Generalmente le celebrità vengono dal
mondo dello spettacolo, mentre la fama può essere raggiunta anche per motivi
che esulano da questo mondo, come per esempio in conseguenza di un percorso politico, un crimine, una scoperta scientifica: questo però non
porta necessariamente ad essere considerati una celebrità.
L’elemento chiave sta nel fatto che a differenza delle persone famose (es.Rita Levi Montalcini), le celebrità (es.Tom Cruise) suscitano interesse per la loro professione, ma in particolar modo per la loro vita privata.
È l’interesse per il privato del soggetto, infatti, a rendere possibili quelle narrazioni in cui riconosciamo tutti i tratti tipici delle celebrità: storie sentimentali, operazioni di chirurgia estetica e cosi via. Per entrare nel privato e far si che ogni aspetto della celebrità diventi pubblico e trasparente, sono necessari i media e le narrazioni costruite con, attraverso e per i media.
Secondo la sociologa Jessica Evans (2017), media e celebrità sono mutualmente costitutivi e veicoli per la creazione di significati sociali: da un lato i media investono immense risorse nella promozione e copertura mediatica delle celebrità; dall’altra la celebrità rappresenta sempre qualcosa più di lei, ospitando valori, percezioni, credenze.
La copertura mediatica sui giornali, nei film, nella tv, nei social network gioca un ruolo cruciale nella percezione e nell’organizzazione del nostro mondo.
Il processo di “celebrificazione” è caratterizzato per essere fortemente dislocato in una pluralità di media che offrono input ed output differenti: celebrità del cinema, televisive ed oggi i noti “youtubers” sono figure totalmente differenti in termini di narrazione, personalità, pubblico, tempi e spazi, tutto muta oggi in seguito alla globalizzazione dei media e al processo di convergenza.
La televisione ha creato molti divi e ciascuno di questi subisce la conseguenza di essere “quotidianizzato” da essa (Jenkins, Green 2013), facendo loro perdere il potere.
Rispetto a prima, le star televisive e cinematografiche non appaiono più cosi lontane, superiori, irraggiungibili, ma fanno semplicemente parte della quotidianità delle persone comuni. Le star di un tempo sono considerabili esattamente sullo stesso piano dello youtuber oggi, anzi quest’ultimo coltiva il suo successo ogni giorno collezionando like (unità di misura del successo personale) raggiungendo un numero impressionante di followers, senza necessariamente avere specifiche competenze nel settore.
Con i nuovi spazi sociali e digitali da Facebook , passando per Twitter, fino ad Instagram (e non solo) nascono oggi nuove figure giovani che si immergono nella dimensione pubblica digitale, (micro) celebrità che sfruttano la trasparenza e la natura interattiva dei media digitali, costruendo in tempi brevi e a costo zero canali diretti con i propri pubblici, muovendosi nelle piattaforma social come esperti influencer (Jenkins, Green 2013) e nuove pratiche come quella dei selfie tengono in stretto contatto celebrità e pubblici, costantemente aggiornati sulla vita professionale e sentimentale della star, essendo la dimensione privata totalmente assente già dall’inizio del rapporto tra loro. Inoltre con i social media anche l’esperienza del corpo si fa pubblica: un corpo globalizzato e trasparente che crea interconnessione, successo o insuccesso, potere o fragilità, ma quello che è certo oramai, è che chiunque può tentare almeno di costruirsi un percorso di micro e auto-celebrità.
I giovani conoscono perfettamente il nuovo spazio digitale in cui si muovono costruendo identità multiple, eppure sarebbero incapaci di distinguere reale e virtuale, disposti ad accettare la fine della dimensione privata, che inconsapevolmente e paradossalmente, tengono però in vita agendo tramite false identità in rete, spesso incarnando ruoli di carnefice e/o vittima (Padula, Cerretti 2016).
La possibilità di utilizzare facilmente i media sociali e digitali per poter interagire con gli altri, moltiplica automaticamente i messaggi che ciascun individuo produce di sé.
Gli adolescenti invece di agire per ottenere la privacy, limitando cosi la visibilità dei contenuti on-line e delle loro azioni nelle piattaforme social, sviluppano altre strategie per ottenerla in pubblico (Boyd 2014).
Il fenomeno del selfie, l’abitudine cioè di scattarsi foto con il proprio smartphone diffondendole pochi secondi dopo nel web, è una delle nuove pratiche di massa e strategie di “vetrinizzazione sociale” (Codeluppi, 2015), che costituiscono un modello comunicativo basato sulla spettacolarizzazione e sull’esibizione del proprio fascino esteriore.
Un elemento interessante che accomuna le pratiche d’uso e consumi dei giovani riguarda la dimensione sociale dei media digitali: utilizzano i media per rafforzare la relazione con i pari (friendship-driven practises), per coltivare anche on-line i rapporti che abitualmente intrattengono in presenza (Stella, Riva 2014).
Gli spazi fisici e digitali vanno a fondersi, perdendo in questo modo l’accezione reale/virtuale e influenzando esperienza ed interazioni; i media digitali e sociali possono aumentare l’accesso alla propria intimità, ma la performance identitaria compiuta da ciascun soggetto all’interno del cyberspazio, è messa in atto con forti intenti di desiderabilità sociale.
Lo sforzo che viene fatto, è quello di non sembrare inadeguati alle norme che considerano accettabili, se non altro in relazione al gruppo di riferimento a cui si pensava di rivolgere il flusso comunicativo (Riva, Stella 2014).
La questione centrale è che non vi è alcun “dualismo digitale” tra vita reale e virtuale, come sottolinea il sociologo Nathan Jurgenson, e il fenomeno del cyberbullismo e le molteplici forme di Net Addiction (dipendenza dalla Rete), tendono ad aggravarsi proprio in mancanza di questa consapevolezza.
I giovani vivono direttamente la globalizzazione, l’individualismo radicale, l’incertezza e la trasformazione digitale ed è attraverso quest’ultima che i cosiddetti “nativi digitali” cercano di autorappresentarsi, costruendo relazioni anche di natura violenta e nuove identità complesse mediante schermo, mantenendone il pieno controllo .