La prima settimana del secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca ne ha viste accadere d’ogni colore; e la seconda pure è tutta un fuoco d’artificio: arresti e deportazioni di migranti e braccio di ferro – vinto – con la Colombia, uno dei Paesi dov’erano stati spediti; lite telefonica sulla Groenlandia con la premier danese Mette Frederiksen; sospensioni e licenziamenti a raffica dei dipendenti pubblici invisi alla nuova Amministrazione o che avevano compii ora ritenuti superflui (ad esempio, quello di evitare discriminazioni); blocco dei pagamenti pubblici – subito rientrato, perché le conseguenze non erano state valutate – e degli aiuti allo sviluppo all’estero; uscita degli Usa dagli Accordi di Parigi sul clima, dall’Oms, dal Wto; grazie a gogò ai facinorosi del 6 gennaio 2021 – tutti liberi e con la fedina penale pulita – e a quanti impedirono aborti legali (e ordine di non perseguire più in futuro atti del genere, salvo casi d’eccezionale gravità, cioè che ci scappi il morto ammazzato).

In Medio Oriente, un atteggiamento che incoraggia Israele a non rispettare le tregue in atto, né nel Libano – decine le vittime – né nella Striscia di Gaza, dopo avere aperto in Cisgiordania un nuovo fronte, lanciando l’operazione militari Muro di Ferro. Comportamenti avallati da Trump, che, parlando a ruota libera, come spesso fa, ipotizza di svuotare di abitanti la Striscia – lasciata ad Israele -, trasferendo due milioni di palestinesi in Giordania e in Egitto (che Amman e Il Cairo non siano d’accordo, anzi nemmeno lo sappiano, è del tutto secondario). L’Iran, per una volta, replica con ironia: propone che siano gli israeliani a trasferirsi, in Groenlandia, dove lo spazio non manca.

Quanto all’Unione europea, la parola d’ordine per il neo-segretario di Stato Marco Rubio è “ignorarla”, cioè trattarla – scrive Politico – “come se fosse un fantasma”: dialogo con gli Stati e non con l’Ue, la versione ‘trumpiana’ del classico ‘divide et impera’. Ma la premier Frederiksen, dopo il litigio al telefono con Trump sulla Groenlandia, fa un blitz tra Bruxelles, Parigi e Berlino e riesce ad allestire un argine, in vista del Vertice informale del 3 febbraio, dove si parlerà anche delle tensioni con gli Usa sull’Artico. I 27 sapranno trovare un sussulto d’orgoglio?, per evitare “la vassallizzazione felice” che per Le Monde è il destino dell’Europa all’epoca di Trump.

Come in un classico western prima del gran finale, si assiste al ritorno della ‘legge del più forte’: Trump tratta con la Colt posata sul tavolo da gioco. La stampa di destra negli Usa racconta tutto ciò con toni epici: “Trump compie passi aggressivi”, scrive il Daily Signal. La stampa liberal è critica, ma velleitaria: ha il dubbio, che è una speranza, probabilmente un’illusione, che Trump, mettendo tanta carne al fuoco, si bruci.

La magistratura mette paletti su provvedimenti anti-costituzionali, come la sospensione dello ius soli, o improvvisati, come il blocco dei pagamenti da un giorno all’altro, ma non è suo compito argina la marea di misure; e l’opposizione democratica, che dovrebbe cercare di farlo, sta ancora leccandosi le ferite del voto del 5 novembre e cercando una linea e un leader.

La tattica di Trump è quella di “esibire il potere”, noi diremmo di “mostrare i muscoli”; e quindi di “testare i limiti” fin dove può arrivare, anche “allagando i campi”, aprendo così tanti fronti che gli avversari non sanno dove e come cominciare a rispondere: vale per i democratici, ma vale pure per l’Europa, al bivio tra condiscendenza e contrapposizione, almeno sul clima e sulla tecnologia.

