di LUCA PROTETTI –

L’uso quotidiano di vari strumenti digitali e tecnologici potrebbe avere delle controindicazioni. Secondo Ross Cunnington, neuroscienziato dell’Università del Queensland (Australia), il cervello umano, sovraccaricato dalla gestione di nuovi e sempre più sofisticati apparecchi, non riesce più a dare l’input giusto per il corretto movimento della mano. Ed ecco quindi che premiamo quando dovremmo strisciare o cerchiamo addirittura di cambiare i canali Tv con il mouse. Errori che porterebbero la persona a sentirsi “incompetente”.
Tecnicamente il problema risiederebbe in una meccanica denominata “ciclo di anticipazione”: il cervello invierebbe gli impulsi in modo troppo veloce per poter essere interpretati correttamente e la mancata coordinazione derivante da questo fenomeno porterebbe generare frustrazione nell’utente. “Il problema con tutti questi nuovi dispositivi è che vi sono tanti tipi differenti”, spiega lo studioso.
Il passaggio da un dispositivo all’altro, e quindi a diverse modalità di gestione degli stessi, sarebbe alla base di movimenti innaturali dovuti a questi malfunzionamenti nella trasmissione di informazioni all’interno del circuito occhio-mano. Quindi ogni volta che un nuovo dispositivo digitale viene messo in commercio, aumenta anche il potenziale di disconnessione fra mano, occhi e apparecchio. “Le persone usano molto il controllo visivo, guardando le proprie mani, guardando l’oggetto dell’obiettivo che cercano di raggiungere”, spiega.
Nelle sue ricerche Cunnington ha stimolato i partecipanti ai test con situazioni che andassero ad irritare l’individuo, ad esempio invertendo la direzione del mouse in modo tale che il cursore si muovesse in direzione opposta. Il cervello umano però riesce ad adattarsi molto rapidamente, circa un paio di minuti per l’inversione e 10 minuti per invertire destra-sinistra. Quando si impara a usare un nuovo congegno, tutta l’azione è infatti sul lobo frontale.
Il cervello è anche l’oggetto di un ambizioso progetto della Startup Vicariuos che vorrebbe sviluppare un software capace di elaborare le informazioni visive nello stesso modo in cui lo fa la nostra mente. Si tratta di combinare neuroscienze e informatica per creare un sistema di percezione visiva ispirata alla neocorteccia, la parte esterna del cervello che si occupa di parlare, sentire, vedere, muoversi e molte altre funzioni.
La società californiana, specializzata in Intelligenza Artificiale, conta di creare un sistema di percezione visiva sviluppato ed eventualmente commercializzarlo nei prossimi anni. Per il cofondatore della società D. Scott Phoenix le applicazioni potrebbero essere molteplici: un computer in grado di analizzare le immagini di diagnostica per determinare se un paziente ha il cancro o sbirciare un piatto a tavola per sapere quante calorie si stanno per consumare. Il progetto dell’azienda di Union City ha destato interesse tanto da ricevere lo scorso agosto un finanziamento di 15 milioni di dollari da un fondo che vede al suo interno anche il cofondatore di Facebook  Dustin Moskovitz.

Luca Protettì

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