Trump alla Casa Bianca
Formalmente, il 45° presidente degli Sati Uniti s’insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio, l’Inauguration Day. Ma, fin dai primi momenti dopo l’Election Day, l’8 novembre, le parole e le mosse di DonaldTrump sono state vagliate e scrutate per cercare di capire se, e in che misura, il presidente sarà diverso dal candidato, che aveva impressionato per il suo linguaggio più brutale che franco e per le posizioni sessiste e razziste, anti-immigrati e anti-musulmani, pro-armi e pro-vita (cioè, favorevoli alla cancellazione del diritto all’aborto, restituendo agli Stati dell’Unione il compito di legiferare in merito, com’era fino al 1973).
Il viaggio di commiato in Europa – ad Atene e a Berlino – del presidente Barack Obama, a metà novembre, ha lasciato una scia di rammarico e di preoccupazione: rammarico per l’uscita di scena di un leader carismatico e affidabile; preoccupazione per l’arrivo di un successore inesperto e inaffidabile, che, durante tutta la campagna elettorale, ha avuto poca attenzione e zero considerazione per i partner e gli alleati europei.
Una certa tendenza giornalistica ad allinearsi al potere, più forte da noi che in America, ha alimentato, dopo l’Election Day, l’ipotesi – e forse l’illusione – che Trump, da presidente, cambierà registro. In realtà, quasi tutte le sue dichiarazioni e le sue prime scelte nella composizione della squadra di gestione e di governo sono state coerenti con l’immagine e i programmi della campagna elettorale: conferma dell’intenzione d’alzare e allungare la barriera tra Stati Uniti e Messico e di espellere milioni di immigrati irregolari; conferma dell’intenzione di abrogare, almeno in parte, la riforma sanitaria del suo predecessore, che non lascia i poveri senza assistenza; conferma dell’intenzione di rimettere in discussione gli accordi commerciali esistenti o in fase di negoziato, la Nafta con Messico e Canada, il Tpp versante Pacifico, il Ttip versante Atlantico.
E, mentre la scelta degli uomini dell’Amministrazione fa scorrere davanti agli occhi il film d’un’America nostalgica del segregazionismo e tutta ‘Law & Order’, ben diversa da quella di Obama, variegata e progressista, in politica estera si profila una svolta nei rapporti con la Russia che può modificare il contesto in Europa e nel Medio Oriente.