Presso la sede dell’Accademia dei Lincei, lo scorso 8 maggio, si è tenuto il convegno “Scienza, Sviluppo e Innovazione. Verso una biennale italiana della ricerca e dell’innovazione”.
L’evento è stata l’occasione per definire lo stato dell’arte della ricerca scientifica in Italia correlato al contesto europeo, anche in vista delle scadenza continentali, le elezioni, il riassetto di governance che ne seguirà, il semestre di presidenza italiano da luglio prossimo.
Date ravvicinate che fanno tremare i polsi anche agli inamovibili assetti delle università e dei palazzi ministeriali, specialmente perché mai come oggi siamo veramente alla mitica ultima spiaggia.
Si sono succeduti, tra gli altri, gli interventi del presidente dell’Accademia dei Lincei, Lamberto Maffei, del presidente SIPS, Maurizio Luigi Cumo e di Mario Alì, Direttore Generale per l’internazionalizzazione della Ricerca del MIUR. A lui è spettato il compito di coordinare il convegno. Sono seguiti gli interventi di Stefano Paleari, Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI), Luigi Nicolais, Presidente del Cnr e Giovanni de Gennaro, presidente Finmeccanica.
L’intervento del ministro Stefania Giannini, titolare del MIUR, era molto atteso e, per quello che doveva essere soltanto un saluto alla platea, si è trasformato in una lunga analisi di tutto quello che c’è da fare per trasformare e per “cambiare verso” al settore della Ricerca italiana.
La sua disponibilità politica è orientata allo sviluppo e alla crescita del settore, ma nell’ambito di in una visione internazionale, perché è nell’ambito delle reti sovrannazionali che la Scienza trova il suo effettivo respiro e senso.
La base di partenza in cui si opera è, ciò nonostante, quella di sempre, una inadeguata politica delle risorse umane, (la proposta è quella di declinare i dottorati verso il mondo della produzione aziendale), e la sua perversa organizzazione strutturale.
Su quest’ultimo punto ha proposto, per l’eccessiva frammentazione degli Enti di Ricerca, soluzioni di aggregazione e accorpamento. E questo sembra essere ormai una strategia generale del Governo Renzi.
Unificare e mettere fine alle “perversioni” derivatesi dalla ormai antica stagione del decentramento, amministrativo, politico, sociale.
Per il ministro la logica a cui fare riferimento è la Strategia Europa 2020 dell’Unione Europea, che ha come scopo il realizzare una crescita che sostenibile e socialmente inclusiva. La faro Innovation union, che si rivolge ai paesi membri UE per attuazione della strategia di Lisbona, affinché entro il 2020 l’Europa possa conseguire il 3% del proprio PIL investito in Ricerca.
L’Italia è molto lontana da tutto questo, come è lontana dall’utilizzo, neppure marginale, dei molteplici finanziamenti che l’Europa ci mette a disposizione e non solo nell’ambito della ricerca scientifica
La Giannini ha affermato che “parlare di ricerca oggi, significa parlare di internazionalizzazione”.
Significa, da un lato, che la sempre più stringente questione dei talenti che emigrano all’estero, dopo essere stati formati con le nostre risorse è diventata un’emergenza e, dall’altro capo, che il nostro sistema non è attraente, non solo per investimenti finanziari, ma neanche per investimenti di vita da parte di ricercatori stranieri.
Tutto questo, per vettori concorrenti, aumenta di giorno in giorno il nostro impoverimento intellettuale complessivo.
Impoverimento che, con la lettura diversa che ne ha fatto Giuseppe De Rita, presidente del Censis, si estende non soltanto alle elite intellettuali, ma soprattutto a tutti i cittadini che partecipano sempre più passivamente al processo di innovazione,senza avere gli strumenti per capirla e avere da essa uno scambio osmotico, feedback consapevoli e armonizzazione tra quotidiano e futuro.
Questo Know divide è critico perché non investe soltanto l’aspetto accademico e il potere economico, ma le basi stesse della democrazia, avviluppandosi in una spirale che determina l’impoverimento del vertice perché viene impoverita la base.
Giorgio Fontana