Rita di Leo, “L’età della moneta. I suoi uomini, il suo spazio, il suo tempo”, 2018, pag 196, euro 19.
Uomini della moneta, della spada, del lavoro. Uomini dei libri – sacri e profani -, uomini del potere. Sono questi, secondo Rita di Leo, gli uomini che hanno scandito l’evoluzione della politica e dell’economia, le figure sociali da cui è passato il progresso della civiltà. L’autrice ne descrive i rapporti di potere e le interazioni, per aiutarci a capire come abbiano costruito la società che oggi conosciamo.
La ricerca di Rita di Leo, professore emerito di Relazioni internazionali della Sapienza Università di Roma, parte dall’epoca feudale e attraversa le fasi del nazionalismo, dell’imperialismo e del socialismo fino ad arrivare ai giorni nostri. L’analisi è condotta da una prospettiva occidentale, ed è arricchita da un confronto tra gli scenari europeo e americano.
L’uomo della moneta: il rapporto con gli altri uomini
Nel borgo-castello d’epoca feudale, ad esempio, l’uomo della moneta – che al tempo corrisponde alla figura del mercante – entra in contatto con l’élite della spada – i cavalieri – e quindi con la sfera del potere, all’epoca principalmente legata al campo militare.
L’uomo della moneta intesse però anche rapporti con gli uomini dei libri, intellettuali e studiosi. Soprattutto nel Novecento, quando questi ultimi diventano i rappresentanti degli interessi di due categorie sociali protagoniste dell’epoca. Saranno “sindacalisti”gli intellettuali al fianco dei lavoratori, e “avvocati” quelli in difesa dei datori di lavoro.
Gli uomini del libro e i loro volti
Il sindacalista, in particolare, si afferma come “uomo del libro ideale”, o idealtipo, che sceglie di farsi portavoce degli strati sociali sottoposti al potere. Il conflitto tra lavoratori e datori di lavoro, che l’autrice chiama “guerra civile”, è però anche una guerra persa, che – ci ricorda di Leo – finirà con la delocalizzazione dei complessi industriali in Asia e in Africa e quindi con la perdita di ogni conquista sindacale.
Gli uomini del libro non si distinguono solo per il tipo di potere che appoggiano o le battaglie che combattono, ma anche per il tipo di libro che “impugnano”. Di Leo lo spiega quando parla della teocrazia – nello specifico, delle élite teocratiche – opposta alle forme di governo laiche.
L’uomo del libro sacro, spiega di Leo, è colui che agisce entro i limiti prescritti dalla religione; l’uomo del libro profano non si dà limite alcuno. Questa diversa visione della libertà si traduce anche in una diversa concezione dell’avere: il religioso crede che ogni conquista passi per l’osservanza di regole, e che a contare sia il mezzo e non il fine. Il profano non guarda alle regole né al mezzo, ma all’avere per avere fine a sé stesso.
Nel tempo, queste figure non si sono né venute incontro né del tutto scontrate: si limitano a coesistere. Spiega l’autrice che “a difesa del proprio modello vi è stato un impegno in una guerra senza formalmente dichiararla”.
L’uomo della moneta e il suo potere
Le diverse figure descritte nel testo – di cui gli uomini della spada e del libro sono solo un esempio – interagiscono, influenzandolo, con l’uomo della moneta. Il suo rapporto con gli altri uomini ne modificano il carattere, il ruolo, il potere.
Ciascun uomo, questa sembra essere la tesi di fondo, ha contribuito a modificare la sostanza del potere, le personalità che lo detengono e i principi che lo giustificano. Oggi chi detiene il potere non è più l’autorità religiosa (cuius regio eius religio) o statale (cuius regio eius natio), ma quella economica (cuius regio eius oeconomia). L’obiettivo degli uomini della moneta, nella storia, è stato ottenere di fare a meno degli uomini del libro, “rompendo con la tradizione del legame tra l’uomo del potere e l’uomo che pensa”.
Negli ultimi decenni del Novecento, l’uomo “economico” si è poi scisso nel duplice profilo di imprenditore dell’economia reale e quello di “maestro di magie finanziarie”, catalizzando l’attenzione della società verso la cultura dell’avere, della produzione e del consumismo.
A questo proposito, l’autrice ragiona anche sul declino della globalizzazione, “passata da ricetta miracolosa per il benessere dell’intero mondo a presunta responsabile degli squilibri perversi tra l’economia reale […] e l’altra economia, quella dei flussi finanziari che si spostano da un capo all’altro del mondo nell’interesse di un’esigua minoranza”.
Segnalazione a cura di Giulia Doneddu