“Il 2008 è stato un anno difficilissimo per tutta l’economia e in particolare per l’editoria. Su questa si sono concentrate sia situazioni di crisi settoriale, comuni del resto all’industria editoriale in tutto il mondo sia situazioni di crisi generale, che hanno finito per incidere anche sul settore editoriale.

L’editoria, non solo italiana, sta affrontando un cambiamento epocale di evoluzione e integrazione dei media. È una sfida dalla quale dipendono le sorti di una parte significativa dell’industria culturale italiana e dell’occupazione cui essa dà luogo, occupazione altamente professionale e specializzata.

Questa crisi evolutiva è coincisa con una crisi di contesto più generale dell’economia, che ha contratto i consumi, incidendo pesantemente su entrambe le componenti più significative del fatturato delle imprese editoriali: le copie vendute e gli introiti della pubblicità.

I dati che elaborati a cura dell’Ufficio studi della FIEG, dimostrano la pesantezza della situazione del comparto e le prospettive ancor più negative per l’anno 2009, se non saranno messe in atto misure di rilancio del settore e tempestivamente utilizzati gli strumenti di mantenimento della capacità produttiva delle imprese editoriali.

Significativa, dunque, questa occasione per analizzare le cause e proporre rimedi efficaci. E significativa anche perché, pur nel quadro complessivo così grave e preoccupante, si prospettano novità interessanti. Qualcosa finalmente si muove.

Dopo una travagliata e lunga trattativa sindacale, è stato raggiunto uno schema di accordo del nuovo contratto collettivo tra FNSI e FIEG, per la cui finalizzazione occorre ora il decisivo apporto del Governo, specie per quanto attiene agli ammortizzatori sociali. Ed è questo un evento di straordinaria portata.

Il Governo, del resto, ha mostrato attenzione per i problemi del settore annunciando con il Sottosegretario Bonaiuti l’intenzione di indire gli Stati generali dell’editoria, sull’esempio di quanto avvenuto in Francia.

Anche allo scopo di fornire elementi propositivi al Governo per questa importante iniziativa, la presente relazione si sofferma, dopo l’illustrazione delle ragioni della crisi, sull’indicazione di alcune priorità che l’azione di governo potrà cogliere nel suo sforzo di innovazione e rilancio del settore.

La FIEG è ben consapevole del momento difficilissimo che il Paese attraversa: alla negativa congiuntura economica mondiale si è aggiunta l’emergenza del terremoto in Abruzzo, alla cui popolazione va la nostra commossa partecipazione e solidarietà. Sta, anzi, al settore editoriale fare la sua parte, insieme agli altri media, nel mantenere vivo nel tempo il ricordo di ciò che è accaduto e nel dare risalto alle iniziative di superamento dell’emergenza che sono e saranno prese.

Superata l’emergenza terremoto, sarà – è prevedibile – la crisi economica la priorità del Governo negli importanti appuntamenti internazionali e nella definizione della politica dei prossimi anni. Ed è il senso di responsabilità verso le tante imprese della filiera editoriale e verso le migliaia di occupati nell’intero settore, giornalisti e non, che muove la FIEG a presentare il quadro puntuale degli elementi in suo possesso.

Una crisi industriale caratterizzata dal cumularsi di difficoltà congiunturali a difficoltà strutturali

I dati industriali che emergono dall’annuale studio della FIEG denunciano la grave crisi industriale che attraversa il settore, particolarmente provato per il cumularsi di difficoltà congiunturali a difficoltà strutturali mai risolte, che ne hanno frenato storicamente e pesantemente lo sviluppo.

La crisi che il settore sta attraversando può essere riassunta in alcuni dati che evidenziano – per il complesso delle società editrici di quotidiani nel 2008, quando la crisi ancora non aveva dispiegato i suoi terribili effetti – un aumento delle perdite del 100% ed una contrazione degli utili del 30%. È facile prevedere che i numeri peggioreranno ulteriormente nel 2009 se solo consideriamo che gli investimenti pubblicitari sui quotidiani nei primi due mesi di quest’anno sono diminuiti in media del 25%, con punte anche del 60% in alcuni giornali locali.

