Ucraina

Respinto da Washington e Kiev, il piano di pace cinese sull’Ucraina apre qualche breccia europea. C’è la fila per andare a Pechino: Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez hanno tutti in agenda missioni cinesi, come – più tardi – Giorgia Meloni. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrel, un falco, vuole esplorare il potenziale dell’iniziativa della Cina: “I cinesi – sostiene – vogliono essere facilitatori, non mediatori. E’ un ruolo da incoraggiare”.

Concluso il Vertice europeo della scorsa settimana, Sanchez si barcamenava tra ortodossia atlantica e apertura europea: “Per risolvere il conflitto, la Spagna e l’Europa sostengono il piano Zelenski… Però il documento cinese ha spunti d’interesse”, fra cui il rifiuto del ricorso al nucleare e il rispetto dell’integrità territoriale; “La Cina è un attore globale e la sua voce va ascoltata per trovare come porre fine alla guerra e aiutare l’Ucraina a recuperare la sua sovranità”.

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken parla di “matrimonio d’interesse”, commentando la visita di Xi a Mosca: la politica estera cinese offre una visione multipolare con Pechino, non Washington, al centro dello scacchiere internazionale. Su AffarInternazionali.it, Vittoria Mazzieri di China Files scrive che la Cina ha certamente “rafforzato la pretesa di proporsi come “potenza responsabile”, capace di “mediare” tra attori terzi.

Lo ha dimostrato, fra l’altro, rivendicando come un proprio successo diplomatico l’accordo tra Iran e Arabia Saudita, cioè tra l’arci-nemico e l’arci-amico degli Stati Uniti in Medio Oriente; e ancora lo dimostra tagliando sistematicamente, sotto i piedi di Taiwan, l’erba delle relazioni diplomatiche. L’Honduras è da poco divenuto l’ultimo Paese a lasciare l’Isola Stato per la Repubblica popolare: ormai, sono solo 13 gli Stati al Mondo che riconoscono Taiwan.

In questa fase, Mosca si nasconde dietro Pechino. A Washington e Kiev resta il ruolo da oltranzisti, che il presidente Usa Joe Biden cerca di ammorbidire convocando il 2° summit per la democrazia: focus sull’Ucraina e invito inviato a 120 Paesi, esclusi Cina e Russia, ma pure Ungheria e Turchia, oltre a Corea del Nord, Iran, Venezuela, Cuba, Nicaragua e molti altri.

L’idea di fondo è che l’invasione dell’Ucraina modifica l’ordine internazionale e inasprisce la sfida tra democrazie e autarchie. Ma l’elenco di presenti e assenti tratteggia più un perimetro d’alleanze che uno spartiacque tra democrazie e dittature.

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Giampiero Gramaglia
Giornalista, collabora con vari media (periodici, quotidiani, siti, radio, tv), dopo avere lavorato per trent'anni all'ANSA, di cui è stato direttore dal 2006 al 2009. Dirige i corsi e le testate della scuola di giornalismo di Urbino e tiene corsi di giornalismo alla Sapienza.