Le persone sono diventate i robot indifesi da stimolazione online?
“I Like sono come il vento sul fuoco – dice Derrick de Kerckhove – . Fanno sentire sicuri gli insicuri, amati i non amati. Ma inquinano la società. Le persone possono dipendere da questo genere di azioni e quindi che ben venga un nuovo stile comportamentale dove i like non sono più il centro dell’interesse”.
Pensiamo alla relazione fra i like che inducono alla velocità di reazione piuttosto che alla riflessione anche grazie a bot che inviano a ciascuno di noi ciò che piace.
FriendFeedè la piattaforma che ha usato per prima questo modo di aggregare consensi, era il 2007: bisognava cliccare su una sorta di collegamento ipertestuale blu con scritto “like”.
Nel 2009 FriendFeed è stato acquistato da Facebook e il social ne ha chiuso l’attività nel 2015. I “like” si sono evoluti Facebook lo ha cambiato introducendo le reazioni. Oggi togliere la funzione Like potrebbe avere l’obiettivo di evitare un comportamento inappropriato, corse ai followers… istigazioni contro. “Le rivolte dal basso ispirate possono essere considerate una rivoluzione francese permanente – dice de Kerckhove – oscurare i like può essere il primo passo verso un riequilibrio perché oggi le persone famose pagano di più in termini di processi mediatici delle altre classi sociali”. Stiamo arrivando a una svolta?
Forse, ma l’altra faccia della medaglia è FaceApp fenomeno del momento. “Dimostrazione che effettivamente, la società sta attraversando una grave crisi di identità – commenta de Kerckhove – infatti la popolarità di FaceAppsi unisce a quella, più duratura, dei selfie per sottolineare un sentimento generalizzato, anche se per lo più inconsapevole, di insicurezza che le persone provano su se stessi e sul loro aspetto. Aggiungete a questo il bisogno di essere supportati da un flusso continuo di mi piace, si ha la sensazione che, per non riuscendo a costruire la propria identità nella privacy del proprio io interiore, ci si affida al telefono cellulare per contenerla. Le persone sono diventate i robot indifesi da stimolazione online”. Quindi, non è senza interesse che il professor de Kerckhove sta guardando su quello che sarà il risultato del coraggioso esperimento di Instagram, astenendosi dal postare sempre il numero di mi piace che gli utenti hanno ricevuto seguendo i loro post.
Intanto se solo un milione di persone scaricano l’App e pagano 19,90 euro anno, la società ha guadagnato 19.900.000,00 milioni di euro…… siamo nell’era dell’economia istantanea? Lo fa pensare l’ultimo dato sulla stagnazione di Netflix, astro indiscusso della telefonia del terzo millennio. Sul Corriere della Sera di oggi (19 luglio 2019) leggo che per la prima volta della sua storia la società ha una stagnazione di clienti e non sembra proiettata verso l’incremento. I grandi vanno all’attacco è il caso di Disney che ha scelto di disdire il contratto per andare con HBO all’attacco del web. Intanto in Italia anche la Rai cambia. Gian Paolo Tagliavia (ad Rai Pubblicità) dice che il servizio pubblico deve rinnovarsi perché è il pubblico che lo richiede. Ed infatti agli inserzionisti non si parla più di palinsesti ma di contenuti e sopratutto del fatto che Rai porta sullo schermo l’eccellenze dell’editoria italiana. Siamo arrivati al punto di svolta? I vecchi editori cominciano a capire che il mondo digitale non si subisce, si governa.