Siamo a Roma Tre per il World Radio & PodCast Day e Roberto Sergio (direttore Radio Rai) senza mezzi termini celebra il mezzo: “Si tratta di una giornata importante dedicata a questo mezzo antico ma estremamente moderno – dice -. Sono felice di farlo nell’ambito di un’iniziativa universitaria giovane e interessata. In realtà stiamo parlando di un mondo i cui confini sono vasti e nel complesso è cambiato totalmente negli ultimi 5 anni. Per moltissimo tempo, almeno 90 anni, la radio è rimasta fedele a se stessa. La natura del mezzo non è mai stata messa in discussione. A partire dal 2018 quando ho assunto la direzione di Radio Rai è successo di tutto. E’ avvenuto un cambiamento totale che ha trasformato l’essenza stessa della radio. Oggi la radio è sempre meno hardware e sempre più software. Il regno del qui e ora, l’essenza della diretta, è cambiato oggi offre contenuti ascoltabili dove e quando si vuole con on demand, podcast e contenuti sui social. Oggi troviamo la rete di trasmissione digitale fatta da DAB e IP. La sempre meno strategica centralità della modulazione di frequenza, la storica FM visual radio, la forza dei contenuti radio sui social, la trasformazione della sede Rai Radio in via Asiago realizzata in questi 5 anni in polo produttivo audio video all’avanguardia ha creato un modello di produzioni leggere ed economiche. Ormai sono tanti gli oggetti con cui oggi abbiamo a che fare in radio. Non solo radio, intrattenimento, news e musica hanno un baricentro solido nel medium. Pensiamo ai social, alla tv connessa, abbiamo aperto un canale televisivo al numero 202 sul digitale terrestre che registra buoni ascolti. Attenzione mettiamo sui social un prodotto radiofonico che non viene snaturato nella sua essenza. La radio come modello produttivo estremamente leggero è diventato un punto di riferimento nel panorama multimediale. Con un intervento umano limitato riusciamo a realizzare un prodotto audio video di alto livello. Arriviamo al tema della distribuzione, i giovani utilizzano l’internet protocol come piattaforma centrale di intrattenimento quindi l’IP è strategico anche per noi. L’IP però da solo non può bastare perché non è gratuito, non è affidabile in casi di traffico intenso, non è broadcast e non è gestito direttamente dagli editori ma dalle telefoniche. Ecco perché la radio di oggi e domani deve avere almeno due gambe l’IP e la trasmissione free via etere. Oggi c’è la prevalenza di FM mentre la radio digitale via etere è meno significativa proprio per una carenza di investimenti. Avere due reti parallele significa occuparsi di manutenzione, sviluppo di due tipologie di sistemi distributivi e quindi i budget che vengono assegnati alla radio, che sono notoriamente molto limitati, vengono assorbiti dall’FM e per il DAB ci sono meno soldi, almeno per quanto riguarda la Rai. La radio oggi non può non essere digitale, sia via etere sia via cavo quindi è chiaro che l’ibridazione del DAB e dell’IP devono diventare la rete del futuro e del presente su cui investire. L’FM consuma 5 volte la rete elettrica del DAB e crea un inquinamento elettromagnetico 5 volte più pesante. In teoria dovremmo immaginare un percorso simile a quello del digitale terrestre come è stato 11 anni fa. Credo che questo sia un impegno che va preso per le prossime generazioni a cui non vorrei consegnare un sistema radio così inquinato. In Rai abbiamo 12 canali che rispondono a un contratto di servizio che indica le linee guida che deve seguire la Rai per la propria offerta anche radiofonica. I vertici Rai ci hanno incaricato di realizzare un prodotto per giovani fra 15 e 24 anni, lo abbiamo chiamato No Name. Con questo canale si giocherà il futuro degli editori nei prossimi 15 anni e non parlo solo di radio. La sfida è farlo decollare sul territorio. Il vero rischio è innovare, ma senza innovazione rischiamo di perdere pubblico. Come Radio Rai puntiamo sui giovani perché la radio di domani è la loro”.