Tutto ciò che serve è l’odio (“All you need is…) 

L’indignazione e l’odio sono diventati la motivazione dominante per recarsi alle urne per più della metà delle popolazioni mondiali. Vediamo perché.

Fact checking e Meta

Il recente annuncio di Mark Zuckerberg di interrompere l’operazione di fact checking di Meta rivela, con poco margine per il dubbio, che sicuramente  i soldi contano quanto l’ideologia nei social media. Il Guardian ha giustamente osservato che “Zuck” ha abbastanza soldi per non doversene preoccupare, a meno che la sua competizione con Musk non sia ancora in corso, non più nella gabbia ma nel mercato: chi diventerà il prossimo trilionario?

Precedenti

Facebook aveva già fatto scalpore in Myanmar (ex Birmania) e nel mondo per la persecuzione dei Rohingya. Oggi Zuck sancisce che la libertà o la liberalizzazione dei social media, ovvero la promozione del traffico, e null’altro vengono prima.

Traffico e non parlo di macchine

Si tratta di un traffico particolare, diverso anche dal caso Birmania. Un passo indietro: sottolineo il fatto che prima di questa genuflessione all’onnipotente Trump, Zuck era un dichiarato critico del nuovo presidente. Quindi, unendosi al resto dei fedeli , anche lui si inginocchia al nuovo mondo politico che il leader Usa vuole costruire.  Forse mi sbaglio, Bezos, Musk e Zuck sono sinceramente preoccupati per la democrazia, come la Repubblica Popolare Democratica di Corea (DPRK)?

Il potere delle parole

Ma la questione riguarda il potere delle parole. Permettere una distribuzione sfrenata dell’odio sulle reti più potenti del mondo significa semplicemente incendiare l’umanità. E l’indignazione e l’odio sono diventati la motivazione dominante per recarsi alle urne per più della metà delle popolazioni mondiali. Tutti i rappresentanti dei regimi autocratici ne hanno avuto bisogno e lo hanno promosso per accedere al potere, e tutti continuano ad alimentarlo. Hanno trasformato l’odio in una religione. Ma, nonostante si tratti di una tendenza dettata da interessi privati, il movimento è troppo grande per non comportare un reset radicale con l’aiuto e la collaborazione degli elettori stessi. 

Ritorna la rivoluzione francese?

Siamo in un periodo paragonabile a quello della Rivoluzione francese. La rivoluzione indica un cambiamento brutale e radicale di regime  che può anche superare limiti.

Paragoni del passato

La progressione  di eccessi che porta  alla rivoluzione ricorda la “teoria della catastrofe” di René Thom, paragonabile alla Riforma che ha introdotto un periodo duraturo di guerre tra cattolici e protestanti.  Tempi di  abuso crescente del potere papale e della mercificazione delle “indulgenze”.

 La guerra tra sunniti e sciiti è una replica, in condizioni elettroniche, delle guerre religiose del Rinascimento, così come queste furono la conseguenza dell’arrivo della stampa, come hanno sostenuto e verificato Marshall McLuhan e poi Elisabeth Eisenstein.

Relazioni simboliche

Esiste, infatti, una relazione simbolica tra le decapitazioni avvenute durante la Rivoluzione e quelle praticate dai jihadisti. Entrambi incidono sull’essere di ognuno di noi, anche su chi sostiene di non avere nulla a che fare con tutto ciò.

Paura globale

Oggi la paura penetra in tutto il mondo perché la nuova forma di terrorismo è globale e non è collegabile ad un nemico specifico. L’attuale guerra di destra, condotta attraverso lo spin-doctoring dei social media, sembra essere condotta solo contro una presunta sinistra auto indulgente e ‘woke’. Siamo ad un imperialismo contagioso? Da Putin a Trump, che costringe miriadi di ‘filter bubbles” e ‘echo chambers’ a riunirsi in una massiccia polarizzazione.

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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".