Il settore della comunicazione segue le turbolenze della vita sociale e dell’economia. La necessità di sicurezza sul lavoro per le persone incoraggia il lavoro da remoto e può stimolare la ricerca per macchine industriali automatiche. Cresce l’industria 4.0, nella quale i computer, l’intelligenza artificiale, i robot e i piloti automatici migliorano l’’efficienza e riducono i rischi. Intanto si discute se i big tecnologici con i loro algoritmi monopolizzino gli archivi e la cultura, profilino le privacies senza prendersi responsabilità etiche e legali. Anche le macchine che misurano le emozioni degli umani sono a rischio etico. Non ci sono macchine eticamente autosufficienti, con responsabilità giuridica. Le macchine hanno sempre un organizzatore umano alle spalle. E le macchine sono uno strumento fondamentale della nostra civiltà; gestiamole per uno sviluppo comune sostenibile.
109 – ROBOT, COBOT, MOBOT
Macchine, macchine più o meno automatiche. Leonardo da Vinci costruì un automa, primitivo, già nel 1480. Oggi la robotica nel mondo fattura circa 50 miliardi di dollari; il futuro è roseo, ma il presente è grigio. La pandemia ha rallentato l’economia dei settori dell’auto, dell’elettronica e della metallurgia, dove i robot sono più utilizzati; tuttavia il distanziamento sociale ha richiesto creatività per le macchine, quindi le prospettive potrebbero essere molto interessanti non solo per i robot industriali ma anche per altre tipologie. I robot industriali sono strutture perlopiù stazionarie, sono autonomi, ma stanno ‘in gabbia’ in fabbrica o in catena di montaggio. I cobot sono robot collaborativi, che condividono il lavoro con le persone con grande flessibilità operativa, si muovono agli ordini di sistemi avanzati e sono riprogrammabili, sono utili per spostare pesi o assemblare parti di prodotto; in genere i cobot sono antropomorfi, nel senso che sono dotati di bracci flessibili, sensori e telecamere; spesso apprendono sul campo, memorizzando e replicando i movimenti e le operazioni che vengono mostrate dall’operatore umano. I mobot sono robot mobili, come i carrelli automatici della spesa o per la movimentazione nei magazzini; possono avere aspetto androide per svolgere particolari mansioni; sono impiegati nella logistica o sono veicoli da ricognizione per operazioni da remoto (magari sulla Luna).
110 – DENSITA’ ROBOTICA
Secondo la International Federation of Robotics, nel 2019 erano 2,7 milioni i robot industriali operativi nelle industrie, prevalentemente nel settore dell’automobile e dell’elettronica. Il rapporto tra robot e addetti dell’industria manifatturiera mette in evidenza nel 2019 il primato della Corea del Sud, che dispone di 855 robot industriali su 10.000 addetti ‘umani’ (nel 2017 ne aveva 710). Giappone e Germania sono cresciuti più lentamente: nel 2019 il primo conta 364 robot su 10.000 addetti, la seconda 346. A seguire la Svezia (277 su 10.000), gli Stati Uniti d’America (228 su 10.000), Italia (212 su 10.000), Spagna (191 su 10.000), Francia (177 su 10.000), Canada (165 su 10.000). La Cina è in fase di grande espansione, ma per il momento ha solo 187 robot per 10.000 addetti (nel 2017 ne aveva 97). In totale la Cina dispone di 783.000 unità di robot industriali, gli USA 293.200, l’Italia 74.400. Il censimento, viste le tecnologie in accelerazione, è in fermento.
111 – SVILUPPO E RICERCHE
Qualche giorno fa l’ISTAT ha comunicato i dati relativi agli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) in Italia nel 2018. La spesa complessiva di imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e università è stata di 25,2 miliardi di euro, con un’incidenza sul PIL dell’1,43%. Le imprese contribuiscono per la maggior parte della spesa: 13,7 miliardi di euro, che rappresentano il 54,5% dei finanziamenti complessivi; con 8,2 miliardi seguono le istituzioni pubbliche (32,8%), poi i finanziatori stranieri (circa 2,7 miliardi, il 10,5% della spesa). Il 2019 è stato ancora un anno di crescita (i dati preliminari segnalano un aumento della spesa, con le imprese che hanno investito l’1,9% in più), ma le previsioni per il 2020 indicano un brusco calo. Le imprese stanno spendendo il 4,7% in meno rispetto al 2019. Anche questo è conseguenza della crisi generale provocata dalla pandemia. Ma l’industria 4.0 non può fare a meno degli investimenti in ricerca. Deve crescere.
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Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it