Intervista a Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
Il prossimo 7 e 8 novembre, nell’ambito di Ecomondo a Rimini, si svolgerà la 12esima edizione degli Stati Generali della Green Economy, organizzata dal Consiglio Nazionale della Green Economy, composto da 68 organizzazioni di imprese, in collaborazione con il MASE e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
In occasione dell’evento, verrà presentata la Relazione sullo Stato della Green Economy 2023, con un focus sui “Costi e i benefici della transizione all’economia di domani”.
Che ruolo gioca la tecnologia nella transizione ecologica?
La tecnologia ha un ruolo fondamentale. La sfida climatica ed ecologica ha avuto un ruolo importante nel promuovere l’innovazione tecnologica che, a sua volta, ha reso possibili e spesso anche convenienti, i cambiamenti per la decarbonizzazione e per l’economia circolare. Ha consentito, per esempio, l’abbattimento dei costi dei pannelli solari, lo sviluppo della produzione elettrica distribuita con accumuli e reti intelligenti, l’aumento dell’efficienza energetica con le nuove pompe di calore, lo sviluppo dell’auto elettrica e via dicendo. Nell’economia circolare vi sono grandi progressi nella capacità di ecodesign, di progettazione di prodotti di più lunga durata, riparabili, riciclabili e fatti con materiali provenienti dal riciclo. Le tecnologie di riciclo sono nettamente migliorate nella produzione di acciaio da rottami ad alta efficienza energetica, nel riciclo dei rifiuti organici con produzione di compost di qualità di biometano e di anidride carbonica per usi alimentari e in molti altri settori.
In che modo il capitolo digitalizzazione del PNRR può sostenere l’economia circolare?
Aumentare i tassi di circolarità dell’economia richiede cambiamenti nelle produzioni e nei consumi. Nelle produzioni occorre aumentare la durata dei prodotti, la loro riparabilità, il loro riutilizzo, il loro riciclo e la loro fabbricazione con materiali provenienti dal riciclo. In tutte queste operazioni occorre disporre di una gran quantità di dati, di informazioni e della capacità di gestirli ed elaborarli. Servono inoltre tecnologie che rendano praticabili e convenienti questi interventi: a volte basta impiegare diversamente tecniche e impianti già disponibili, altre volte servono modifiche o nuovi impianti e nuovi processi produttivi. La digitalizzazione, già ampiamente impiegata, svolge ormai un ruolo nel sostenere l’economia circolare. Nei modelli di consumo i potenziali della digitalizzazione per la circolarità sono elevati. Già con delle applicazioni sullo smartphone attiviamo l’accesso ai mezzi per la mobilità in sharing: l’utilizzo condiviso è un cardine della circolarità e tenderà a svilupparsi sempre più su diversi beni e servizi col supporto della digitalizzazione. Ma con la digitalizzazione potremo rafforzare la conoscenza del ciclo di vita dei prodotti e scegliere quelli più circolari.
Quali sono i costi e i benefici per il nostro paese?
I benefici possono essere molti se continuiamo ad investire, all’Italia non conviene economicamente frenare la transizione ecologica. Lo dicono i numeri. Investire nelle rinnovabili elettriche, arrivando a 123 GW nel 2030 creerebbe 430.000 nuovi posti di lavoro, la circolarità nei rifiuti porterebbe 97.000 nuovi occupati e un investimento nel ripristino degli ecosistemi di 261 milioni genererebbe un valore aggiunto 10 volte superiore. Questo per segnalare solo l’impatto sulle politiche del lavoro. Ma anche altri dati sono interessanti: se aumentasse l’economia circolare, il consumo complessivo dei materiali nel 2030 diminuirebbe del 14,5% rispetto al 2020, calerebbe la quantità di rifiuti prodotti (-17 Mt al 2030), aumenterebbe la quantità di rifiuti sottoposti ad attività di riciclaggio (+18% al 2030), portando il tasso di riciclo nel 2030 all’89,8%. Lo scenario più circolare farebbe diminuire sensibilmente la dipendenza dell’Italia dall’approvvigionamento dall’estero con una riduzione di 40 Mt e un risparmio di 82,5 Mld€.
Come evitare nella comunicazione di alimentare la sfiducia rispetto a queste tematiche?
È necessario tradurre questioni anche molto tecniche in pochi messaggi chiari che arrivino al grande pubblico, in maniera che si capisca quanto è importante per il nostro paese realizzare una transizione ecologica.
Per arginare un certo “eco-scetticismo”, abbastanza diffuso nel nostro Paese anche nella comunicazione, dovremmo focalizzare di più e meglio i benefici della transizione. Ad esempio, la piena attuazione degli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030, porterebbe ad un risparmio totale di costi energetici e di costi delle emissioni di circa 66 Mld€ nel decennio, e ad un effetto moltiplicatore sulle attività economiche e sulle entrate del bilancio dello Stato: fra Irpef, imposte dirette e indirette, contributi sociali e altre entrate correnti, al netto delle perdite di accise e Iva sui carburanti fossili, si arriverebbe nel decennio a maggiori entrate per lo Stato di ben 529,5 Mld€ cumulate al 2030.
Quali sono le proposte principali degli Stati Generali della Green Economy?
Fra le cose più urgenti c’è una legge per il clima: come negli altri principali paesi europei, serve a fissare un quadro normativo, e non solo programmatico, di riferimento stabile e durevole, necessario per gli investimenti e per orientare le scelte di innovazione, riducendo i costi e massimizzando i vantaggi della transizione. Per accelerare la produzione di energia da fonti rinnovabili dobbiamo semplificare e accelerale le procedure per autorizzare gli impianti e fare di più per promuovere l’elettrificazione nei trasporti, negli usi civili, e nell’industria. Ci serve un nuovo, più efficace e sostenibile, sistema di incentivi per l’efficienza energetica degli edifici. Questo cambiamento va sostenuto con una riforma della fiscalità in direzione ecologica, rafforzando e potenziano la ricerca e le fiere produttive nazionali.