#disinformazione #democrazia #elezioni, il seminario organizzato da TuttiMedia, in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione Europea in Italia ha raccolto  molte opinioni che vale la pena ascoltare. In questa pagina Isabella Splendore (Responsabile Area giuridica e internazionale della Fieg).

Lo scorso 24 maggio, è stato presentato il Rapporto Italia 2024 dell’Eurispes, secondo il quale, in Italia, al primo posto tra le fonti di informazione ci sono i social network e tra questi i più utilizzati per diffondere le notizie sono Facebook (44%); e a seguire Whatsapp (27%), Instagram (20%), Youtube (19%), Telegram (9%), Tiktok (8%).

I giornali sono purtroppo sempre più assenti dalla dieta mediatica, soprattutto dei più giovani.

Perché ho voluto partire da questo? Per 3 motivi

  • Come primo ordine di considerazioni: è importante tenere conto del legame tra disinformazione e affidabilità delle notizie che circolano online. Perché sempre più spesso vediamo che la discriminazione e l’odio verso il diverso proliferano in contesti in cui la qualità dell’informazione è bassa. E qui vorrei ricordare una delle conclusioni dell’Indagine conoscitiva dell’AGCOM su “Piattaforme digitali e sistema dell’informazione”, dove l’Autorità riconosce che l’informazione di qualità, che si manifesta anche attraverso i media tradizionali, svolge un ruolo fondamentale nella costruzione di punti focali credibili, affidabili e verificabili rispetto a dati ed eventi sui quali i cittadini hanno il diritto di essere informati per costruire una propria visione autonoma. Si tratta di un diritto costituzionale, codificato nell’articolo 21 della nostra Costituzione: il diritto di informare e di essere informati, strettamente legato al tema del pluralismo dell’informazione, pilastro di ogni società democratica.
  • E vengo al secondo ordine di considerazioni: l’informazione di qualità può essere anche una salvaguardia contro le fake news e la disinformazione. Negli ultimi 10 anni, con la digitalizzazione, il ruolo degli intermediari classici si è profondamente modificato. Il fatto che nelle aziende editoriali, rispetto ad altri mezzi, ci sia chi, tipicamente il giornalista, garantisce la verifica, garantisce che non ci siano fenomeni che alimentano l’odio, è a mio avviso un elemento importante per cercare di porre un argine ai fenomeni di disinformazione. L’attività che il giornalista svolge è già individuata all’interno di una serie di parametri, non solo quelli stabiliti dalla legge ma anche quelli deontologici. Quindi, di fronte alla crescita della polarizzazione e della radicalizzazione delle opinioni, al proliferare delle echo chambers, dove solo persone ideologicamente affini discutono senza contraddittorio, producendo imbarbarimento dei linguaggi e hate speech, gli anticorpi sono il giornalismo, il contraddittorio, la pluralità delle voci, e le imprese editoriali devono essere in grado di dare continuità alle attività, di innovare e di cercare un equilibrio economico complesso in un contesto di mercato difficile. Pertanto, sono necessarie politiche a sostegno della qualità dell’informazione. È ancora una volta l’Autorità stessa a evidenziare come, a livello nazionale e globale, fenomeni patologici di disinformazione tendano ad annidarsi laddove il sistema informativo fallisce: a causa, tra l’altro, della difficoltà di monetizzare i contenuti e della continua riduzione degli investimenti in informazione. È in questo contesto che i cittadini rischiano di fare sempre più affidamento su fonti di informazione alternative e non qualificate, che spesso sono alla base delle strategie di disinformazione. D’altro canto, la crisi del settore richiede anche certezza del quadro normativo e delle politiche a sostegno dell’informazione di qualità, come la liberalizzazione della rete di vendita, la tutela della proprietà intellettuale dei contenuti giornalistici, l’efficace difesa del diritto d’autore anche in spazio digitale e il riequilibrio della distribuzione delle risorse pubblicitarie.
  • Terza e ultima considerazione: fra 2 settimane, 370 milioni di europei voteranno in 27 paesi per eleggere i 720 membri del Parlamento europeo. Una scadenza elettorale di fondamentale importanza per il futuro del continente ma anche una sfida per i media europei, chiamati a informare i cittadini nel modo più completo e scrupoloso possibile, alzando una diga contro le fake news e i tentativi di destabilizzazione. Gli editori europei hanno messo in campo diversi progetti volti a lottare contro la propagazione della disinformazione, a promuovere l’integrità elettorale e a difendere i valori democratici del nostro continente. Cito, tra gli altri il progetto Elections24Check dello European fact-checking standards network (efcsn), per fornire a tutti i cittadini europei informazioni utili ad identificare la disinformazione nel periodo che precede le elezioni; o ancora i vari progetti di formazione destinati agli allievi delle scuole di giornalismo, agli addetti ai lavori, ai fact-checkers per l’analisi e valutazione dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Cosa osserviamo al riguardo? Che a differenza di altri ambiti dove la dialettica tra editori e piattaforme digitali è più accesa, sul tema della disinformazione la collaborazione e la partnership con le piattaforme digitali è più agevole, è una pratica molto diffusa, ed è anche l’unica strada per rendere efficaci ed effettivi questi strumenti e queste iniziative. Se solo pensiamo che Tik Tok è utilizzata da 134 milioni di europei, molti dei quali potranno votare alle elezioni di giugno, possiamo renderci conto facilmente dell’importanza e dell’impatto di iniziative come quella dell’AFP francese, tra le più autorevoli agenzie di stampa al mondo, che ha collaborato appunto con Tik Tok fornendo contenuti per le pagine della piattaforma appositamente dedicate a trovare informazioni affidabili e pertinenti sulle elezioni europee in tutti e 27 i Paesi Ue.

