I film sono i più piratati dagli italiani, 617 milioni il fatturato perso. Grazie a Netflix e la sua offerta economica le pratiche illegali diminuiscono, ma aziende italiane gemelle come Infinity Tv non crescono.
La Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali (FAPAV) ha presentato il rapporto sull’ evoluzioni della pirateria audiovisiva in Italia, dal punto di vista economico e sociale. Sono stati intervistati adulti e ragazzi under 15 sulle loro abitudini nel corso dell’anno 2017. Il digitale si conferma la modalità preferita di pirateria, 33% e in particolare lo streaming, 26%. Il download/P2P appare in aumento, attestandosi al 22% (+ 5%). I dati mostrano qualche lieve miglioramento rispetto all’anno precedente, i film piratati sono al 30% (-3% rispetto al 2016). Le serie scaricate illegalmente sono il 21% mentre i programmi il 19%. Si evince che i film sono i preferiti dalla gente e che 631 milioni sono gli atti di pirateria, fortunatamente in calo del 6% rispetto all’anno precedente.
Dal punto di vista economico si perdono 617 milioni di euro di fatturato direttamente dall’industria audiovisiva a causa della mancata fruizione attraverso i canali legali. la perdita arriva a 1.049 milioni di euro per tutti i settori economici italiani a causa della pirateria audiovisiva. In termini di PIL significano 369 milioni di euro. Il fenomeno incide anche sul lavoro, infatti si prevede una predita di posti stimata fra i 5700. Lo Stato perde 171 milioni di euro: (IVA, imposte sul reddito e sulle imprese).
E’ incredibile constatare che Il 78% dei pirati è a conoscenza del fatto che la pirateria è un reato, ma siccome il 55% ritiene che sia improbabile essere scoperto e ancor meno sanzionato continua a fruire di prodotti illegalemente. Quando il piarta viene sanzionato lo scenario cambia infatti il 35% dei pirati che ha sperimentato l’oscuramento di un sito pirata si è rivolto almeno una volta ad alternative legali.
L’Osservatorio TuttiMedia da tempo sostiene che la divisione fra reale e virtuale induce ad una differenza di comportamento che deve finire, le cultura della legalità, dell’etica e della responsabilità è unica e vale sempre ed ovunque. Franco Siddi, (presidente CRTV e Osservatorio TuttiMedia) ha approfondito il tema della tutela e del riconoscimento del copyright online partendo da un dato positivo: – 14% fatturato stimato della pirateria.
“Per quanto riguarda lo “specifico televisivo” tuttavia i trend non sono altrettanto positivi – ha sottolineato Siddi – perché aumenta la pirateria legata a serie tv e programmi (questi ultimi soprattutto eventi e sport): si tratta di contenuti premium, ossia spesso acquisiti in regime di esclusiva, che costituiscono offerte caratterizzanti un brand televisivo, sia esso palinsesto o sue declinazioni online. Aumenta il download (rispetto allo streaming), che anch’esso sottrae contatti, pubblicità, ricavi da abbonamento – ma anche fidelizzazione e riferibilità al brand, aspetto per noi importante”.
Cosa fare per combattere il fenomeno che vede il 46% del totale piratato dagli adulti e fa riferimento allo “specifico TV” ed il 52% per gli adolescenti è il tema su cui Siddi riflettee perché l’UE valuta l’opportunità di creare una “Lista nera” dei mercati ad alto tasso di contraffazione e pirateria, sulla falsariga della Lista che da tempo redisse il Dipartimento del Commercio statunitense: “Grazie al regolamento AGCOM nel 2014 – sottolinea Siddi – l’Italia è riuscita ad uscire dalla lista nera di questi” .
Nell’ultima edizione della Lista USA si includono anche cyberlockers e siti di condivisione p2p; e si fa riferimento ai terminali illegali per lo streaming fenomeno in crescita, cui è dedicato un focus specifico, che uniscono violazione hardware e software, forma di pirateria perticolarmente rilevanti per la TV, e su questo punto CRTV harichiesto di allargare la definizione dei mercati online anche a piattaforme che possano portare alla condivisione di contenuti illeciti. I mercati che l’Unione propone di monitorare sono quelli extra UE ed a questo proposito CRTV ha indicato l’opportunità di non limitare la lista con il suo valore dissuasivo all’ opponibilità verso Paesi Terzi, poiché le violazioni sono speso perpetrate da piattaforme apolidi, anche intra UE. E di pensare ad un progetto più ampio per la tutela del diritto d’autore. fra le linee d’intervento proposte da CRT p i blocchi dell’IP a seguito di reiterate violazioni di ordini di disabilitazione all’accesso; emancipare il concetto di responsabilità dell’hosting dalla connotazione attiva o passiva, nel momento in cui l’intermediario sia reso consapevole (gli venga segnalato) dell’illiceità di contenuti trasportati e si possa diffidare (e sanzionare) l’ulteriore distribuzione.
Per Siddi la tutela passa, necessariamente, dal riconoscimento del copyright: “La pirateria viola il diritto degli autori di controllare la diffusione dei propri contenuti, nega l’equa remunerazione degli aventi diritti – caratteristiche del diritto di privativa nel modo reale. Soprattutto, mantiene il valore degli sfruttamenti online in capo alle piattaforme che diffondendoli hanno ottenuto ricavi diretti e indiretti. E’ quello che si chiama “value gap”, che nella proposta di revisione della direttiva copyright si tentava di eliminare coinvolgendo le aziende che operano online responsabilizzandole, e spingendole a favorire il controllo della circolazione dei contenuti e una loro equa remunerazione per la filiera degli aventi diritto.Si tratta di tre step distinti, ma collegati: la responsabilizzazione degli operatori online deve essere stabilita quando essi costruiscono il proprio business a partire dall’utilizzo di contenuti con ricavi da pubblicità o abbonamento, ma anche ad es. dall’utilizzo e profilazione di dati personali degli utenti, o big data, a fini commerciali o di sviluppo tecnologico o di prodotto”.
“Da decenni il settore radiotelevisivo contribuisce alla remunerazione della filiera creativa con il pagamento delle licenze a autori, artisti, interpreti ed esecutori – conclude Siddi – . È tale filiera, e a valle i contenuti (acquistati, prodotti, coprodotti) distribuiti dai broadcaster che è penalizzata da utilizzi online, attualmente non controllati, spesso illeciti e non (o non adeguatamente) remunerati. Per lo specifico della tutela e la remunerazione del copyright online condividere con industria audiovisiva nel suo complesso (autori, editori, distributori e rete) dei sistemi di content ID potrebbe essere una soluzione, una buona base per il controllo, la remunerazione e la valorizzazione del copyright online. E per l’enforcement delle violazioni”.