Anche per i periodici la partenza d’anno è stata molto difficile. A fronte di un calo, anche se contenuto delle copie vendute, si è constatata nella prima parte del 2009 una riduzione delle entrate da pubblicità superiore al 20%.

Gli andamenti trimestrali di alcuni dei principali gruppi editoriali italiani presentano, nel corso del 2008, un costante peggioramento dei conti economici, con un picco negativo nell’ultimo trimestre dell’anno.

Dopo un primo trimestre tutto sommato positivo, con un fatturato in crescita del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2007, nei successivi trimestri si sono verificate flessioni (dell’1,4%, nel secondo; del 5,7%, nel terzo; del 9% nel quarto). In media il fatturato editoriale del 2008 ha fatto registrare un calo del 3,3% rispetto al 2007.

La componente dei ricavi che ha mostrato segnali di maggiore debolezza è stata la pubblicità. La raccolta delle imprese editrici, positiva nel primo trimestre (+9%) ha accusato una battuta d’arresto nel secondo (-2,7% rispetto allo stesso periodo del 2007), che si è andata accentuando nel terzo (-6%) e nel quarto trimestre (-12,3%). La flessione media annua dei ricavi pubblicitari è stata del 3,8%.

I ricavi da diffusione delle copie, pur iniziando l’anno in flessione (-3% nel primo trimestre 2008 rispetto allo stesso periodo del 2007), avevano dato segnali di assestamento nel secondo trimestre con una attenuazione del trend discendente (-1,2%). Invece, nei due successivi trimestri il calo si è andato accentuando (-6% e -6,2% rispettivamente). La flessione media annua è stata del 2,8%.

In presenza di costi di produzione sostanzialmente stabili (-0,5%), la flessione dei ricavi ha prodotto una preoccupante riduzione dei margini industriali, circostanza che oggettivamente rappresenta una minaccia alla capacità operativa delle aziende interessate.

Il margine operativo lordo o EBITDA (earnings before interests taxes and depreciation/amortisation), che esprime il reddito che l’azienda è in grado di generare prima della remunerazione del capitale, delle imposte, delle svalutazioni e degli ammortamenti, ha fatto registrare una flessione del 48% nel 2008 rispetto al 2007. È evidente che il decremento dei ricavi e la rigidità dei costi industriali, determinando un assottigliamento dei margini industriali, incide negativamente sulle decisioni di investimento, in quanto incrina le possibilità di ritorno in termini di remunerazione del capitale investito.

Analogo l’andamento dell’utile operativo o EBIT (earnings before interests and taxes), parametro che verifica la capacità delle aziende di vendere i propri prodotti a un prezzo che consenta di coprire non solo i costi industriali sostenuti, ma anche il deprezzamento degli impianti e degli accantonamenti a copertura dei vari rischi aziendali. La variazione dell’EBIT in ragione d’anno è stata del -51,9%, con un décalage che nei quattro trimestri del 2008, confrontati con il 2007, si è andato accentuando: -53,4%, -26%, -80%, -72,2%.

L’evoluzione sin qui considerata non poteva non portare ad una forte contrazione dell’utile netto, vale a dire del risultato finale della gestione.

Con questi numeri il margine operativo delle imprese per gli investimenti si azzera e il settore si avvita in una spirale di depressione, proprio nel momento in cui, essendo in atto la ricordata svolta epocale, servono investimenti per fare il balzo in avanti nell’innovazione e nella multimedialità.

Le imprese non possono sopravvivere in questo contesto né essere pronte a riprendere a pieno regime l’attività quando si avvierà la ripresa. È grave che manchi la piena percezione della profondità e pericolosità della crisi nel nostro settore. L’impresa editrice, oltre a essere un valore economico è anche lo strumento attraverso cui passa l’esercizio di diritti fondamentali per la democrazia: la libertà di stampa, di cronaca e di critica. In un solo termine, la libera manifestazione del pensiero: articolo 21 della Costituzione.

