Sofia Bordone, CEO Editoriale Domus, parla di sé con discrezione e fermezza. Dall’infanzia senza padre, all’ingresso nel mondo editoriale facilitato dalla madre, che prima di lei e ora con lei dirige l’Editoriale Domus, casa editrice italiana fondata nel 1929 a Milano da Gianni Mazzocchi, suo nonno. È la più longeva azienda italiana di periodici specializzati; pubblica riviste di settore dedicate a mobilità con Quattroruote, architettura e design con Domus, viaggi con Meridiani e cucina con Il Cucchiaio d’Argento. Inoltre, con Accademia ED offre corsi di formazione. E’ un esempio di trasformazione, infatti ora è una media company che offre informazione, formazione e intrattenimento producendo valore per la comunità e gli stakeholder.
Di Sofia Bordone, attuale amministratore delegato di Editoriale Domus e quindi donna e manager mi ha colpito la cordiale semplicità nel raccontarsi.
Donna e questione di genere, ha dovuto lottare molto …
“In quanto donna e capo d’azienda la strada è stata in discesa: il passaggio storico è stato tra mio nonno Gianni Mazzocchi, fondatore dell’Editoriale Domus e mia madre, oggi presidente. Alle donne consiglio di non cercare di somigliare per forza agli uomini, ma di essere sé stesse, nella loro diversità. All’interno dell’azienda il fatto di essere donna non è stato mai un problema, nemmeno nell’universo Quattroruote.
Sono cresciuta senza padre, dunque senza ascoltare discorsi fra adulti in casa. Una volta laureata, alla Bocconi, ho iniziato a lavorare e mi sono appassionata al mondo dell’editoria, anche per le storie su mio nonno, indicato sovente come uno dei grandi editori italiani. In azienda sono entrata in punta di piedi. Sono convinta che il nome di famiglia venga dopo l’azienda, patrimonio da preservare in quanto crea cultura e adempie a obblighi sociali. Il legame di sangue non è, di fatto, sufficiente per arrivare al successo, c’è bisogno di qualità e competenze. La terza generazione di imprenditori, la mia, deve essere preparata. Nessuna improvvisazione è concessa”.
Parliamo di editoria e transizione digitale: decelerare sembra la parola del momento, ma il punto è, secondo noi dell’Osservatorio TuttiMedia, come affrontare questo cambiamento in modo che il futuro sia economicamente sostenibile per tutti i protagonisti dell’ecosistema dei media.
“Il tema è estremamente complesso perché il digitale è una competizione globale. I prodotti cartacei si confrontano con il nostro mercato e i player in competizione nel contesto. Il mondo del digitale significa la pubblicità on line e quindi player internazionali. Gli OTT prendono una fetta di mercato consistente del bacino che serve alla sostenibilità aziendale. Dobbiamo ragionare guardando al mondo.
In questi anni abbiamo vissuto un’accelerazione a tutto tondo, e non credo dovuta solo al Covid. In questo momento una strategia è già vecchia mentre la si pensa; quindi, decelerare avrebbe un senso se potessimo ragionare di editoria e digitale a livello Paese. Purtroppo, non è più possibile: decelerando rischiamo di perdere opportunità. La transizione è difficile, non esiste un’unica formula per interpretare il digitale, se esistesse noi editori non dovremmo affrontare tante avversità. Il futuro credo sia per attività inedite che offrano servizi che si traducono in reddito”.
Con le nuove Intelligenze artificiali e soprattutto la ChatGPT i giornalisti saranno ancora indispensabili per una casa editrice?
“Credo nella professione giornalistica e penso che oggi più che mai l’informazione di qualità sia ancora la chiave del successo. I giornali stampati su carta per i prossimi anni continueranno ad esistere, il problema è adeguare i costi ai nuovi livelli di ricavi, che calano per tutti.
Noi siamo in grado di affiancare all’informazione di qualità un sistema di servizi all’avanguardia; Quattroruote è un esempio perché accanto all’enorme lavoro editoriale, che rappresenta il 60% dell’impegno, c’è l’ambito “Professional” che rappresenta un unicum nel mondo dei servizi, dell’elaborazione dati, della creazione e gestione software oltre che della formazione più tecnica, e che va a coprire il restante 40%. Questo distintivo mix di competenze ci rende un interlocutore primario sia per il mondo consumer che per quello business. Due target che conosciamo profondamente e a cui siamo in grado di proporre un pacchetto completo, sempre più specifico e adeguato alle esigenze e alle mutevoli aspettative. In tal senso la verticalizzazione, la specializzazione, rappresenta un vantaggio e una chiave di successo”.
Quale è la testata alla quale è più affezionata?
“Come brand adoro il Cucchiaio d’Argento perché si parla di cucina ed è la testata che gestisco, quasi, in completa autonomia. Domus è il punto di partenza, l’inizio di tutto. Quattroruote è affascinante, anche perché siamo un punto di riferimento di tutto il settore dell’auto e Meridiani mi appassiona perché amo viaggiare. Ciascuna testata mi coinvolge”.
Difficoltà da affrontare?
“La difficoltà maggiore è l’evoluzione culturale. L’azienda nata come casa editrice di periodici ora crea contenuti e informazione anche digitale. Riadattarsi, riposizionarsi questa la difficoltà maggiore. Il mio successo, e il mio orgoglio, è stato lo sviluppo di tutta l’area professional, dove fin da subito ho avuto autonomia”.
Da vicepresidente FIEG pensa che la Federazione possa ancora incidere sul futuro dell’editoria italiana?
“La FIEG è fondamentale oggi più che mai. Il nostro settore sta subendo più di altri la rivoluzione digitale (quella che Giovanni Giovannini storico presidente FIEG definiva la Grande Mutazione n.d.r.), mai noi editori abbiamo in comune gli obiettivi e tutti insieme continuiamo a confrontarci e a raccogliere le esigenze di tutti”.