C’è, però, chi non sta alla finestra e avvia azioni di disturbo. Per Maurizio Molinari, ex direttore de la Repubblica e conoscitore di politica internazionale, “il sorprendente debutto di Deep Seek in cima alla classifica delle app più scaricate trasforma l’intelligenza artificiale nella prima sfida globale della Cina di Xi Jinping agli Usa di Trump”, proprio mentre resta aperto il fronte d’attrito di TikTok, la cui casa madre cinese ByteDance è alla ricerca di un acquirente americano – si tratta con Microsoft – per le sue attività negli Stati Uniti, per non oscurare oltre 170 milioni di account. Trump ammette di sentire suonare un “campanello d’allarme”.

E la Russia di Vladimir Putin attende sviluppi sul fronte ucraino, dove Trump, che prometteva che avrebbe fatto la pace in 24 ore, non pare avere fretta, non sapendo, forse, come muoversi senza condannare alla sconfitta Kiev e consentire a Mosca di cantare vittoria dopo l’invasione.

In Medio Oriente, in attesa della visita a Washington del premier israeliano Benjamin Netanyahu a inizio febbraio – dopo di lui, toccherà al premier indiano Narendra Mori -, i Paesi del Golfo reclamano un ruolo nel dopo guerra: la ricostruzione si profila come un affare, ma gli assetti della Regione devono essere definiti e le aree d’influenza pure.

Trump 2: Israele e Colombia, spigoli smussati
Tra domenica e lunedì, alcuni spigoli sembrano essersi smussarsi. Nella Striscia di Gaza, Hamas accetta di liberare, con altri ostaggi, Arbel Yehud, la donna ostaggio che doveva già tornare a casa sabato scorso, quando erano state restituite alle loro famiglie quattro giovani soldatesse, in cambio della scarcerazione di 200 detenuti palestinesi; e Israele comincia a lasciare transitare verso Nord centinaia di migliaia di palestinesi che vogliono rientrare nelle loro case, magari solo per scoprire che sono state distrutte e che ne restano solo macerie.

In Libano, dopo che l’esercito israeliano ha fatto decine di vittime domenica, respingendo quanti volevano rientrare come previsto nei loro villaggi, la tregua è prorogata fino al 18 febbraio.

E secondo la Casa Bianca il presidente della Colombia Gustavo Pedro accetta di accogliere migranti colombiani espulsi dagli Stati Uniti, dopo avere rispedito indietro i primi due aerei – denunciando palesi violazioni dei diritti umani – e dopo un crescendo di minacce di dazi e di restrizioni sui visti dall’una e dall’altra parte – misure che restano congelate -. Fox News considera “un grave errore” l’atteggiamento colombiano: mai intralciare i piani di Trump.

Trump 2: dalla prima alla seconda, settimane fotocopia
La seconda settimana del Trump 2 alla Casa Bianca è una fotocopia della prima: c’è una raffica di misure per cancellare i provvedimenti di Joe Biden, specie in materia di clima e ambiente, rispetto dei diritti di genere, e ritorsioni o licenziamenti di funzionari considerati ostili.

Lunedì, il Senato di Washington ha avallato la nomina dell’investitore miliardario Scott Bessent a segretario al Tesoro, affidandogli – scrive la Ap – “il delicato e apparentemente contraddittorio compito di tagliare le tasse e di ridurre il deficit, studiando e attuando un piano di dazi che non comprometta la crescita e non inneschi inflazione”.

Con l’opposizione alla deriva, Trump viaggia in autostrada verso la conferma delle sue scelte. Così, il Senato, dopo avere trangugiato la nomina di Pete Hegseth alla Difesa, avalla anche quella di Kristi Noem, la governatrice del South Dakota, a responsabile della Sicurezza interna. La donna che ammazzò a fucilate il proprio cane, perché non era buono per la caccia, non si farà certo scrupolo se qualche migrante sarà arrestato e deportato ingiustamente, pur di raggiungere gli obiettivi prefissati dal suo boss.

Magari, qualche intoppo potrebbe nascere con Robert F. Kennedy jr, figlio di Robert Kennedy e nipote del presidente assassinato John F. Kennedy: un ‘no vax’ alla Sanità può inquietare. Ma l’appiattimento dei repubblicani sulle scelte di Trump è stato finora quasi totale.