L’evoluzione dei media e la stampa

È, infatti, osservazione largamente condivisa che l’informazione e la comunicazione in questi ultimi anni, ben prima dell’esplodere della crisi, stanno attraversando mutamenti di carattere epocale. Ai tradizionali media (la stampa, il cinema, la radio, la stessa televisione analogica) si sono affiancati nuovi strumenti di comunicazione (desktop, computer, telefoni cellulari, smartphone). Si sono affermati anche nuovi formati mediali (siti web, computer games, televisione digitale, blog, newsgroup, interattività, realtà virtuale).

Al centro dell’evoluzione, come potente motore d’innovazione, si è collocata la tecnologia digitale, che ha investito e rimodellato l’intero scenario comunicativo.

La convergenza tra le tre tecnologie “dominanti”, rete, televisione e computer, non ha portato però all’emersione di un unico medium, che emargina tutti gli altri. Ha spinto, invece, alla creazione di un ambiente “ipermediato”, caratterizzato da un flusso continuo di informazioni che procedono a cascata da un medium all’altro fino a raggiungere il destinatario. Un flusso informativo autonomo dai mezzi e dalle specifiche tecnologie ma che, in qualche modo, le utilizza tutte.

Il processo di digitalizzazione ha riguardato tutti i prodotti e i servizi di informazione e di comunicazione, portando progressivamente alla separazione tra medium e messaggio e alla prevalenza dei contenuti sui mezzi.

L’impresa editrice si trova oggi in questo contesto di rapida evoluzione. Stare al passo coi tempi significa investire in innovazione e nelle nuove risorse; molti editori hanno già affrontato l’evoluzione mediatica, creando proprie piattaforme informatiche. Ma significa anche sfruttare le grandi potenzialità che la carta stampata ancora è in grado di offrire.

La stampa: uno strumento insostituibile d’informazione ed un efficace veicolo di comunicazione

Nessun mezzo di comunicazione è stato finora spazzato via dalle nuove tecnologie né probabilmente lo sarà. Ad una condizione però: che ognuno conservi la propria specificità.

Questo vale innanzitutto per la stampa, rispetto alla quale spesso sono state espresse affrettate, quanto interessate, previsioni funeste. Previsioni che hanno finito col suggestionare anche il nostro legislatore e qualche atto di regolazione, nella prospettiva della sostituzione della stampa, nella sua classica funzione d’informazioni al pubblico circa procedimenti amministrativi, provvedimenti di condanna, pubblicità di operazioni finanziarie, con la pubblicazione su sito. Sostituzione poi in gran parte rientrata o comunque differita nel tempo, con la sola eccezione di un recente regolamento della CONSOB in materia di comunicazioni societarie rilevanti per i risparmiatori.

Internet è una grande opportunità anche per l’editoria e, come ho detto, quasi tutti gli editori l’hanno già colta. Non si tratta, quindi, di avversione del mondo dell’editoria verso questo strumento. Ma occorre valutare il dato di diffusione di Internet, assolutamente disomogeneo, per quello che è, in ambito territoriale e sociale, nel nostro Paese e soprattutto non forzare arbitrariamente un fenomeno, la paventata sostituzione, che – se e nella misura in cui interverrà – richiederà del tempo. Semmai l’avversione è all’assoluta carenza di regole e di responsabilità propria di Internet in contrasto con l’eccesso di regolazione che rischia di opprimere la stampa.

La stampa ha ed avrà ancora una capillarità di diffusione estesissima e resisterà all’avvento di Internet, quanto meno se saprà rispondere in termini di specificità e di qualità.

Qualità significa promozione del mezzo di comunicazione in sé, fidelizzazione del lettore, interpretazione del suo stile di vita, corrispondenza alle sue esigenze. Ma significa anche capacità di penetrazione stabile nel pubblico e di veicolazione efficace dei messaggi pubblicitari. Per una volta, almeno, le esigenze di mercato e gli standard di qualità saranno alleati.

Occorre riconoscere che pochi mezzi di comunicazione come l’editoria, ed in particolare la carta stampata, riescono ad assolvere questa funzione caratterizzante e d’individuazione del profilo del fruitore. Quella immedesimazione del lettore col giornale che è un tratto distintivo dell’editoria. I periodici, poi, da tempo realizzano quello che viene definito engagement, cioè fidelizzazione del lettore e condivisione di uno stile di vita, al punto di individuare, ancora prima di Internet, comunità di fruitori accomunati da un’analoga passione, sia questa la passione per la macchina, la moda, la casa o altro. E si tratta della capacità d’individuazione di un profilo soggettivo che quotidiani e periodici hanno tradizionalmente da oltre cento anni.

