecamera infrarossi. L’ordine viene così trasmesso ad un server centrale che registra la transazione. La penna scarica i dati non solo attraverso un telefono cellulare ma anche attraverso un calamaio usb.
Il punto forte di questa tecnologia è che io sono in comunicazione e riesco a trasmettere informazioni vitali per l’organizzazione della quale faccio parte con una penna nel taschino e un telefonino in tasca. Alcuni considerano il palmare un nostro concorrente. Io dico che sono due device complementari e comunque differenti: il palmare è infatti multifunzionale e biunivoco, nel senso che con questo dispositivo io posso inviare e ricevere informazioni; la penna è invece monodirezionale, cioè invia solo delle informazioni, ed è sicuramente più familiare e quindi più facile da utilizzare.

Anche altre aziende (come Logitech e Nokia) hanno creato un dispositivo simile. Quali sono le caratteristiche distintive della vostra “penna digitale”?

La nostra penna digitale con tecnologia Anoto è lo strumento che – insieme alla carta digitale Anoto – permette di inviare qualsiasi cosa di scritto o di disegnato ovunque nel mondo. Anoto è la società svedese che ha sostanzialmente inventato il binomio penna digitale e carta digitale con il pattern, cioè un reticolo di puntini che consente la memorizzazione della scrittura. Portatilità totale, costi bassi (per esempio rispetto ai palmari), facilità d’utilizzo, sono le caratteristiche essenziali di questo device.
Le parti comuni a tutte le penne digitali, sostanzialmente uguali tranne che per il design, sono: una telecamera digitale, una unità di processamento immagini ed una unità di memoria (fino a 1,2 MB). La penna non ha né bottoni, né un display. Sembra in tutto e per tutto una normale penna, e si usa nello stesso modo. La si attiva togliendo il cappuccio, e la si spegne rimettendolo. Nulla di più facile.

Come e dove potrebbe essere utilizzato questo dispositivo?

Oggi in Italia abbiamo circa 6 mila penne digitali attive. Spaziamo dal settore sanitario alla pubblica amministrazione. Tra i nostri clienti ci sono: aziende ed enti pubblici che hanno un elevata quantità di “data entry” (cioè inserimento manuale a computer di schede o formulari compilati a mano); aziende che hanno reti di venditori che operano sul territorio e che devono in seguito riportare in sede i contratti firmati dai clienti; aziende che devono ricevere, da propri dipendenti o collaboratori lontani dalla sede, schizzi, disegni o progetti in tempo reale; scuole pubbliche e private, università, istituti di ricerca e pubbliche amministrazioni che organizzano esami, concorsi e verifiche periodiche tramite domande a risposta multipla; aziende o enti pubblici che organizzano sondaggi di opinione, referendum o exit poll.

Pensa che questo strumento potrebbe davvero affermarsi, come è stato per esempio per il mouse o per le web cam?

Sinceramente penso che la penna digitale potrà diventare un oggetto di uso comune probabilmente quando, tra qualche anno, gli italiani cominceranno ad avere più familiarità con gli strumenti tecnologi.

intervista a cura di Erminio Cipriano

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