La Sanità è l’unico dei grandi settori economici nazionali in cui l’impiego delle tecnologie digitali per l’amministrazione e la gestione dei documenti, pur interessando tutti i cittadini per via della Tessera Sanitaria, è attualmente disciplinato da poche norme: in pratica, solo due. La prima – antichissima – riguarda il periodo di conservazione della documentazione sanitaria: si tratta della Circolare n. 61 del Ministero della Sanità del 19 dicembre 1986, emessa in accordo con l’Ufficio Centrale dei Beni Archivistici del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, la quale dispone che “le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico sanitario. In merito alla conservazione, presso l’archivio delle istituzioni sanitarie, delle radiografie, non rivestendo esse il carattere di atti ufficiali, si ritiene che sotto il profilo medico, medico-legale, amministrativo e scientifico possa essere sufficiente un periodo di venti anni”. Con un atteggiamento, a quei tempi, di grande innovazione, la stessa circolare autorizza, allo scopo di guadagnare spazio, il “ricorso alla microfilmatura sostitutiva di tutta la documentazione sanitaria”, con valore legale. La seconda norma si trova all’articolo 50 della Legge n. 326 del 2003 che, descrive il procedimento con il quale il Governo intende controllare la spesa sanitaria. A questo scopo viene introdotta la Tessera Sanitaria, un nuovo tipo di carta elettronica personale che accompagna ogni tipo di prescrizione e che è indispensabile per ottenere le prestazioni farmaceutiche, di laboratorio e ospedaliere. Da allora sono emersi molti problemi in campo sanitario che richiederebbero un’azione normativa: basti pensare alla documentazione (cartelle cliniche, esiti di analisi), che era solo cartacea nell’86, all’epoca della Circolare 61, ma che ora è prevalentemente informatica: come conservarla? Quali standard adottare? Come raccogliere in un unico fascicolo tutta la storia clinica di ogni cittadino? Come consentire l’accesso a una banca dati così delicata? Vi sono poi aspetti amministrativi – prenotazioni, prescrizioni, rimborsi – che troverebbero grande giovamento dall’utilizzo di procedure informatiche, augurabilmente uniformi sul territorio nazionale, cosa che cozza contro le visioni particolari indotte dalle autonomie regionali. In tempi recenti però si sono registrati alcune iniziative importanti: la prima ad opera del Garante per la Privacy che ha emesso delle Linee Guida dettagliate in materia sanitaria: in giugno sul Fascicolo Sanitario Elettronico e in dicembre sull’invio telematico dei referti. In assenza di norme di legge in materia, non c’è dubbio che le Linee Guida del Garante abbiano una valenza cogente; la seconda iniziativa è contenuta negli articoli 6 e 21 del Disegno di legge sulla Semplificazione Amministrativa, approvato dal Consiglio dei ministri il 12 novembre scorso. L’articolo 6 tratta delle cartelle cliniche, la cui conservazione, a partire dal 1 luglio 2010, dovrà “essere effettuata esclusivamente in forma digitale”. L’articolo 21 invece introduce la “ricetta medica elettronica” e stabilisce che le prescrizioni sanitarie farmaceutiche e specialistiche dei medici del servizio sanitario nazionale siano sostituite ad ogni effetto di legge dal documento elettronico; il passaggio dal documento cartaceo al documento elettronico dovrà avvenire “in forma progressiva dal 1 gennaio 2010 in ragione del 40% delle prescrizioni al 31 dicembre 2010, del 80% al 31 dicembre 2011 e del 100% al 31 dicembre 2012”. A parte le date, irrealistiche considerato anche il fatto che il Disegno di legge deve essere ancora approvato dal Parlamento, i due provvedimenti sono indubbiamente validi. Da un punto di vista applicativo, essi rimandano a regole tecniche che dovranno essere emesse con appositi decreti: dipenderà molto da esse se il sistema digitale della sanità funzionerà poi in modo efficace. La terza iniziativa è a cura del Ministero della Salute che ha emesso delle Linee Guida sulla “Documentazione clinica in laboratorio”, che costituiscono un importante punto di riferimento normativo e pratico. Infine, vi sono da segnalare applicazioni d’avanguardia realizzate in numerose strutture sanitarie nazionali che, fatte conoscere, potrebbero servire come esempi ai quali ispirarsi.

 

Pierluigi Ridolfi

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