Intelligenza Artificiale, la sfida del digitale, e poi Europa, Italia nel contesto globale della digital disruption. Questi gli argomenti che approfondisco con Stefano da Empoli, presidente dell’ Istituto sulla Competitività (I-Com), economista attento al tessuto economico italiano. Il suo istituto ha sede a Roma e Bruxelles e si interessa di digitale, energia, innovazione, salute e istituzioni, temi in sintonia con il Pacchetto digitale che la nuova Commissione Europea presieduta da Ursula von der Leyen ha presentato il 19 febbraio e che comprende le linee guida a sostegno dello sviluppo digitale, un white paper sull’Intelligenza Artificiale e la nuova strategia per i dati.
Stefano da Empoli ama parlare dell’oggi partendo dalla nostra storia:” Il passato serve a capire il presente – precisa – ed a progettare il futuro”.
Il suo ultimo libro: “Intelligenza Artificiale ultima chiamata” ha un titolo che già propone la sua visione su un tema al centro di tutti i dibattiti sul futuro del mondo e soprattutto sul ruolo dell’essere umano nella società ipertecnologica: “’L’Italia non può permettersi di perdere questo treno”. Questo è il suo assunto. Nel libro, così come durante la nostra chiacchierata, fa il punto sulla struttura produttiva italiana, che confrontandosi con la digitalizzazione ancora incompiuta può avere difficoltà.
Il Miracolo Italiano, il successo che nel dopo guerra fece rialzare l’Italia potrebbe non ripetersi, ma il presidente I-Com è un ottimista: “Guardo, sempre, al bicchiere mezzo pieno. Le basi utili al cambiamento esistono però il tempo rema contro. Il sistema produttivo italiano è resiliente, in passato ha dimostrato di saper sopravvivere – puntualizza – gli anni 70 ne sono un esempio. Ora c’è da affrontare la globalizzazione che ci ha condotto nel mare aperto e tempestoso, ma confido nella reazione del sistema produttivo. Le predizioni catastrofiche delle tante Cassandre, che in passato ci davano per spacciati, sono state smentite dai fatti”.
La flessibilità organizzativa dell’Italia per da Empoli è un vantaggio che ci permette di superare ostacoli difficili. “La Germania è la nazione del modello rigido – spiega – noi siamo agli opposti, ma la società attuale necessita menti e attitudini culturali inclini alla trasformazione. Ecco perché credo che l’Intelligenza Artificiale, ben indirizzata, sia lo strumento adatto per potenziare la creatività italiana e quindi sostenerne i tradizionali punti di forza, basati ad esempio sulla capacità di adattarsi alle esigenze dei clienti attraverso una personalizzazione del prodotto Senza investimenti, però, potrebbe succedere che nazioni meno inventive grazie all’IA recuperino il gap. Ecco perché non basta usare la tecnologia ma bisogna investire con l’aiuto di politiche e azioni indirizzate a sostenere il sistema Italia”.
Il digitale è “disruptive”, ormai è chiaro per tutti: “Certo ma non bisogna aspettarsi che ogni segmento della società segua la trasformazione con la stessa velocità. In dieci anni la trasformazione sarà radicale e l’Europa ha senz’altro un ruolo centrale”. da Empoli è fra i 25 esperti scelti dalla Rappresentanza della Commissione Europea a Roma per seguire, commentare il nuovo ciclo che a Bruxelles è iniziato con Ursula von dr Leyen presidente, la prima donna a ricoprire questo incarico.
Più che gli investimenti finanziari per le imprese italiane che intendano adottare l’IA l’ostacolo principale è il cambiamento culturale e organizzativo da affrontare. Altra cosa è la ricerca e lo sviluppo di IA, che richiede massa critica umana ed economica enorme che può arrivare solo dalla collaborazione fra gli Stati europei. In questo senso il pacchetto digitale presentato dalla Commissione rappresenta un primo importante passo in un percorso molto difficile di recupero della centralità europea rispetto a USA e Cina oggettivamente molto più avanti. Per farlo occorre un mercato davvero unico dell’IA e dei dati, che ne sono il carburante principale, e soprattutto investimenti adeguati. Con un ruolo pubblico importante se non decisivo nelle parti più alte della filiera (la ricerca e in parte il trasferimento tecnologico oltre naturalmente alla regolazione e alle policy di contesto) e un settore privato al quale siano lasciati lo sviluppo e la commercializzazione di soluzioni IA conformi alle norme in grado di soddisfare al meglio le esigenze dei tanti attori del mercato. Sempre con una forte attenzione all’etica e alla centralità dell’uomo rispetto alla macchina. Per questo l’IA del futuro non può prescindere dall’Europa”.