Dal numero 299 della rivista Media Duemila, proponiamo l’intervista a Paola Villani, Presidente del Corso di Laurea in Progettazione e Gestione del Turismo Culturale presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Un settore giovane, che chiede esperti in nuove strategie di comunicazione…
“Ogni giorno nel nostro Paese un italiano su 10 si alza per lavorare nel settore del turismo. Una percentuale che sale al Nord (con un picco in Trentino Alto Adige) e che invece scende a 1/22 nelle regioni meridionali (1/23 in Campania). Una coorte di lavoratori che deve aumentare, in un paese come l’Italia del quale si continuano a celebrare (o talvolta a compiangere) le eccellenze in ambito storico-artistico, paesaggistico ed enogastronomico, e nel quale ancora si attendono risposte istituzionali, norme chiare, competenze definite e soprattutto progetti sistemici di sviluppo di ambito nazionale. E questo mentre l’Europa, con bandi e linee di azione, continua a ricordare (e finanziare concretamente) proprio i progetti sul tema di beni culturali, valorizzazione, turismo e nuove tecnologie”.
Cosa è il viaggio? Perché viaggiamo? Per ricordare? Per raccontare?
“Il viaggio non è un semplice spostamento fisico: oltre tutte le definizioni degli economisti, oltre tutti i numeri e i flussi, il viaggio è una ‘esperienza’, un racconto, un mito, una leggenda da inventare. I territori devono raccontare storie, che si traducano in simboli, immagini, e quindi anche in effettivi itinerari fisici. Il viaggio come metafora di conoscenza, condizione stessa dell’uomo moderno, nuovo Ulisse che sfida per conoscere e per vivere. In fondo lo diceva Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. E Baudrillard ci ricorda che “il viaggio è nella testa””.
Come si racconta un viaggio? In che modo i social network possono aiutare la narrazione di un territorio?
“Perché il viaggio in Italia cresca, il nostro Paese deve saper evocare, raccontare, nutrire il mito e la leggenda, far correre per il mondo tante storie. Un obbiettivo che chiede oggi nuovi operatori, qualificati, aggiornati; non più “addetti”, ma “professionisti”, per un settore che non è solo “ospitalità” ma che si declina nel più ampio termine inglese “hospitality” e che, in Italia e specie in Campania, non può prescindere anche da una sensibilità culturale necessaria a chi opera in un museo diffuso come il nostro Paese e la nostra regione. Perché il turismo non sia più sinonimo si sfruttamento di un patrimonio ma di partecipazione responsabile, crescita culturale e civile, nell’ottica di una effettiva “sostenibilità” e “responsabilità” (ambientale e sociale) condivisa’. Un settore che ha bisogno di giovani, ragazzi, digital natives che sappiano declinare un immenso patrimonio in nuove forme di comunicazione. Oggi infatti il turismo vive in rete, vive di nuovi software e nuove strade di socializzazione: trip advisor, portali di booking, il turista è sempre più regista del proprio viaggio e chiede territori che sappiano comunicare in modo diretto”.
Quali sono i progetti formativi del Suor Orsola Benincasa per chi voglia intraprendere la strada del Turismo?
“Ci sembra questa una necessità, se non un’urgenza. Le Università sono all’opera, con circa 30 Corsi di Laurea specifici in tutto il Paese e altrettanti corsi post-lauream e di specializzazione. Il Suor Orsola Benincasa ha subito attivato un serrato programma di accompagnamento e orientamento al lavoro. Per quest’anno accademico, oltre al rinnovato Corso di laurea in Progettazione e gestione del turismo culturale, festeggiamo la terza edizione di due Corsi di perfezionamento dedicati al turismo, uno specifico per formare esperti in Organizzazione di eventi e congressi e un altro dedicato al Management delle imprese turistiche. E per la primavera è in agenda un Master di primo livello in Hospitality Management, che parte in collaborazione con oltre trenta imprese del settore”.
In che modo gli studenti del Suor Orsola Benincasa entrano in contatto con il mondo del Lavoro?
“Sono azioni che coinvolgono da protagonista il territorio: grandi alberghi, catene ma anche associazioni di categoria. Ultima, ma solo in ordine di tempo, Federalberghi Napoli. Non si tratta di semplici convenzioni stage, ma di un partenariato di rete operativo, che vede lavorare insieme ateneo e imprese nella fase iniziale, di raccolta del fabbisogno, individuazione di scenari futuri del mercato e quindi progettazione e organizzazione della formazione. Ci sembra questo un piccolo esempio di best practice di tutto rilievo. Una piccola testimonianza di tenacia ed entusiasmo fattivo. E una prova del fatto che…“si può fare”.