Antonio Spadaro che lascia la direzione di Civiltà Cattolica per essere Sottosegretario al Dicastero della Cultura nella cornice del Museo Etrusco di Roma parla dell’uomo che si veste ogni giorno per pubblicarsi al mondo. Lui e Derrick de Kerckhove (tavolo IA) sono gli unici che usano la parola pubblicare riferita all’essere umano, per definire il cambiamento in corso che l’IA Generativa sta producendo.
“In buona parte della nostra vita quotidiana decidiamo come presentarci, quindi come ci pubblichiamo all’esterno. La domanda oggi è questa: quando noi viviamo nell’ambiente digitale sappiamo comunicarci o confondiamo a volte la nostra pubblicazione con il semplice farci pubblicità? – dice -. Nodo molto interessante perché bisognerebbe ragionare a un livello più profondo: che cosa ci facciamo in rete? Soprattutto nei social. Sento che dentro di me c’è questa duplice tendenza a pubblicarmi nella vita sociale e a farmi pubblicità. Su questo si gioca una grande differenza. Il problema è chi ci aiuta oggi a trovare la differenza tra pubblicarsi e fare pubblicità?”.
Secondo il sottosegretario al Dicastero della Cultura oggi “corriamo il rischio di vivere in una bolla perché alla fine sono gli algoritmi a scegliere chi guardiamo sui social e cioè i nostri simili”.
Sulla privacy, protagonista dell’evento #StateOfPrivacy2023 dice che cedendola faccio sparire l’altro perché la logica dell’algoritmo mi porta “non a un altro da me ma a uno che è come me”.
E poi invita a prendere atto che la facilità di pubblicazione è un problema “perché in fondo basta un cellulare per pubblicare e questa facilità della pubblicazione indubbiamente ha un impatto sul valore della riservatezza. Stiamo oggettivamente percependo sempre meno l’importanza della riservatezza e questo significa una cosa: che dobbiamo cercare di capire quale è il rapporto con il nostro passato nel momento in cui il nostro passato è visibile e accessibile a tutti”.
Parla di conversione per dibattere sul significato di cambiare: “Oggi la conversione è impossibile perché il passato, bello o brutto che sia, rimane sempre visibile. E’ possibile che una monaca di clausura continui ad avere sui social le immagini della vita precedente da pornostar: come fare i conti con la nuova vita nel momento in cui il passato rimane lì?”. Termina sull’importanza della privacy: “la cosa più bella che abbiamo perché ci permette di essere noi stessi liberamente, perché ci garantisce la sovranità su noi stessi, protegge la persona e permette uno sviluppo pieno e tutela il diritto a poter esprimere ogni potenzialità senza essere condizionato da interferenze esterne. Se vogliamo essere liberi dobbiamo fare in modo che il diritto alla privacy sia predittivo”.