di MICHELE LAURIA

 

             È opinione diffusa che la politica dell’innovazione e della digitalizzazione possa costituire una strategia vincente per la ripresa.
La crisi economica degli ultimi due anni, ovviamente, non ha risparmiato i mercati delle comunicazioni elettroniche, tuttavia, la dinamicità che da sempre contraddistingue questo comparto, ha fatto sì che le ricadute fossero meno pesanti che in altri settori. Infatti, la capacità di rivoluzionare i prodotti e le modalità di consumo, che diventa un obbligo per la sopravvivenza nelle fasi di congiuntura negativa, è una caratteristica intrinseca di questi mercati (in primis del mondo di Internet) come dimostrano le nuove opportunità di business che vengono continuamente individuate (si pensi solo all’exploit dei giochi on line!).
Non a caso la Commissione Europea, nel piano “Europa 2020”, ha indicato, tra le iniziative per uscire dalla crisi, “lo sviluppo di un mercato unico del digitale, basato sull’Internet veloce e su applicazioni interoperabili, con l’obiettivo di trarre vantaggi socio-economici sostenibili”.
In questo contesto, il futuro delle telecomunicazioni sembra inevitabilmente legato, da un lato, all’adozione delle reti di nuova generazione, soprattutto per le possibilità inerenti all’introduzione di nuovi servizi interattivi e alla fruizione dei contenuti, e dall’altro lato alla necessaria riduzione del digital divide, che ancora caratterizza alcune aree del nostro Paese.
Tuttavia, sebbene il settore sia in rapida evoluzione e il peso dei servizi tradizionali si vada progressivamente riducendo, le potenzialità legate alla banda larga rimangono per molti versi inesplorate.
Il nodo cruciale rimane infatti la realizzazione della nuova infrastruttura di accesso NGN. A tal fine lo scoglio maggiore è rappresentato dagli investimenti estremamente elevati e dalle esigenze di coordinamento sul territorio che sono difficilmente sostenibili dai singoli operatori e che richiederebbero un approccio sistemico e una prospettiva di lungo termine. Chi, come e quanto investire è il dilemma da risolvere. In Asia si sono mosse le amministrazioni nazionali. In Australia il governo ha stanziato 24 miliardi di euro per la rete nazionale NGN. In Europa il dibattito è aperto.
Accanto a questi aspetti emergono importanti implicazioni di natura regolamentare, tra cui la necessità di garantire l’accesso alla nuova Rete da parte di tutti gli operatori in maniera non discriminatoria e il rispetto della neutralità tecnologica per i contenuti e i dati che transiteranno su questa Rete.
Le questioni aperte quindi sono molteplici e coinvolgono numerosi attori: gli operatori, il governo e gli enti locali, le autorità di regolazione e la stessa Commissione Europea. Ciascuno deve fare la sua parte. In Italia per lo sviluppo delle nuove reti qualcosa si sta muovendo, ma ancora soprattutto a livello di singole aree e con progetti frammentati. Non è sufficiente.
In un tale scenario sono fondamentali le politiche di sostegno alla domanda e di alfabetizzazione informatica. Da questo punto di vista l’Italia, purtroppo, non si fa onore e rimane ben sotto la media europea, sia per quanto riguarda la penetrazione della banda larga, sia per la diffusione dei Pc tra le famiglie.
Il tema non è secondario, ed è auspicabile che questo gap venga colmato anche per mettere effettivamente i cittadini in condizione di utilizzare i servizi che saranno offerti dalle “amministrazioni digitali”.
Infine non si può non rilevare che, accanto a quella informatica, occorrerebbe diffondere anche l’alfabetizzazione “mediatica”, ossia l’educazione e le conoscenze che consentano ai consumatori di utilizzare i media in modo efficace e sicuro. Solo in questo modo i cittadini possono operare le proprie scelte con cognizione di causa, comprendere la natura dei contenuti e dei servizi, e avvalersi dell’intera gamma di possibilità offerte dalle nuove tecnologie delle comunicazioni, proteggendosi nel contempo dai contenuti nocivi o di bassa qualità.

 

Michele Lauria

commissario AGCOM

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