Il Washington Post ha contato quante volte, nel recente passato, RFK jr, negazionista e ‘no vax’, s’è pubblicamente espresso contro i vaccini con argomentazioni scientificamente infondate: dal 2020, sono 114 i podcast, le interviste e i discorsi. RFK jr ha messo 36 volte in relazione vaccini e autismo – un’affermazione ricorrente, ma senza basi scientifiche -; e ha anche detto che bianchi e neri dovrebbero avere programmi di vaccinazione diversi.

Fra i provvedimenti a pioggia, ne citiamo alcuni. Fronte giustizia, si indaga su quanti indagarono sulla sommossa del 6 gennaio 2021, mentre il Dipartimento della Giustizia licenzia una dozzina di dipendenti coinvolti nelle inchieste sugli atti compiuti dal presidente Trump nel suo primo mandato – il procuratore speciale Jack Smith s’era già dimesso prima del 20 gennaio -.

E il Washington Post rivela che il neo-segretario alla Difesa Hegseth cerca di ‘punire’ l’ex capo di Stato Maggiore, generale Mark Milley, che oppose resistenza a certe pretese di Trump durante il primo mandato. Sul piano giudiziario, Milley è tutelato dalla grazia preventiva concessagli ‘last minute’ dal presidente Joe Biden; ma resta esposto a procedure disciplinari, che potrebbero, ad esempio, privarlo di una stella, nonostante sia già in congedo.

Trump ha anche dato ordine al Pentagono di rivedere le politiche in atto sui transgender, cui potrebbe essere vietato in futuro di fare parte delle forze armate. L’ordine diramato recita: ”L’affermazione di un uomo di essere una donna, la sua pretesa che altri rispettino questa falsità, non è coerente con l’umiltà e l’altruismo richiesti a una persona in uniforme”.

Trump 2: intoppi e battute d’arresto
Non tutto fila però liscio come Trump vorrebbe: nonostante le foto – ufficiali – di file di migranti in catene imbarcati su aerei che devono riportarli in patria, il ritmo di arresti e deportazioni è inferiore agli obiettivi prefissati – bisogna passare da alcune centinaia a 1200/1500 al giorno – e così gli ordini diventano più stringenti, a rischio di prendere persone che non dovrebbero esserlo.

Molti ordini esecutivi restano sulla carta o sono affermazioni di principio prive d’impatto pratico senza adeguati provvedimenti legislativi. E si moltiplicano i casi che si prestano a ricorsi legali: 15 ispettori generali indipendenti che erano stati confermati dal Senato vengono licenziati senza il previsto preavviso di 30 giorni al Congresso perché la loro presenza intralcia i piani dell’Amministrazione. Trump nega di conoscerli, anche se, in buona parte, li aveva nominati lui nel suoi primo mandato.

I media commentano così: la Cnn racconta “il giorno in cui Trump si confrontò con la realtà” e osserva che la priorità dell’Amministrazione non è più la lotta all’inflazione e il calo dei prezzi – difficile da realizzare –, ma la deportazione di migranti – dove è più facile mostrare risultati -.

Sul Washington Post, Philp Bump scrive che, “a forza di sventrare le istituzioni americane, Trump sta sventrando l’America”. E il giornale analizza, uno per uno, tutti i provvedimenti presi dall’Amministrazione Trump 2 che potrebbero rivelarsi illegali.

Ma i provvedimenti ‘ansiogeni’ si susseguono. La Casa Bianca ha informato i dipendenti federali che, se daranno le dimissioni entro il 6 febbraio, potranno lasciare subito il lavoro, ma saranno pagati fino al 30 settembre. Non è però chiaro come i vuoti di personale saranno riempiti, se lo saranno.

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Giampiero Gramaglia
Giornalista, collabora con vari media (periodici, quotidiani, siti, radio, tv), dopo avere lavorato per trent'anni all'ANSA, di cui è stato direttore dal 2006 al 2009. Dirige i corsi e le testate della scuola di giornalismo di Urbino e tiene corsi di giornalismo alla Sapienza.