Con questa caratteristica la stampa limiterà l’erosione di fruitori a vantaggio di altri strumenti di comunicazione e non perderà, anzi svilupperà, i propri tratti caratteristici, evitando quegli scenari apocalittici che troppo spesso sono stati emotivamente disegnati.

I giornali stampati rappresentano un valore essenziale della democrazia, perché – informando – assicurano il pluralismo e arricchiscono il dibattito. Per riprendere un’espressione del Presidente francese Sarkozy, una democrazia evoluta non può permettersi una stampa asfittica ed editori in fallimento.

In questo scenario di grande trasformazione i quotidiani e i periodici hanno conservato il loro ruolo centrale ed insostituibile di strumenti di informazione e di efficaci veicoli di comunicazione, ruolo che gli editori rivendicano con orgoglio. È sufficiente attenersi alle cifre, e alla realtà che esse esprimono, per meglio sottolineare tale ruolo.

Dopo la televisione, i giornali rappresentano il mezzo che realizza il maggior numero di contatti con il pubblico. I lettori in un giorno medio di un quotidiano sono stati, nel 2008, 23,278 milioni. Dal 2001 al 2008, i lettori di quotidiani sono aumentati di 3,78 milioni di unità (+19,3%), con un indice di penetrazione tra la popolazione adulta (14 anni ed oltre) che è passato dal 38,9 al 45,3%.

Dall’indagine del Censis, sull’uso abituale dei mezzi di comunicazione e informazione, emerge che nel 2007 più della metà degli italiani (51,1%) ha letto abitualmente quotidiani a pagamento. Tale percentuale sale al 61,8% tra i soggetti più istruiti (vale a dire tra coloro che sono in possesso di diploma o laurea), mentre tra i meno istruiti (in possesso di licenza elementare o media) scende al 39,3%.

Il confronto con Internet è ancora a vantaggio dei quotidiani. L’utenza abituale del web ha infatti raggiunto nel 2007 il 38,3%, con un differenziale particolarmente ampio tra uomini (44,9%) e donne (32%) e tra persone istruite (54,5%) e meno istruite (20,2%). Anche in termini di utenza complessiva (da intendersi riferita a coloro che hanno una frequenza tra una e due volte con i mezzi di informazione nell’arco della settimana), i dati del Censis indicano come i quotidiani nel 2007 abbiano sopravanzato nettamente Internet: 67% i primi, 45,3% la seconda.

I limiti dell’ordinamento allo sviluppo dell’impresa editoriale

Ora, su entrambi i versanti d’interesse dell’impresa editoriale – sviluppo sui nuovi media e ottimizzazione della carta stampata – sussistono nel nostro ordinamento pesanti limiti allo sviluppo.

Se la svolta epocale della multimedialità richiede un ambiente favorevole all’innovazione e impulso agli investimenti, la carta stampata risente di un talora anacronistico e sfavorevole assetto regolatorio.

L’impresa editrice sconta così le negatività dell’uno e dell’altro profilo. La sua evoluzione verso la multimedialità, che comunque è necessaria in Italia come in tutto il mondo, richiede agilità di adattamento e flessibilità d’impiego delle risorse: a fronte di questo stava un contratto e un sistema di relazioni sindacali poco flessibili, che non favorivano, anzi scoraggiavano la dimensione multimediale. È per questo che vanno salutate con favore le novità della contrattazione sindacale.

Sul versante più tradizionale, invece, la carta stampata non può cogliere tutte le potenzialità che ancora conserva, perché si muove in un contesto normativo ormai obsoleto e sbilanciato a favore della televisione. Per non parlare di Internet, che si alimenta dell’assenza di regolazione e dell’appropriazione dei contenuti editoriali altrui. La legge di riferimento dell’editoria risale ormai a quasi trent’anni fa (è del 5 agosto 1981): secoli per la velocità dei mezzi di comunicazione e per l’evoluzione tecnologica!

