Re Tech Life Onlus nasce come modello di impresa sociale che si basa su un nuovo approccio alle problematiche ambientali, trasformandole in occasioni di sviluppo di occupazione. La cooperativa dal 2006 rigenera ogni anno migliaia di computer dismessi da grandi aziende per poi destinarli a scuole e progetti sociali in Italia e in altri Paesi.

Media Duemila ha intervistato il presidente Giorgio Biella.

Come nasce la vostra Onlus e quali sono gli obiettivi che vi proponete?

Il progetto nasce da una presa di coscienza del continuo degrado delle nostre città, dal desiderio di creare un modello di “intrapresa” capace di catalizzare competenze tra il sociale ed il privato, modificando l’incognita del “rifiuto elettronico” in occasione e trasformando il recuperato in reimpiegato. Abbiamo preso coscienza che tutto ciò che viene considerato obsoleto, in relazione alla continua evoluzione dei sistemi operativi, ha ancora un valore d’uso futuro. Sulla base di queste considerazioni sono apparsi subito chiari gli obiettivi da perseguire:

–         creare occupazione favorendo il reinserimento sociale di categorie disagiate, attraverso la formazione;

–         dare post valore all’I.T. obsoleto per Aziende ma ancora funzionale per Enti, Scuole, Associazioni ecc…;

–         reinterpretare il modo di fare Onlus rendendo “imprenditoriale” il settore no-profit: non più solo assistenzialismo ma capacità imprenditoriale per autosostenersi;

–         dare risposte concrete ai bisogni di occupazione di persone soggette a detenzione, che usufruiscono di misure alternative alla pena, o che da poco hanno ottenuto la libertà. Si pensi che il tasso di recidività dei reati per persone che terminano la pena senza misure alternativa è superiore al 64%, per calare al di sotto del 14% a livello nazionale per persone che partecipano a percorsi di reinserimento sociale.

In cosa consiste la campagna “Pc gratis alle scuole” che Re Tech Life porta avanti insieme a Net Poleis?

La Cooperativa da anni rigenera migliaia di Personal Computer destinati per lo più in donazione a Scuole, Enti non-profit, Associazioni, ecc., per conto di importanti Istituti di Credito o multinazionali. Il materiale dismesso dalle grandi aziende viene recuperato dalla cooperativa, la quale procede alla serializzazione, al test, all’eventuale sostituzione delle parti difettose o all’upgrade, nonché alla pulizia, all’imballo ed infine alla spedizione.

Le richieste di donazione vengono vagliate dagli organi competenti ed erogate in funzione dei fondi disponibili.

Quali sono gli altri progetti su cui state lavorando?

Attualmente la cooperativa ha avviato l’iter burocratico per l’ottenimento delle autorizzazioni al trattamento dei R.A.E.E. (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). Tale progetto è stato sviluppato grazie anche al contributo di Fondazione Cariplo che, come noi, crede fortemente nella possibilità di poter creare nuove opportunità di lavoro.

Quanto contano le nuove tecnologie, social media e social network, per il vostro lavoro?

Con grande soddisfazione stiamo osservando che il lavoro fatto in questi anni non è stato vano. Stiamo avendo grossi riscontri in termini di contatti e di immagine, ma la strada verso nuovi strumenti di comunicazione che possano portare l’esperienza acquisita in questi anni alla portata di tutti e, perché no, verso una duplicazione della cooperativa stessa in altre zone d’Italia, è appena cominciata.

Come favorire la diffusione della cultura dell’innovazione nel nostro Paese?

Nel 1994, l’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito una definizione di sviluppo sostenibile:  “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l’operabilità dei sistemi naturali”. Ciò significa che le tre dimensioni economica, sociale ed ambientale sono strettamente correlate ed ogni intervento di programmazione deve tenere in considerazione le relative interrelazioni. L’innovazione non dovrebbe essere orientata ad uno soltanto dei tre termini prescindendo dagli altri, ma deve mantenere un sostanziale equilibrio perché possa definirsi innovazione.

intervista di Erminio Cipriano

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