Tiziana Catarci, in corsa per la carica di Rettore a La Sapienza, è semplice e diretta. Laureata in ingegneria elettronica. Guarda al futuro dell’ateneo immaginandolo fra quelli all’avanguardia in Europa e nel mondo. Da prorettore, 5 anni alle infrastrutture e tecnologie, ha lavorato duramente per far avanzare la sua università, nelle classifiche dedicate agli atenei. La Sapienza è oggi al 29esimo posto, nel 2008 era al 50esimo. I numeri non smentiscono, dunque il cambiamento c’è stato. Dall’ultima pubblicazione del “World Reputation Ranking 2014” che mette una dopo l’altra le migliori 100 università del mondo, l’Italia è ancora assente. A sorpresa la Turchia precede la Francia. C’è molto lavoro ancora da fare, ma alcuni cambiamenti fondamentali sono già realtà. Ne parliamo con una protagonista. “Alla Sapienza abbiamo un sistema di gestione delle carriere degli studenti ed un percorso completamente digitalizzato dall’iscrizione agli esami. La libreria digitale è già realtà, e presto grazie a progetti che interessano le infrastrutture arriveremo ad un cloud interno”.
Cloud computing, concetto che spesso fa paura per problemi legati alla privacy, alla gestione e proprietà dei dati che conserva…
“Timori ereditati da epoche diversamente tecnologiche, non possono fermare il progresso. Un esempio riguarda la gestione della posta elettronica, abbiamo dovuto prendere coscienza che il nostro core business non è gestire circa 200mila indirizzi mail. Per quanto la professionalità di chi se ne occupava non è da mettere in discussione, passare a gmail è stato senz’altro un miglioramento. Tutto l’ambiente Google, società con la quale abbiamo stipulato un contratto ottimo dal punto di vista della privacy e della gestione, è a disposizione ed in più abbiamo il nome del nostro dominio. Siamo stati criticati, qualcuno ha addirittura insinuato che il passaggio era anticostituzionale anche per motivi di custodia geografica. Il mio punto di vista è legato alla professionalità ed al core business di ciascuno”.
Singularity University, l’accademia di Google che non può essere annoverata tra le università ufficiali perché i suoi programmi cambiano ogni 3 mesi. La sua visione di questo mondo in veloce evoluzione, dove l’ istituzione università sembra un po’ lenta…
“L’università è il luogo della cultura, della formazione e della ricerca, ma anche laboratorio di idee, tutto ciò si deve riflettere sulla didattica. L’offerta formativa tradizionale è importante, in ogni caso è bene, in rapporto all’evoluzione del mondo, aprire i corsi di laurea a nuovi tipi di insegnamenti sia dal punto di vista dei contenuti, che delle modalità di insegnamento. È sotto gli occhi di tutti il dilagare di nuove figure professionali legate alla multidisciplinarietà, alla ibridazione dei saperi”.
L’università di Toronto ha inaugurato un curricula universitario interdisciplinare. Laurea in cultura e tecnologia, si studia fisica e filosofia contemporaneamente.
“Una vera innovazione, un passo ulteriore verso il progredire del sapere. Unire humanitas con scienze e tecnologie è dirompente, l’MIT è già su questa strada. Ma attenzione: il percorso deve essere bidirezionale, non soltanto tecnologia che contamina discipline classiche ma, come propongono all’MIT, anche il percorso inverso, 2 anni di formazione classica per chi segue scienze e tecnologie. Leonardo, per esempio, è una figura moderna perché rappresenta l’unione fra conoscenza classica, scientifica, tecnologica unita a grandi capacità artistiche”.
L’arte anticipa, prevede, racconta aiuta a immaginare. Una storia dell’arte digitale può avvicinare vecchi e giovani, aiutare gli uni a capire gli altri?
“Certo, può aiutare. I giovani sono più avanti di noi, questo ormai è un fatto oggettivo. Al Forum PA come Sapienza abbiamo organizzato il concorso “My Campus”, per indurre gli studenti a immaginare la vita che preferiscono nel campus fra didattica e tempo libero. I partecipanti divisi in gruppi multidisciplinari hanno creato dei bellissimi progetti, ne abbiamo premiati 3. La tecnologia in questo caso è usata per semplificare la vita, l’uomo è al centro del processo. Dovremmo ricordarlo sempre”.
Maria Pia Rossignaud