Quale sarà il futuro dei media? L’interrogativo è ricorrente e ribalta da un ambiente all’altro: politici, economisti, sociologi, imprenditori ed esperti di media ne parlano con diverse intonazioni ma le indicazioni che si hanno non sono sostanzialmente contrastanti.
Sarà un futuro nel quale l’economia digitale porterà sempre più ad integrare i settori dell’informatica, delle telecomunicazioni e dei media sulla spinta di una naturale convergenza tecnologica determinando nuovi modi di coesistenza, con implicazioni culturali, politiche, economiche e sociali che già oggi si cominciano ad avvertire.
La diffusione esponenziale di nuovi strumenti di comunicazione come il telefono cellulare, la posta elettronica e, all’interno del Web, l’esplosione del fenomeno dei blog e dei social network sta trasformando i modi di comunicare e di costruire relazioni sociali che consentono il contatto con una miriade di persone lontane fisicamente, ma con le quali si può interagire in modo diretto, senza la mediazione di strutture intermedie.
Alcuni dati sull’audience dei siti di social networking sono impressionanti. Secondo ComScore, la società di auditing nel settore della comunicazione digitale, a metà del 2009, i visitatori unici di tali siti nel corso di un mese sono stati circa 750 milioni, vale a dire il 65 per cento dell’audience complessiva di Internet che, a livello mondiale, è stata di 1,1 miliardi di utenti. Non solo, le principali web communities stanno trasmigrando sulla telefonia mobile con applicazioni che consentono di rimanere in contatto con le persone della propria comunità , continuando a comunicare e condividere momenti di vita e di lavoro, come in una piazza virtuale.
Viviane Reding, responsabile per la società dell’informazione e i media all’interno della Commissione europea, ha calcolato che nel 2012 gli utenti di social network in Europa saranno circa 108 milioni e l’importanza di queste reti aumenterà non solo dal punto di vista delle relazioni sociali ma anche sul piano economico, offrendo nuove opportunità di business all’industria europea in quanto “la loro natura aperta, la flessibilità della Rete, la loro diversità culturale, un’interattività sempre più spinta e la possibilità di potersi rivolgere ad una vasta e differenziata audience sono tutti fattori che concorrono a creare un ambiente che il mondo delle imprese non può ignorare”.
L’impatto della convergenza tecnologica sui media ha già prodotto cambiamenti profondi ma molti altri ne produrrà . Lo scenario che si prefigura è quello di un insieme di infrastrutture di reti e servizi caratterizzato da una pressoché illimitata capacità di banda, da possibilità di accesso wireless a servizi digitali senza limitazioni di tempo e di luogo, da miliardi di terminali interconnessi. Insomma, da uno stile di vita “digitale” che consentirà agli individui di scegliere il momento e il luogo per accedere a servizi e contenuti personalizzati.
Ma il ruolo della Rete in futuro non si limiterà allo scambio di servizi e all’elaborazione di informazioni. Lo ha sottolineato alla fine dello scorso anno la stessa Reding nel delineare le linee di sviluppo dell’ICT in Europa. Sta emergendo un “Internet of things”, una Rete che combina la connettività universale con sensori, come i transponder RFID (radio frequency identification), microsistemi e robot che permettono di mettere in Rete oggetti, cose e servizi, con applicazioni che si stanno sviluppando in molti settori, da quello di acquisto e di distribuzione di servizi logistici a quello del controllo di dati sanitari, a quello manifatturiero.
Insomma, si è di fronte a tecnologie che presentano un elevato livello di pervasività con applicazioni che si propagano velocemente in tutte le ramificazioni della vita sociale con una contrazione delle dimensioni spazio-tempo che determina mutazioni che non è eccessivo definire antropologiche. In relazione alla proliferazione dei sistemi “touch screen”, si è recentemente affermato che gli utilizzatori di tali sistemi sfruttino più aree neurali del cervello. Insomma la generazione “touch screen” sarà più intelligente della precedente, con un salto “darwiniano” di vera e propria natura antropologica.
Una delle conseguenze più evidenti derivanti dall’evoluzione tecnologia in atto è che i tradizionali confini che tracciavano le barriere tra i vari comparti del settore dei media stanno gradualmente perdendo di significato. Nei giornali, ad esempio, la carta non è più l’unico elemento che concorre alla loro definizione.
Ormai tutte le testate giornalistiche hanno un proprio sito web e trasmettono on line i loro contenuti a riprova che la tecnologia tende a produrre l’integrazione tra i modelli comunicativi che caratterizzano le diverse entità dell’industria dei media. Certamente, anche per il settore editoriale l’asse portante della trasformazione futura sarà rappresentato da una progettazione industriale che farà dell’informazione on line non una diversificazione occasionale od episodica, ma una componente sostanziale di un core business non più limitato alla carta stampata. Esistono problemi di redditività legata agli investimenti on line per politiche commerciali in cui la valorizzazione in termini di prezzo non appare ancora remunerativa per flussi pubblicitari inadeguati, per l’assenza di efficaci regole di tutela del copyright, per le dimensioni della domanda sulla quale incidono fattori strutturali come la persistenza di un “digital divide” che in Italia non è soltanto generazionale, ma anche territoriale. Ma d’altra parte l’integrazione tra mezzi cartacei ed elettronici rappresenta, in un contesto in rapida trasformazione, la condizione ineludibile per continuare a restare sul mercato dell’informazione e competere con gli altri operatori per mantenere e sviluppare quote di lettura e di pubblicità .
