Oggi sono due i mondi che viaggiano paralleli. Quello delle istituzioni educative è sempre più distante dall’esperienza quotidiana e dalle aspettative dei giovani. Nelle classi di età non c’é simmetria col sistema educativo italiano; le classi di età non corrispondono e soprattutto le attività culturali svolte in Rete non hanno rapporto con i livelli e i riti delle istituzioni pubbliche. Nei social network può essere individuato un luogo di mediazione e di community che contrasti la spinta a-sociale abbinata all’esperienza solitaria non associata dei naviganti

in Rete. Bisogna aprire la strada a una ricomposizione nel progetto formativo e pensare a una forma di apprendimento alla pari. Tutta la filiera della formazione si intreccia con l’indicatore generazionale, con la previsione del conflitto generazionale (Negroponte) o l’ipotesi che si spalmi procedendo per impulso biologico e sociale (come il cinema? Solo giovani nelle sale o come la televisione? Solo vecchi guardano la TV

generalista). Cioè che prevalga soltanto l’indicatore del consumo: le classi di età si ridefiniscono attraverso le forme e l’intensità del consumo, soprattutto del consumo mediale e culturale. A partire dalla generazione di contenuti, di linguaggi espressivi e con forte contenuto relazionale, si stanno affermando alcune definizioni: quella di prosumer (Toffler, 1980), quella di visitatore partecipativo

(Hitwise, Measuring Web 2.0 Consumer Participation, 2007) e quella più ampia di outsiders (Ricciardi, 2008). I social network sono atelier dove si mescolano i bricoleurs e gli ingénieurs per costruire nuove forme durevoli e al tempo stesso flessibili, partecipabili ma con un destino assicurato nel tempo (www.mosaic.scriptaweb.eu). È un fatto così universale e così invasivo da determinare la nascita di un nuovo paradigma che possiamo definire il paradigma delle tecnologie culturali (questo è il mio pensiero ndr.). Queste pratiche

però non possono e non devono essere ghettizzate culturalmente o isolate come un mondo dei loro, i primitivi falsamente acculturati dalla scuola di massa e dalla cultura di massa. Si stanno trasformando gli strumenti della conoscenza intellettuale insieme alla sua estensione globale a soggetti diversissimi per nazionalità, cultura, vita quotidiana. Ma crescono le pratiche intellettuali. È sufficiente leggere alcune delle principali statistiche per guardare questi processi in modo sorprendente: quelli che sembrano pochi dal punto di vista delle percentuali totali degli utenti e quelle che sembrano solo attività di scarso interesse culturale, sono invece indici di una crescita globale senza precedenti. Mai gli umani furono caratterizzati in così grande numero, in forme così diffuse e con pratiche quotidiane così complesse comunemente indicate con la sigla U.G.C. (user generated content) di attività intellettuali, cioè di produzione di contenuti. Io uso il bricolage come segno per gli utilizzatori di rete che identifico nella forma degli outsiders. Sono segnali di una cultura che sta abbandonando il codice alfabetico e la scrittura testuale, questa forma, contrariamente alla convinzione di molti, non va letta ancora nel cono d’ombra dei valori della cultura alfabetica e logico-sequenziale. Sta seguendo un suo percorso in cui il fare e lo sperimentare in proprio (fai da te) non ha alle spalle una tradizione riconosciuta né tende a creare per sé una tradizione con le sue regole e norme. Quelli di cui parliamo oggi sono un popolo di outsiders, non di primitivi o di senza cultura. Sono i protagonisti di processi che incrementano i comportamenti culturali, che sviluppano l’estensione delle pratiche culturali, ma di una cultura che secondo la profezia di McLuhan può essere una cultura non alfabetizzata. Nati Digitali è, allora, un punto di partenza non un punto di arrivo; indica un processo dirompente in azione. È una dimensione dinamica non un dato statico. È una grande opportunità per non cadere dalla grande mutazione fine secolo alla grande depressione XXI secolo passando attraverso la grande stagnazione di questi anni.

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