Lettera aperta di Paolo Lutteri – 19 ottobre 2022
Cara Lorena, amica mia,
ci conosciamo da più di trent’anni. Ti sono grato perché hai condiviso con me tanti itinerari della professione, sempre con sollecitudine ed efficacia, anche nelle situazioni più difficili. Adesso siamo meno incalzati, possiamo dedicarci alle riflessioni, alle letture e perfino alle piante e ai fiori.
Ti dirò che sono preoccupato per un certo impoverimento culturale che vedo sui palchi dello spettacolo mediatico. Frizzi e lazzi van bene, ma provocazioni e allusioni volgari ripetute non fan certo buon costume. Mancano forse parole facete ma dignitose per descrivere la realtà, senza iperboli inutili, o per definire le persone, senza insulti plateali? E hai visto che sproloqui girano sui social? Roba da poveri di spirito, nonostante che qualcuno si accrediti con alto censo e cultura. E i produttori televisivi? Continuano a invitare illustri screanzati, boriosi e autoreferenziali, che discettano approssimativamente di virologia, guerre nucleari, psicologia politica, tresche sessuali, cronache nere e criminologia, se non astrologia, mescolati con scienziati e seri ricercatori. Un giornalista serio dovrebbe evitare il confronto con tali personaggi. Non è pluralismo, è minestrone avariato.
Chi si rivolge a un pubblico per fare informazione o cultura dovrebbe avere un curriculum più specifico di quello di un’attrice sorridente o di un cantante intrigante (con tutto il mio rispetto per i sorrisi e gli intrighi).
Non voglio generalizzare troppo, perché ci sono programmi ben fatti e brillanti accanto a quelli sguaiati, ma se questi ultimi sono frequenti e fanno opinione, penso che il pubblico resti abbagliato dalle luci delle inquadrature più che dai concetti, dai racconti mirabolanti degli influencer, conditi di gossip che sono il piatto forte, più che dai concreti argomenti della nostra vita civile. Le testimonianze del popolo sono invitate in tv ad uso strumentale per avviare provocazioni, brevi, non per risolvere problemi, durevoli.
A meno che non si pensi che il pubblico resti intelligente digerendo tutto con i bicarbonati mediatici del giorno dopo…
Insomma mi sembra che i social e i mass media, invocando il pluralismo, giochino a frammentare la società. Cosicché, aggrediti da segnaletiche sovrapposte, non tutte lecite né decorose, la gente finisce per affidarsi ai volti delle esibizioni, magari anche politiche (“questo mi piace, quest’altro no”) e i problemi sociali restano tali e quali.
Forse anch’io sto perdendo la strada, tra venti di guerra, rischi climatici, realtà virtuali e false luci.
Che ne dici? Tu che mi hai sempre dato saggi consigli?
Un abbraccio
Paolo
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Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it