di FORTUNATO PINTO –
L’Osservatorio TuttiMedia e Media Duemila, seguendo il desiderio di Derrick de Kerckhove, hanno organizzato la chiusura dell’anno dedicato al centenario dalla nascita di Marshall McLuhan a Roma il 20 luglio all’Accademia dei Lincei, sede della più antica accademia del mondo. Quali sono i rapporti e le influenze tra persona digitale, media, cervello, ambiente, tecnologia ed istruzione? Oggi il nostro essere assume una nuova identità legata alla rivoluzione digitale e noi ne discuteremo con esperti, giovani e tutti coloro che hanno voglia di dire qualcosa. Sarà una mattinata di studio dalla quale usciremo con possibili scenari del nostro presente e futuro.
L’attualità del pensiero del sociologo canadese è, senza ombra di dubbio, inconfutabile: quelli che allora erano segnali deboli, oggi si sono rilevati eventi del presente. “Bisogna trovare i nuovi segnali deboli per il nostro futuro. E questo sarà possibile farlo insieme”, ha detto il direttore scientifico di Media Duemila, Derrick de Kerckhove.
A lungo si è pensato che i media analogici potessero influenzare i cervelli riceventi, che il messaggio potesse condizionare la conoscenza e le relazioni degli individui.
La capacità di sentire, ascoltare e vedere simultaneamente è, invece, prova della struttura multitasking del cervello, che già nell’era analogica reagiva attivamente, anche se le tracce di questa azione erano poco percepibili, portando i ricercatori a pensare che il ricevente fosse un mero contenitore passivo.
E’ con le tecnologie digitali che i contenuti diventano multi-piattaforma dando la possibilità ad utenti meno esperti di accedervi più facilmente e crearne di nuovi. Essi sono interlocutori da ascoltare senza intermediari, con nuove competenze, capaci di costruirsi da soli un nuovo pensiero e maggiore senso critico e giudizio.
Il cervello digitale non naviga in un sistema di collegamenti lineari, bensì secondo logiche stellari e fluide, spesso poco chiare: non a caso, come ha riportato un’ultima ricerca della compagnia telefonica O2, i possessori di smartphone usano questi dispositivi sempre meno per effettuare chiamate, preferendo le funzioni di navigazione online ed uso dei social network. L’individuo sta perdendo sempre più l’abitudine dell’azione sequenziale della chiamata – digita il numero, invia/ricevi il messaggio, riaggancia – preferendo messaggi e connessioni di breve durata, riducendo il tempo di attesa e reazione.
Questi 24,7 minuti al giorno di navigazione e 17,4 minuti di “socializzazione”, addizionati ad altri venti minuti in cui siamo impegnati a controllare ed inviare email e messaggi, rispetto ai soli 11,7 minuti al giorno di telefonate, potranno potenzialmente portare ad un isolamento dell’individuo, impegnato ad occuparsi delle sue connessioni piuttosto che delle sue conversazioni con gli altri e con se stesso, come ha sostenuto la psicologa americana Sherry Turkle, al Ted 2012 a Long Beach (California). Saranno le connessioni costruttive e l’integrazione tra il giusto della realtà fisica con quello della realtà virtuale a creare un ambiente più fuso e meno confuso, sia online che offline.
Fortunato Pinto
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