Lo skyline di una delle capitali mondiali più dinamiche, ovvero Londra, potrebbe presto arricchirsi di un nuovo protagonista dell’architettura in verticale: lo hanno già soprannominato The Tulip, per la forma che richiama il celebre fiore simbolo dei Paesi Bassi, ma della sua delicatezza e leggerezza avrà ben poco, se si pensa ad un colosso di cemento e vetro alto 305 metri, il secondo grattacielo della City, superato solo da “The Shard”, l’edificio progettato da Renzo Piano, che di metri ne misura 309.
Lo scorso 2 aprile, il City of London’s Planning and Transportation Committee, che amministra la capitale britannica, ha dato il via libera al progetto con 18 voti favorevoli e 7 contrari: i lavori dovrebbe iniziare nel corso del 2020 per concludersi entro il 2025. L’opera è stata ideata e progettata dal rinomato studio di architettura Foster + Partners, già autore del famoso “The Gherkin” nel 2004, accanto al quale dovrebbe sorgere il Tulip, al numero 20 di Bury Street: finanziatore dell’opera è Safra Group, grande network industriale e finanziario internazionale, formato da holding di investimento e istituti bancari privati. Ma in cosa consiste la particolarità del Tulip e a quali usi sarà destinato? Ciò che colpisce dai render e dai filmati promozionali rilasciati sul sito ufficiale thetulip.com è, senza dubbio, la parte terminale della struttura, il cosiddetto “bocciolo di vetro”, una sezione di 12 piani di altezza composta principalmente da ampie superfici in vetro ad alte prestazioni, che permetterà una visione panoramica di Londra a 360 gradi. Per spostarsi da un piano all’altro, saranno in uso degli spettacolari ascensori esterni, delle piccole capsule completamente trasparenti, chiamate “Gondole”, che scivoleranno su e giù tra gli immaginari petali del Tulip, promettendo un’esperienza unica di visione. Dal punto di vista funzionale, ciò che distingue questo grattacielo da tutti gli altri presenti a Londra, è l’uso a cui sarà destinato: non sede di banche, importanti uffici o aziende, ma un polo culturale destinato alle persone, sia residenti che turisti, con l’organizzazione di mostre, eventi ed attività specifiche di formazione per le scolaresche locali (circa 20mila visite gratuite all’anno garantite per bambini e ragazzi dai 5 ai 16 anni d’età). E poi ristoranti, bar ed aree per svago e relax, con capienza fino a 1500 persone.
Afferma entusiasta Norman Foster, architetto a capo del progetto: “The Tulip incarna lo spirito di una città progressista e lungimirante come Londra e offre significativi vantaggi a londinesi e visitatori, ponendosi come punto di riferimento culturale e sociale con una ricca proposta educativa rivolta alle generazioni future».
«Siamo lieti di beneficiare dell’eccezionale talento di Foster and Partners nell’offrire a Londra questa costruzione – ha dichiarato Jacob J. Safra, della Safra Group -. L’eleganza e la leggiadra forza del tulipano completano l’iconico Gherkin».
Particolare attenzione è stata posta anche dal punto di vista della cura nel causare il minimo impatto ambientale, con l’obiettivo di ridurre, quanto più possibile, le ricadute negative di un simile gigante architettonico: a questo proposito è stato utilizzato un vetro altamente performante, in grado di isolare termicamente gli ambienti interni e richiedere quindi un basso consumo di energia elettrica, mentre l’installazione di celle fotovoltaiche contribuirà a produrre energia pulita. Alla base dell’edificio è poi stata proposta la costruzione di un parco pubblico, per aumentare l’attuale superficie verde di 8.5 volte.
Dal punto di vista finanziario, la valutazione commissionata dai responsabili del progetto all’agenzia Deloitte ha stimato che “The Tulip” offrirebbe a Londra benefici economici per circa 1 miliardo di sterline in valore monetizzato complessivo entro il 2045 e la creazione di 600 nuovi posti di lavoro.
Adesso la questione passa nelle mani del sindaco di Londra, Sadiq Khan, che dovrà decidere se garantire l’approvazione del progetto e autorizzare i permessi a costruire, valutando, in particolar modo, le obiezioni poste al progetto dal vicino aeroporto (distante circa 9 km dal sito adibito alla costruzione), che ha messo in luce le possibili interferenze sui radar causate dall’altezza e dagli elementi rotanti sulla facciata del Tulip.