Quello che gli editori, in quanto imprenditori dell’informazione, dovranno riuscire ad offrire in futuro sarà valore per tutte le categorie di utenti serviti (lettori e inserzionisti), attraverso attività in grado di generare ricavi a costi sopportabili. Il formato digitale dei contenuti rappresenta il presupposto per operare sul mercato, utilizzando i mezzi più adatti (carta, televisione, radio, sito web, telefonia mobile).
Il mondo dell’editoria si sta muovendo infatti verso un mercato che nel prossimo decennio richiederà un’offerta molto più articolata rispetto a quella tradizionale della carta stampata. I cambiamenti investono un pubblico al cui interno mutano i tradizionali paradigmi culturali di classificazione. Al lettore generalista subentra una tipologia di lettore che diventa esso stesso fruitore e creatore di informazione in quella dimensione virtuale che è la cosiddetta “blogosfera”.
Già oggi i giornali sono soltanto una parte del crescente mix di fonti a disposizione di un pubblico che è attraversato da quei processi di frammentazione che Alvin Toffler aveva previsto con largo anticipo quando nel 1980 nel suo studio più famoso – The Third Wave – analizzava in fenomeno della demassificazione dei media. Con i self media la comunicazione torna ad essere principalmente “uno a uno”, ma praticamente tutti vi hanno accesso sia come destinatari che come mittenti.
Le nuove tecnologie e le loro applicazioni al sistema dei media, moltiplicando le modalità di accesso ad una varietà incredibile di fonti, stanno creando tipologie di audience molto articolate e profilate in rapporto a interessi più o meno omogenei.
Da quanto sin qui detto, appare evidente che integrazione e convergenza tra mezzi rappresenti un percorso senza alternative. Con l’avvento dei processi di digitalizzazione, tutte le sorgenti informative di un soggetto che produce notizie, testi, intrattenimento e servizi collegati alimentano una base dati centrale i cui prodotti possono essere distribuiti e veicolati dai vari mezzi utilizzati in rapporto alle loro specificità .
E’ un percorso che richiede anche la disponibilità di strutture organizzative flessibili per favorire l’adattamento. In tal senso, sono ancora una volta illuminanti le parole di Alvin Toffler che, nella prefazione al volume “Ripensare il futuro” di Rowan Gibson, scriveva: “La rivoluzione che stiamo vivendo oggi, basata sulle competenze, ha dato origine a una gigantesca terza ondata di cambiamento a livello economico, con modalità radicalmente nuove e in continua evoluzione.” E aggiungeva: “La fede nell’era industriale, i principi come l’integrazione verticale, con la sua logica del comando/controllo sta cedendo il passo alla rivalutazione dell’outsourcing, alla minimizzazione delle dimensioni organizzative, all’affermarsi di centri di profitto, dei network e altre diverse forme organizzative.”
In altri termini, per sostenere l’approccio alla domanda che viene dal mercato sarà necessario un continuo adeguamento delle strutture organizzative e tecniche, insomma una flessibilità che consenta decisioni veloci per essere in grado di offrire servizi all’altezza dei competitors.
A questo proposito, va tuttavia messo in evidenza che gli editori dispongono di un valore aggiunto indiscutibile: l’essere fonti di informazione la cui attendibilità e credibilità sono corroborate da una lunga esperienza professionale. Harold Ritter in un saggio di qualche anno fa affermava: “Although content is not all, all is nothing without content”. I contenuti sono il messaggio e non viceversa, con buona pace di McLuhan il cui “il medium è il messaggio” appare come un paradosso destinato a restare tale. E’ vero i mezzi hanno una loro forza, ma senza contenuti non sono altro che “empty boxes”.
E in questa direzione viene in soccorso anche Giovanni Giovannini che scriveva una trentina di anni fa: “Con il graffito o il papiro, con la cera o la pelle di animali, con il piombo o il computer, a contare sarà sempre e soprattutto la qualità del messaggio informativo”.
Proprio in ragione della loro attitudine a produrre contenuti, gli editori sono e saranno i soggetti più qualificati ad agire anche nell’era digitale. Devono essere consapevoli però che, contrariamente a quanto avveniva in passato quando erano lettori e utenti pubblicitari ad andare alla ricerca dei giornali, ora, in un ambiente completamente mutato, devono essere loro ad andare alla ricerca dei clienti e capire rapidamente in quale direzione si va orientando il mercato e i segmenti che lo compongono. La multimedialità , con il corollario della convergenza digitale, è un indotto tecnologico che coinvolge l’offerta dell’impresa editoriale nella sua globalità .