stefano rodota media2000
Stefano Rodota media2000

Riproponiamo l’intervista del direttore scientifico di Media Duemila Derrick de Kerckhove a Stefano Rodotà, giurista e politico italiano. Il testo è stato pubblicato sulla rivista 296.
stefano rodota media2000Homeland security la risposta all’attacco di settembre 2011. Già allora mi chiedevo: chi avrà accesso a questi dati? Lo Stato (e non sono solo) americano accederà alle banche dati di ogni tipo? Già allora ho capito che lo spazio per la discussione sulla privacy non c’era, il progetto era un altro.
La discussione parte da qui con Stefano Rodotà, amico, uomo che stimo per il suo rimettersi continuamente in gioco. Conoscere, approfondire. La sua esperienza è determinante nell’analisi che proponiamo in queste pagine. L’America oltrepassa le frontiere per spiare, MCLUHAN ripeteva: lottare per la privacy al tempo dell’elettricità è come cercare di arginare uno Tsunami. Ci siamo?
“Il tema va riconsiderato, ho ricominciato a rifletterci per arrivare alla conclusione che quando presiedevo l’agenzia il lavoro era molto più facile. Le difficoltà oggi sono enormi”.
Immaginavi, questa evoluzione…
“Confesso, la temevo. Le buone letture sull’evoluzione del Web mi hanno aperto gli occhi. Il Web 2, l’espressione Tsunami digitale hanno certamente contribuito alla mia visione. Oggi ci troviamo di fronte a due pressioni. Il mercato che raccoglie informazioni personali a suo uso e consumo, e la società del controllo che le esige in nome della sicurezza. Quando Scott McNealy dice: rassegnatevi non avete più privacy; o Zuckerberg ripete che la privacy è finita come regola sociale; cosa c’è da immaginare?”
Assad e Snowden in che modo hanno contribuito alla società della trasparenza?
“Snowden ha rivelato le dimensioni del fenomeno ed ha fatto rinascere l’attenzione verso la privacy. Dopo PRISM Obama ritorna sul tema per richiedere tutele. Paradossalmente anche aziende come Google, minacciate nella deontologia professionale, reagiscono affermando di non essere miniere a cielo aperto. Il tema è stato rilanciato non da un pensiero scientifico, ma dalla forza delle cose”.
Siamo quindi arrivati all’era della trasparenza?
“La trasparenza e la tutela della riservatezza sono due temi cruciali. La trasparenza è stata, in un certo senso, falsificata perché si richiede delle persone, mentre in democrazia è importante soprattutto quella delle istituzioni. Laddove la trasparenza diventa un non diritto alla privacy è evidente abbaglio o abuso. E’ necessario eliminare questa distorsione culturale e negoziare a livello internazionale un nuovo equilibrio. L’Europa, la regione più grande del mondo, ha principi, almeno sulla carta. Deve dunque promuovere una nuova visione globalmente accettabile. Non è un caso che l’America Latina stia adottando i nostri modelli europei e non quelli degli Stati Uniti d’America. E’ arrivato il momento di accettare la morte della privacy o adeguarsi. La necessità di internazionalizzazione del problema e della soluzione mi era già chiara quando ero Garante per la Privacy. Gli Usa per quanto riguarda il trattamento dati sono un muro ed in più le garanzie date ai loro cittadini non sono estese agli altri”.
I cittadini cominciano ad avvertire il problema?
“Conto di sì perché la società del controllo appare in conflitto sia con l’interesse personale che con la cultura democratica. Molte le soluzioni legate alla tecnologia, la funzione do not track, la possibilità di rendere silenzioso il chip ed anche legislative. In Germania c’è stato un momento in cui la Corte Costituzionale ha vietato l’accesso diretto ai computer da parte della autorità sostenendo che il computer ha un suo diritto alla riservatezza. Questa sentenza ha reso il computer antropomorfo. Ciò è possibile quando l’apparato tecnologico è totalmente controllato dall’utente, cosa succederà con il cloud!”
Non pensi che c’è una certa simmetria tra Assange è Snowden uno invade i segreti del governo, per vendicasi il governo sta invadendo i segreti di tutti?
“Certo, nel primo caso si riscontra la crescita della dimensione della democrazia, i giornali sono stati attenti, hanno selezionato. L’idea che si debba controllare l’attività di governo anche in questo modo, ormai è condivisibile. L’altro caso è diametralmente opposto: significa fruttare l’idea di trasparenza per rendere controllabili le persone”.

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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".