Filosofi ed economisti, politici e capitani d’industria,giuristi e giornalisti sono concordinel ritenere che la Rete sia la protagonista indiscussadi una rivoluzione senza precedenti nellastoria dell’umanità. Il filosofo Prattico ha giscritto che i nostri posteri chiameranno questarivoluzione – che è antropologica prima che tecnologica– “periodo dell’informatizzazione globale”.Mentre Rifkin, economista, l’ha battezzata“Era dell’accesso”, evidenziando come “I mercatistanno cedendo il passo alle reti e la proprietà è progressivamentesostituita dall’accesso” con la conseguenzache il nuovo ipercapitalismo che nascerda questa rivoluzione “sarà fondato sull’accesso adesperienze culturali”.È una rivoluzione che si sta consumando aduna velocità decine di volte superiore a quella cheha caratterizzato le rivoluzioni del passato. Diecianni fa, Google, Wikipedia ed i blog non esistevano,cinque anni fa Facebook non era stato ancoralanciato, Twitter e YouTube erano un’idea.Oggi sono un “ecosistema mediatico” che si affiancae talvolta contrappone a quello tradizionale.In tale contesto la linea dell’orizzonte del 2020appare ben più lontana di quanto nel 1948 GeorgeOrwell potesse vedere l’orizzonte del 1984.Non so neppure immaginare, quindi, cosa saril mondo dei media nel 2020 perché credo che iprotagonisti di quel mondo non siano, ancora,nati. Il vero problema, tuttavia, non credo sia prevedereil futuro dei media quanto piuttosto fareil possibile perché esso possa avverarsi in manieranaturale, come accaduto sin qui e senza incontrareirragionevoli ed anacronistici ostacoli nelle regolee nella politica.La Reteinsegna che una rivoluzione mediaticaquale quella che stiamo vivendo, si consuma inpoco più di un lustro. In Italia la disciplina sullastampa è vecchia di dieci lustri e le riforme delladisciplina dell’editoria sin qui registrate hanno richiestocirca vent’anni ciascuna e si sono, peraltro,sistematicamente rivelate già superate dai tempied inadeguate a disciplinare in modo puntuale inuovi fenomeni mediatici. Se non si commetterl’errore di pretendere di proiettare il passato nelfuturo a colpi di leggi e sentenze e si accetterà l’ideadi confrontarsi con le nuove dinamiche dell’informazioneon line senza, necessariamente, scontrarsicon esse, credo che nel 2020 gli editoriesisteranno ancora, svolgeranno il ruolo che gli èproprio – quello di selezionare e far conoscere informazionie contenuti che meritano di esser conosciuti– e sfrutteranno,media per produrre risultati economici e culturalisenza precedenti. In caso co
ntrario, probabilmente,nel mondo dei nuovi media, il ruolo dell’editoresarà svolto da nuove figure di mercato che sapranno– o almeno proveranno – a raccogliere ed interpretaremeglio e più in fretta le esigenze di unacomunità che si avvia a divenire globale. Pantarei, come diceva Eraclito.