Saddam Hussein. Sangue e terrore a Bagdad, di Domenico Vecchioni. Greco&Greco editori, 2017, pagg 170, euro 12,00.
“Meglio uccidere un innocente che correre rischi”: con questa citazione, Domenico Vecchioni apre il suo saggio sul presidente iracheno Saddam Hussein, deposto nel 2003 dopo l’invasione americana e messo a morte nel 2006. Diplomatico e scrittore, l’autore traccia un profilo del rais di Baghdad: mette in luce i lati più oscuri della personalità del dittatore e dà un quadro generale della situazione storica e attuale dell’Iraq fino alla recente disfatta del sedicente Stato islamico, l’Isis.
Vecchioni approfondisce il modo in cui vita privata e azione politica del dittatore iracheno. al potere per 24 anni, si sono intrecciate, conducendo volta a volta alla guerra con l’Iran e alle due guerre del Golfo, alla marginalizzazione degli sciiti in Iraq, ai crimini di guerra e contro l’umanità e al tentato genocidio dei curdi iracheni.
Con questo lavoro Domenico Vecchioni arricchisce di un nuovo titolo la sua produzione particolarmente attenta a ripercorrere le biografie di dittatori, spie e protagonisti del XX secolo. Il libro fornisce elementi per una comprensione più completa della storia contemporanea, attraverso i retroscena della vita d’un Paese che ha avuto un peso rilevante nelle vicende del Medio Oriente, e pure del resto del mondo, in un arco di tempo di almeno trent’anni denso di grandi tensioni politiche, religiose e sociali.
La megalomania di Saddam “spesso sfociava in vera e propria mitomania”: la sua patologia dell’hubris, la malattia dei dittatori, “gli faceva credere di essere onnipotente” e lo portava a disprezzare la vita umana. Mettendo a fuoco le contraddizioni del suo protagonista – tanto nella vita quotidiana quanto in quella pubblica -, il saggio ne evidenzia la propensione alle ossessioni e l’attenzione maniacale alla cura della propria immagine, che avrebbe poi condotto a un vero e proprio culto della sua persona.
Ma c’è pure spazio per il declino del rais: la fine del regime, la latitanza di otto mesi, la cattura in una sorta di ‘trappola per topi’ dove s’era nascosto, la detenzione, il processo, l’impiccagione il 30 dicembre 2006, probabilmente inutile e superflua prova di forza di un nuovo regime, quello iracheno, che 11 anni più tardi, non ha ancora trovato equilibrio, credibilità, stabilità, democrazia.
Dal racconto, emergono anche una serie di altre figure che hanno orbitato intorno al dittatore: sosia e guardie del corpo, donne e figli. Fino a sfogliare il mazzo di carte dell’invasione dell’Iraq: il “Most wanted Iraqui playing cards” che è una carrellata dei “55 dignitari iracheni più ricercati da Washington”, con l’immancabile asso di picche, lui, il rais, il dittatore, Saddam Hussein.

 

Giulia Doneddu

 

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