Donne e nuove tecnologie: un binomio spesso vincente; soprattutto se alle esponenti del gentil sesso vengono affidati ruoli di coordinamento in posizioni apicali nelle grandi aziende che si occupano di telecomunicazioni e innovazione digitale. Un affermazione che, apparentemente, rompe gli schemi con la tradizione; la tecnologia, nell’immaginario collettivo, è un qualcosa per molti in linea solo con le inclinazioni dell’uomo. Ma se a parlare sono numeri, dati, studi e ricerche potremmo essere sulla buona strada per avviare un percorso che sfoci nella definitiva valorizzazione della donna anche a livello manageriale nelle aziende It/Tlc. E quello che, almeno negli ultimi anni, sta tentando di fare con grande slancio in avanti l’Italia.
Grazie anche alla recente legislazione ad hoc sulla rappresentanza di genere nei consigli d’amministrazione delle grandi imprese, infatti, in poco tempo nel nostro Paese si è quadruplicato il numero delle donne con ruoli direttivi; ma la crescita è continua e costante: se, ad esempio, nel 2013 erano 88 le donne presenti nei cda di aziende italiane, nel 2014 sono salite a 119.
Tra le aziende più attente alla questione c’è sicuramente Telecom Italia che, con il 40% di presenza femminile nel suo board dirigenziale, è al primo posto in Italia e ai primi posti a livello europeo. Non è quindi un caso che proprio Telecom abbia voluto ospitare il primo summit ‘italiano’ del GTWN (il Global Telecom Women’s Network), organismo mondiale nato nel lontano 1992, ai primordi della rivoluzione tecnologica, proprio per chiamare a raccolta negli anni tutte le donne manager nel settore delle telecomunicazioni, per ‘fare rete’ assieme e per studiare modelli di sviluppo che mettessero al centro la donna anche nel mondo delle nuove tecnologie.
Un gesto simbolico che vuole, al tempo stesso, richiamare l’attenzione su quello che è ancora un problema. Perché, nonostante tutti gli sforzi e una legislazione europea che punta in direzione di un’equa rappresentanza di genere aziendale, c’è ancora molto da fare. Nel campo delle Tlc la proporzione che separa le donne che ricoprono ruoli ‘entry level’ e ruoli dirigenziali è pari al 20% (laddove in Asia e in Nordamerica si ferma al 15%).
Eppure, a conti fatti, alle aziende converrebbe investire sulle donne; è dimostrato dai numeri di uno studio della Commissione Ue secondo cui, gli staff dirigenziali con almeno una donna al proprio interno, ‘valgono’ un return of equity medio del 14%, con un fatturato che cresce anche più del 35% rispetto ad aziende gestite interamente al maschile, con azioni che fruttano in alcuni casi plusvalenze del 34%. Aldilà dell’oceano questi sono parametri che devono aver già ben presenti: nella Silicon Valley, sebbene l’80% dei dipendenti dei colossi della new economy sia ancora di sesso maschile, stanno crescendo le donne al vertice di società come Yahoo, Facebook, Google, Microsoft.
“I nuovi paradigmi digitali – afferma Lucy Lombardi, Responsabile innovazione di Telecom Italia – stanno stimolando la nascita di competenze che possono essere svolte meglio da una donna rispetto a un uomo. Si passa da un modello di leadership che ‘disponeva’ informazioni ad uno che deve ‘gestire’ i flussi d’informazioni esistenti; un lavoro che richiede organizzazione del lavoro, la necessità di prendere iniziativa rapidamente, la capacità di collegare team collocati esternamente all’azienda; tutte caratteristiche tipiche dell’indole femminile”.
Le fa eco Candace Johnson, founding manager del GTWN, quando afferma che “le donne possono fare cose incredibili”. La Johnson, tra le prime donne al mondo a occuparsi di ingegneria e elettronica, una vita votata al settore satellitare, sottolinea come non sia un caso che il network sia nato parallelamente alla rivoluzione digitale: “Avevamo compreso – dice – che le nuove opportunità che la tecnologia avrebbe sicuramente offerto potevano dare una svolta al ruolo della donna sul lavoro”. Lei che ha sempre lottato per mantenere un’indipendenza intellettuale, anche quando i poteri forti avrebbero voluto metterla a tacere, ha spinto per la creazione del GTWN, un collettivo di sole donne per “cambiare la cultura della comunicazione”, per pensare il mondo del lavoro come un luogo aperto a tutti, a qualsiasi livello, senza distinzioni di genere.
