SENSI E RAGIONE
di Paolo Lutteri
“I sensi son terrestri, la ragione sta for di quelli quando contempla” (Leonardo da Vinci)
Da un Osservatorio ci si può guardare intorno, vicino e lontano, assistere ai mercati delle parole e dei fatti, dei concetti e dei comportamenti. Il mestiere di osservatore richiede di inquadrare le cose per capire che cosa è successo, che cosa sta succedendo e che cosa potrebbe succedere, non senza usare criteri di probabilità e di perplessità, ma senza fuggire dal concreto.
Chi nel mondo ha teorizzato la società liquida ha espresso la difficoltà di utilizzare oggi un percorso logico regolare, coerente e costante, di conoscenza e di azione. Il quotidiano detta le leggi, la lungimiranza è assente. Anche i più banali meccanismi di causa ed effetto sembrano oggi soggetti a valutazioni congiunturali senza elementi razionali, senza giudizi completi, con suggestioni ideali senza basi ideologiche, a colpi di sensi. Disimpegno sempre e comunque pronto dietro l’angolo.
Come nella fisica quantistica sono messi in discussione il tempo, lo spazio e la velocità e le leggi gravitazionali, così il comportamentismo attuale elude la riflessione, la scienza e l’ordine. Si annunciano bandi e contratti con facoltà di dissolvenza, il che equivale non a spostare binari di qui a lì, ma all’anarchia di decisione sul significato stesso della parola binario (e sui progetti connessi). E per binari non intendo solo quelli di una ferrovia, ma tutte le pianificazioni strategiche, industriali e tecnologiche.
Ora io credo che filosofia e scienza abbiano in comune la logica e il metodo; filosofia e scienza sono la base per ispirare lo sviluppo culturale, tecnologico e sociale. Se questo non fosse vero o se non fosse applicato dalle governances e dai singoli individui sembrerebbe inutile continuare a scrivere, forse inutile anche continuare a pensare. Inutile cercare la verità, fare convegni sulle fake news, editare cronache di vita e manifesti etici. La letteratura di Pirandello, oscillante tra molteplici interpretazioni della vita, è ammaliante, ma l’organizzazione sociale non può essere equivoca né può reggersi a lungo su cavilli formali o sul procrastinare le soluzioni ai problemi.
Anche le connessioni digitali sono basate sulla logica della scienza e della filosofia. Se venissero meno, a chi interesserà se la luce è accesa o spenta? Se 1+1 fosse uguale a 2, ma con riserva, chi si fiderebbe dei conti?
Si fa fatica ad immaginare un futuro credibile e sostenibile. Forse non saranno i cambiamenti climatici o l’inquinamento atmosferico a rendere difficile la prossima vita, ma la leggerezza della civiltà fluida, dove pare che tutti, delegati a intermittenza, vogliano primeggiare ma fuggire da impegni di responsabilità e di futuro.
Le responsabilità richiedono riflessione: il ‘like’ o un parere ‘sì/no’ affidato a social network digitali è quanto di più superficiale possiamo immaginare. Se la democrazia è affidata a questi, o agli algoritmi che gestiscono i big data e gli inconsci digitali, significa lasciare le decisioni ai numeri invece che ai pesi. L’intelligenza artificiale, alla quale incautamente qualcuno intende dar fiducia, deve avere solo un ruolo di macchina contabile, non di saggezza operativa. Anche le valutazioni meritocratiche, che si stanno diffondendo sulla spinta di indicazioni tecnocratiche, non possono essere affidate ai punteggi sui quiz o alle performances coerenti e gradite a un potere fondato solo sulla maggior condivisione dei comportamenti, ancorché viscerali. In parole più volgari, non vorrei che i protagonisti della società siano comparabili ai giocatori del campionato di calcio di serie A, e in subordine a quelli della serie B, quelli della C e via discendendo.
I verdetti non possono nascere solo dalla contabilità dei sensi. Leonardo da Vinci, nella sua geniale semplicità, ‘contemplava’ quando rifletteva.