“Una Authority europea che si faccia carico di normare il mercato ed inoltre una autoregolamentazione per gli operatori della Rete con la supervisione di un organismo terzo che agisca su tutti i mezzi di comunicazione a tutela, in questo caso di lettori e cittadini, come fa l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria in difesa dei consumatori”. Questa la proposta lanciata da Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente UPA in occasione del dibattito: “Dalle black box alle legal box – digitale tra ambiguità e responsabilità” svoltosi ieri in FIEG in occasione della presentazione della VII edizione del “Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione” di Ruben Razzante. Sette le edizioni di un testo che segue i cambiamenti nel mondo dei diritti, della deontologia professionale, delle fake news, della privacy, del diritto all’oblio. Temi che, secondo l’autore, necessitano di essere divulgati al grande pubblico perché hanno conseguenze sulla vita di tutti ogni giorno: il rapporto con le tecnologie è quotidiano. Da questo punto di vista ciascuno di noi è testimone e protagonista di esperienze negative e positive, come ha ben raccontato Sassoli de Bianchi: “Internet ha rappresentato una grossa opportunità, gli investimenti pubblicitari oggi si dirigono sul web per il 25%, parliamo di 2 miliardi all’anno su 8 miliardi di investimenti complessivi, dunque Internet per le aziende rappresenta un media interessante, da un lato e preoccupante per le insidie che nasconde”.
L’opportunità è da considerarsi bilaterale, sottolinea il presidente UPA, infatti senza investimenti pubblicitari i grossi player soffrirebbero. Lavorare sulla credibilità, su quello che negli anni ’90 Giovanni Giovannini, storico presidente Fieg e fondatore di Media Duemila e TuttiMedia, chiamava un bollino blu di certificazione per la qualità e l’attendibilità. Ed a questo proposito Sassoli parla di entropia comunicativa in cui nulla si distingue, che impedisce di pianificare il proprio futuro alle aziende.
“Mi associo a Pitruzzella per quel che riguarda la necessità di una responsabilità comunicativa che abbia una maggiore trasparenza – afferma Sassoli de Bianchi – . L’innovazione è irrinunciabile perché il progresso non si ferma, ma va canalizzata in termini di responsabilità e trasparenza. Prima si diceva è vero perché lo ha detto la tv, e prima ancora i giornali. Oggi si dice è vero perché circola su Internet, i social fanno parte della nostra quotidianità come l’acqua, l’aria che respiriamo ma sono complessi. L’ Art 21 della Costituzione garantisce la libertà di informazione, da un lato garantisce i giornalisti che devono essere liberi di informare, ma garantisce anche il lettore che ha il diritto di essere informato in maniera veritiera e corretta”.
A questo proposito racconta che nel 2012 una commissione di linguisti tedeschi aveva l’incarico di scegliere l’anglicismo dell’anno, cioè il termine inglese che fosse stato più utile alla lingua tedesca, la scelta ricadde su sheet story: “Il vocabolo scelto riguarda un fenomeno tipico del web, appunto la diffamazione, linguaggio negativo connotato da violenza. La comunicazione digitale è diversa da quella analogica perché non è più nominativa, non implica più una assunzione di responsabilità. Ecco perché serve lavorare ad una autoregolamentazione attraverso un organismo analogo all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria a cui aderiscono editori e aziende, per la comunicazione commerciale, con il compito di tutelare i consumatori. Una soluzione ai nostri problemi che vedono campagne pubblicitarie giudicate discriminatorie ritirate dai media tradizionali ma che continuano a circolare per esempio su YouTube”.