Cosa che effettivamente sta avvenendo oggi, perlomeno nei grandi contesti aziendali. In questo senso l’esempio dato dai ‘giganti’ è centrale, un traino per le piccole e medie imprese, luoghi in cui il più delle volte la presenza femminile è ancora ridotta al minimo (e ai livelli più bassi della scala gerarchica). “Le donne che rivestono ruoli apicali – afferma Maria Ludovica Agrò, Responsabile dell’Agenzia per la Coesione territoriale – rendono l’idea di come possono essere rivisti gli schemi tradizionali; dando un surplus fatto di costanza, tenacia e raggiungimento degli obiettivi. Le donne, perciò, non hanno bisogno di essere tutelate ma solo di non essere discriminate”. I Fondi strutturali, prevedendo aiuti specifici per le donne (tra cui spiccano incentivi per le startup al femminile); potrebbero essere uno strumento utile, il grimaldello con cui scardinare le chiusure che fino ad oggi hanno precluso opportunità di carriera a donne meritevoli.
Le statistiche danno però solo un quadro parziale, perché le donne che ‘ce la fanno’ sono solo quelle che hanno dimostrato di non arrendersi mai, che sono arrivate in posti dirigenziali solo dopo una durissima selezione, cosa che per gli uomini avviene solo in parte. Invece sono molte di più quelle che meriterebbero: per esempio all’interno delle università i migliori studenti sono di sesso femminile ma non sempre questo talento confluisce nel mondo dell’impresa.
“Nell’era del digitale parlare di differenza di genere non ha più senso – dice l’amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano – tutti hanno in mano gli stessi strumenti e solo sul campo si può stabilire il merito. Bisogna togliere quelle barriere che fino ad oggi hanno permesso solo a una minima parte donne di valore di accedere a ruoli lavorativi in linea con le proprie competenze. Sono solo queste ultime a fare la differenza”. Nelle Tlc, infatti, ci sono decine di competenze ancora tutte da individuare e che sono indispensabili per lo sviluppo tecnologico. Si apre perciò un mondo di opportunità specialmente per molte donne che, ad armi pari, hanno sicuramente una marcia in più rispetto ai colleghi maschi. Magari passando per un mercato del lavoro flessibile, con una rotazione delle risorse che permetterebbe di avere più facilmente la persona giusta al posto giusto.
Il mondo del resto è cambiato: se a inizio secolo la presenza femminile in determinati settori lavorativi era vista di cattivo occhio, oggi molte donne le troviamo (efficacemente) al vertice delle imprese. “Se le donne hanno dato un impulso al cambiamento in settori fino a pochi decenni fa totalmente preclusi – sottolinea il neo consigliere Rai e presidente dell’Osservatorio Tuttimedia, Franco Siddi – non si può più disattendere la richiesta di un sempre maggior coinvolgimento nelle dinamiche di decisione e pianificazione sul futuro”.
Aldilà della legislazione, comunque, anche in Italia qualcosa si sta muovendo: molte nostre aziende, ad esempio, figurano tra le firmatarie della Carta europea sulle Pari Opportunità, che prevede procedure di selezione chiare e processi di nomina che tengano conto di quote destinate alle donne. Alcuni esempi virtuosi possiamo intravederli anche a livello pubblico: è il caso dell’AgCom, che vede al suo interno ben sei donne in posizioni chiave e con grandi responsabilità. Garante che, parallelamente, ha individuato delle linee d’azione: per agevolare l’impresa femminile (con fondi e incentivi), per dare loro più spazio (promuovendo programmi per sviluppare competenze), per rendere il settore digitale più attraente per le donne (avvicinandole alla tecnologia magari mettendola al servizio delle loro esigenze quotidiane), per diffondere la cultura del cambiamento. È lo stesso Commissario AgCom, Antonio Preto, ad ammettere che “per avere successo nel mondo digitale ci vorrebbero più donne al comando”. Come dargli torto se a parlare ci pensano i numeri.

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Marcello Gelardini
Marcello Gelardini. Giornalista Professionista, romano e orgoglioso di esserlo. Collaboratore del quotidiano online Repubblica.it, negli ultimi anni si è specializzato nel settore Tecnologia e ha approfondito il mondo delle startup. Laureato a pieni voti in Scienze politiche presso l'Università 'La Sapienza' di Roma. Grande appassionato di politica e sport. Sempre pronto a nuove sfide.