In questo contesto è nato il progetto FIEG e Luiss Data Lab (Libera università internazionale degli studi sociali “Guido Carli”) che hanno ricevuto, attraverso un progetto congiunto, un finanziamento da Google.org per la ‘Impact Challenge: Tech for Social Good’, dedicata in Italia alla lotta alla disinformazione online e agli attacchi informatici. Il progetto, che riguarda nello specifico la lotta alla disinformazione, è stato il primo in Italia a ricevere il supporto di una Fellowship di Google.org.

La Google.org Impact Challenge: Tech for Social Good, annunciata in Italia nel 2023 con il patrocinio dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn), ha invitato organizzazioni non profit, istituzioni accademiche e di ricerca, enti civici e imprese sociali, a proporre progetti incentrati sull’uso della tecnologia per risolvere problemi complessi e contribuire a creare una società digitale più sicura. FIEG e Luiss Data Lab sono stati i primi destinatari del finanziamento a essere annunciati, e gli unici per un progetto dedicato al contrasto alla disinformazione. Il progetto è di ampio respiro, si sviluppa su un arco temporale di tre anni, ed è in stato di avvio, di prototipo, essendo partiti a gennaio 2024.

La diffusione della disinformazione provoca un calo della fiducia del pubblico nelle istituzioni, incita alla violenza e rappresenta una minaccia significativa per la democrazia in Italia e nel mondo.

Editori e giornalisti svolgono un ruolo cruciale nella diffusione delle informazioni, ma devono affrontare sfide sistemiche nell’affrontare le tendenze della disinformazione in rapida evoluzione.

Insieme, FIEG e Luiss Data Lab, intendono ricostruire questa fiducia, sviluppando una piattaforma online basata sull’intelligenza artificiale in grado di analizzare sentimenti emergenti e le modalità in cui nuove forme e narrative di disinformazione prendono piede. Questo progetto mira a supportare circa 10.000 giornalisti in 400 redazioni, con particolare attenzione al miglioramento delle competenze e al sostegno dei giornalisti provenienti da aree svantaggiate.

Concludo.

Ci sono tutte le ragioni per ritenere che la lotta alla disinformazione diventerà ancora più essenziale nei prossimi anni. L’incredibile accelerazione delle tecnologie digitali con l’IA generativa (per testi, foto e video) offre nuove armi a tutti coloro che hanno interesse a fomentare polarizzazioni e paure, a minare la legittimità delle istituzioni pubbliche o a negare i risultati di elezioni democratiche. È importante avvicinarsi il più possibile ai lettori più giovani, andandoli a trovare nel “loro” mondo, e aprendo le redazioni a giornalisti specializzati. Il fact checking è essenziale ma non risolverà il problema da solo, è essenziale regolamentare le piattaforme in Europa, affinché la lotta alla disinformazione sia una priorità per loro, e collaborare in maniera sempre più sinergica, a beneficio dell’intero ecosistema dell’informazione.

 

 

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