La rete distributiva non è informatizzata, è costosa e poco efficiente. Contribuisce all’abnorme fenomeno delle rese e dei costi che vi sono connessi. Non garantisce una buona promozione del prodotto.

La struttura del mercato pubblicitario è fortemente squilibrata a favore della televisione.

Mancano significative azioni pubbliche di promozione della lettura.

Tutti riconoscono ai giornali la funzione indispensabile di presidio di libertà: quando poi però si tratta di mettere in campo iniziative concrete perché si conservi tale presidio, le voci si fanno più flebili, fioccano i distinguo, si avanzano mille obiezioni, si lesinano modeste ma essenziali risorse in nome dell’esigenza suprema del contenimento della spesa pubblica.

Occorre, invece, non limitarsi ad affermare la centralità dell’informazione, ma operare affinché essa sia effettivamente perseguita: serve il coraggio degli imprenditori, ma anche un contesto non ostile all’impresa; una politica in grado di cancellare anacronistici lacci e al mercato ma capace anche di regolarlo laddove serve per creare uniformità di condizioni, ad esempio nel mercato della pubblicità: insomma un Governo e un Parlamento che, consapevoli della radicalità della crisi, adottino misure urgenti di politica industriale per dare ossigeno e slancio alle nostre imprese.

Il contratto di lavoro dei giornalisti

Dicevo, però, che qualcosa finalmente inizia a muoversi. Innanzitutto per quanto riguarda la disciplina del rapporto di lavoro giornalistico. È stato siglato lo schema di contratto collettivo nazionale, che tiene conto delle esigenze di flessibilità organizzativa necessarie alle imprese per adeguarsi al mutato quadro operativo.

Occorre dare atto alle parti, che si sono duramente confrontate, di avere affrontato tutti i temi sul tappeto con senso di grande responsabilità, contribuendo – ciascuna in modo determinante – all’andamento positivo della trattativa, con sacrifici spesso dolorosi.

Così come, del resto, di grande responsabilità è stata la scelta di affrontare in modo concordato anche il tema degli ammortizzatori sociali, scelta auspicata dallo stesso Ministro Sacconi negli incontri del 5 marzo u.s. convocati dal Sottosegretario Bonaiuti separatamente con le due parti, incontri che sono stati decisivi nel dare impulso alla trattativa.

L’intesa sugli ammortizzatori sociali, nella quale ha giocato e gioca un ruolo importante anche l’INPGI, consente al settore editoriale una gestione condivisa degli strumenti di governo delle eccedenze di personale e di coniugare la necessità delle imprese di contenere i costi con quella dei giornalisti di mantenere un reddito pur in occasione delle fasi di ristrutturazione e riorganizzazione delle loro aziende.

La FIEG dà altresì atto al Ministro Sacconi di avere offerto la piena disponibilità degli uffici del Ministero per dettare le direttive necessarie e per effettuare gli adempimenti utili alla concreta e urgente attuazione dei nuovi strumenti in tempi celeri e compatibili con la gravità della crisi.

Il contratto collettivo è uno strumento importante e necessario, ma non sufficiente per affrontare una crisi di così vaste dimensioni e di così stratificata natura. Occorrono mezzi di accompagnamento che solo il Governo è in grado di precostituire, sia pure sulla base di strumenti condivisi dalle parti sociali. La positiva evoluzione della disciplina degli ammortizzatori sociali ha costituito una premessa indispensabile per il progresso nelle trattative per il rinnovo del contratto.

Il ruolo del Governo è stato decisivo nell’impulso che sopra ricordavo ed è ora fondamentale per sanzionare e consolidare, con interventi di tipo finanziario, regolamentare e organizzativo, ciò che le parti sociali hanno condiviso anche con assunzione diretta di pesanti oneri finanziari da parte degli editori.

La richiesta al Governo è di porre la parola conclusiva allo sforzo significativo, in termini finanziari e normativi, che le parti sociali hanno compiuto nella trattativa. In particolare è necessario l’intervento interpretativo del Governo che renda possibile il ricorso agli ammortizzatori sociali anche in situazione di crisi prospettica e l’intervento finanziario che consenta un impiego rotativo delle risorse pubbliche e il loro incremento negli anni di maggiore concentrazione delle richieste di detti ammortizzatori.

