Se in uno Stato i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario non sono separati, lo Stato non è democratico. La tesi vale anche oggi e dovrebbe distinguere la libertà sociale dallo statalismo coercitivo. Ma se in democrazia prevale un potere sotterraneo dei burocrati di stato o un ‘sistema’ giudiziario affidato alle correnti politiche della magistratura, al cittadino sorge il dubbio di essere un po’ manipolato. Senza parlare di servizi segreti, ingerenze plutocratiche o di superpotenze. E’ la chiosa di due letture: “Io sono il potere” di Salvaggiulo (Feltrinelli) e “Il sistema” di Sallusti-Palamara (Rizzoli). Da leggere criticamente, mentre siamo in attesa, oggi, di un governo autorevole e competente.
Non è una novità. Il servizio pubblico televisivo, che dispone per legge di un importo garantito dalle tasse per fare programmi, da sempre è un competitor leader, scomodo per gli altri editori e per i procacciatori di pubblicità. Complessivamente negli ultimi anni gli ascolti della Rai hanno avuto buon successo, anche se la raccolta pubblicitaria è calata considerevolmente. L’organizzazione dei programmi raccoglie plausi e critiche, come in tutte le imprese editoriali. Le considerazioni sulla gestione generale sono in pagina tutti i giorni sui giornali. L’opinione pubblica di solito porge critiche costruttive. Non stupisce che una rubrica del suo maggior concorrente sferri attacchi con regolarità sulle voci di gestione e di spesa, sugli sprechi nei contratti per le sedi estere e per gli artisti, interpretando a modo suo ruoli-doveri del servizio pubblico. Ammantati da una veste di satira-comicità, con un’aggressività dialettale-popolare, gli attacchi toccano tuttavia delicati argomenti economici e sociali per i quali sarebbe opportuno un chiarimento, un approfondimento o un’inchiesta formale da parte delle autorità competenti.
158 – COREOGRAFIE
Con la pandemia (ma anche prima) i mass media hanno rivoluzionato il mondo dello spettacolo. Si recita davanti a un tubo oppure si gesticola in uno studio vuoto. Si sorride ad una telecamera. Se ti va bene ti mandano un po’ di ‘like’ e l’Auditel ti attribuisce buoni ascolti. Sennò, anche se sei bravo, potresti rimanere sconosciuto. Allora gli editori si organizzano, lanciano il circo mediatico: l’evento è spalmato con comparsate e pettegolezzi prima e dopo. In platea per lo spettacolo ci mettono figuranti. Figuranti? Sì, bella gente, risate e applausi garantiti perché pagati. Così sarebbe una truffa: come se avessero pagato l’arbitro della qualità e del successo. Certo è che la coreografia del pubblico fa parte dello spettacolo, gratifica gli artisti e contribuisce a sedurre gli spettatori. Il ‘povero’ spettatore tv continua tra l’altro a ignorare se un canto è live oppure registrato, come spesso accade. Canzoni eseguite in ‘lip sinch’, acustica perfetta, smorfie a tempo, senza esitazioni o stecche. Dicono che a Sanremo l’abbia usato Claudio Villa nel 1955! Il vero brivido dello show è solo dal vivo e se non c’è un palcoscenico ‘in piazza’ e una platea ‘ruggente’, è un cine-documentario. Quali nuove magie dovranno fare gli specialisti del palcoscenico?
Nelle contese collettive, non è detto che la ragione stia con la maggioranza. Anzi, la soluzione delle contraddizioni sta in un algoritmo che tiene conto dei valori, dei pesi, dei volumi, più che delle dimensioni piatte. Eppure, come in ogni processo di conoscenza, la prima esperienza, l’impressione più comune, ha il sopravvento. Per migliaia di anni gli uomini ‘primitivi’ (ce n’è qualcuno anche oggi) ha considerato la Terra come piatta e le stelle come luci accese su un soffitto. C’è voluto un percorso scientifico lungo e anche tortuoso per meglio identificare le forme dell’universo. E gli scienziati, per affermare questa realtà hanno combattuto contro sciamani, governanti, burocrati, buffoni, filosofi e mass media. Oggi tutte queste categorie o corporazioni, agevolate da una democrazia degradata e da audiences affascinate dal litigio, cospirano contro il bene comune, apprezzando i pasticceri più dei farmacisti. Lockdown è brutto, scomodo, potrebbe essere antilibertario; movida è bella, piacevole, potrebbe essere irresponsabile.

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Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it