Gli interventi di sistema e gli Stati generali dell’editoria. Una nuova stagione di sostegno e rilancio

La definizione di un nuovo assetto degli istituti contrattuali e degli ammortizzatori sociali non è, però, sufficiente ad affrontare la sfida che il settore ha davanti a sé. Occorrono interventi di sistema, tanto più che di una legge di riforma dell’editoria si parla da tempo ma senza che i Governi che si sono susseguiti siano riusciti a portare a termine il disegno riformatore.

Ecco perché gli editori hanno salutato con grande interesse la preannunciata indizione degli Stati generali dell’editoria, che affrontino, seguendo il riuscito modello transalpino, la generalità dei problemi dell’editoria: da quelli economici delle imprese – editori, stampatori, cartiere, distributori, pubblicitari, servizi postali e di consegna degli abbonamenti – a quelli sociali – funzione del giornalista, pluralismo, formazione, deontologia, classe dirigente, rapporti con Internet, promozione della lettura.

La FIEG auspica che l’iniziativa del Sottosegretario Bonaiuti abbia successo e che possa portare, attraverso la costituzione di gruppi di lavoro e la raccolta di proposte e di materiale, alla formazione di un panorama completo per il legislatore. Richiede anzi, a gran voce, che sia questo il modo di legiferare su un tema così complesso e non si insista più con iniziative episodiche che rischiano di aggravare la confusione e l’inefficienza regolatorie.

Mi riferisco alle disposizioni sulla pubblicità legale, già richiamate; al recente intervento della CONSOB in materia di pubblicità finanziaria; allo stesso disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche, da noi criticato perché prevede una pesante responsabilità dell’editore per quanto pubblicato nel giornale, con ciò sovrapponendo in modo confuso questa responsabilità a quella del direttore responsabile.

Ricordo, inoltre, che gli Stati generali dell’editoria in Francia sono stati accompagnati da un aumento del sostegno pubblico al settore valutabile in circa 200 milioni di euro all’anno per i prossimi 3 anni.

Devo dare atto che Parlamento e Governo recentemente hanno manifestato qualche importante segnale di attenzione al nostro settore. Ne cito alcuni:

la norma, contenuta nella legge di conversione del decreto legge “mille proroghe”, che ha messo fine ad una storica quanto ingiustificata disparità di trattamento tra giornalisti dei quotidiani e giornalisti dei periodici, estendendo a questi ultimi la possibilità di prepensionamento e stanziando 20 milioni di euro per l’ammortizzatore sociale nel suo complesso;

la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio con il sistema dei voucher per la consegna dei giornali;

la “correzione” apportata al collegato “sviluppo” alla finanziaria 2009 che, in materia di sentenze di condanna, prevede l’aggiunta, alla pubblicazione sui quotidiani, della pubblicazione su Internet e non la sostituzione come era nel testo originario;

il mantenimento, almeno fino alla fine del 2012 – e non più fino alla fine del 2009 – della pubblicità legale sulla stampa.

Si tratta di segnali importanti che non sottovalutiamo, che ci lasciano ben sperare, ma che giudichiamo ancora insufficienti.

Se il valore della stampa è quello immutato di garante della democrazia, del pluralismo, dell’informazione, e se – tuttavia – la situazione di crisi che attanaglia il settore è quella descritta, emerge con chiarezza che occorre porre mano alla progettazione di una nuova stagione, per la modernizzazione e il rilancio dell’editoria giornalistica.

Occorre cioè pensare a misure che sostengano le imprese editoriali in questa difficile stagione e che consentano loro di programmare il futuro.

Tra queste misure, hanno senz’altro carattere prioritario, innanzitutto, gli interventi per rendere effettivo il quadro degli ammortizzatori sociali sopra richiamati. Sono, inoltre, necessarie le seguenti ulteriori misure di carattere anticongiunturale, da disporre in via d’urgenza e per un periodo sufficiente a superare l’emergenza (almeno due anni):

la reintroduzione del credito di imposta per l’acquisto (o il consumo) della carta, sul modello di quanto già fatto nel 2004;

la previsione, sulla scorta dell’esperienza di alcuni Paesi europei, di un’ulteriore riduzione dell’aliquota agevolata per l’Iva per il comparto dell’editoria;

la detassazione degli utili reinvestiti in misura incrementale rispetto all’anno precedente in campagne pubblicitarie ed in iniziative di promozione della lettura;

l’esclusione del costo del lavoro giornalistico dal calcolo della base imponibile ai fini IRAP, imposta che grava in modo iniquo sulle imprese editoriali per le quali è alta l’incidenza del fattore lavoro, e l’estensione all’editoria delle disposizioni sul contenimento degli oneri contributivi previsto per la generalità delle imprese;

un compiuto sistema di responsabilità e sanzioni per assicurare il rispetto delle disposizioni in materia di pubblicità istituzionale (dello Stato e degli Enti pubblici e dei privati per finalità pubbliche) sulla carta stampata; disposizioni secondo cui il 60% (fino al 2012, il 50% dal 2013) della spesa per acquisti di spazi pubblicitari deve essere destinata alla stampa.

È bene evidenziare che le predette misure urgenti potrebbero essere in gran parte finanziate con i risparmi che conseguono all’applicazione del regolamento formulato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’anticipazione, anche in via amministrativa rispetto ai tempi di approvazione del regolamento, di alcune di queste misure darebbe un gettito significativo che chiediamo sia utilizzato per le misure prioritarie.

Oltre alle misure aventi carattere prioritario, si avanzano qui alcune misure in funzione propositiva rispetto agli Stati generali dell’editoria, per il sostegno e il rilancio delle imprese editoriali:

creazione di un fondo per la nuova occupazione, la formazione e la multimedialità (vi era una proposta analoga in una prima stesura del ddl Levi di riforma dell’editoria);

forme di sostegno alla modernizzazione della rete delle edicole e della distribuzione dei giornali. Nei giorni scorsi è stato siglato tra Fieg e organizzazioni delle rivendite un avviso comune che si muove proprio in questo senso (piani di informatizzazione, di ampliamento dei punti vendita, di formazione dei rivenditori, ecc);

riconoscimento economico dello sfruttamento dei contenuti giornalistici nelle cd. rassegne stampa;

finanziamento di una campagna nazionale per la promozione della lettura con la previsione di una settimana dedicata a tale obiettivo;

più esatta qualificazione di alcuni capitoli di spesa di competenza del Dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio, volti all’agevolazione tariffaria delle pubblicazioni afferenti alla cd. area del no profit, da qualificare come misure di sostegno all’associazionismo.

Conclusioni

L’editoria è uno spaccato significativo dell’imprenditoria italiana, dell’industria culturale del nostro Paese. Va stimolata e incoraggiata, se del caso richiamata a compiere scelte severe. Per la valenza economica che essa ha su tutta la filiera, dalla produzione della carta, alla pubblicità e alla distribuzione. Ma anche perché essa è elemento costitutivo dell’industria culturale del Paese e della stessa identità nazionale e, per di più, strumento insostituibile del principio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero. Questo diritto fondamentale “cammina” sulle gambe dell’impresa editoriale e ne segue le sorti.

L’appello che la FIEG rivolge a Parlamento e Governo è di valutare la crisi in tutta la sua gravità, di evitare – specie in questo contesto così difficile – misure che aggravano la situazione, come quelle su un’ulteriore e aggiuntiva responsabilità degli editori, di dare corso alle richieste prioritarie ed urgenti di rilancio del settore rappresentate da questa Federazione.

Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Sottosegretario alla Presidenza con delega all’editoria, la FIEG rivolge il pressante invito a sostenere e premiare lo sforzo che le parti sociali hanno compiuto nella ricerca costruttiva di un nuovo modello di sviluppo, che pone al centro del sistema la tutela del lavoro, la dinamica dell’impresa, l’innovazione del Paese con ricadute significative anche in altri settori di attività.

Infine il più sentito ringraziamento agli organi statutari della FIEG ed in particolare al Comitato di presidenza che non ha mai fatto mancare il prezioso e continuo affiancamento all’attività del presidente, e al personale tutto della Federazione per la disponibilità, competenza e dedizione dimostrate”.

Carlo Malinconico

Presidente FIEG

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