Putin e Xi dicono parole di pace, ma Putin non smette di fare la guerra in Ucraina. E Biden non dà loro corda: “Non ho finora sentito nulla che induca a pensare che il conflitto in Ucraina possa finire presto”. Zelensky aspetta una telefonata da Xi, dopo che il presidente cinese ha trascorso due giorni a Mosca con il collega russo, e ripropone il suo mantra, ricevendo a Kiev il premier giapponese Fumio Kishida: “Libereremo l’Ucraina fino all’ultimo metro”.
Per Washington, la Cina non è imparziale sulla guerra in Ucraina. Per svolgere un ruolo costruttivo, dovrebbe sollecitare la Russia a mettere fine all’invasione. Ma è un dato di fatto che Pechino, dopo la conferma di Xi alla presidenza per un terzo mandato di cinque anni, è uscita dal guscio e s’è resa diplomaticamente attiva, come Usa e Ue le chiedevano da oltre un anno, ed è diventata – riconosce all’unisono la stampa Usa qualificata – un attore più ambizioso sulla scena mondiale, “globale”.
“Lo sfoggio di unità anti-occidentale” che Putin e Xi fanno nel loro vertice non maschera – secondo il Washington Post – “un certo disagio” fra i due leader, che, però, non emerge dai testi pubblicati. Nei comunicati ufficiali c’è “imperitura amicizia”. Putin, alla cena di Stato, brinda “alle prospettive di cooperazione illimitate” fra Russia e Cina, che “agiscono in coordinamento”, rafforzando “partenariato globale” e “cooperazione strategica”.
L’Occidente resta scettico sul percorso verso la pace in Ucraina abbozzato dalla Cina e condiviso dalla Russia, 48 ore dopo che il leader russo è stato colpito da un mandato d’arresto della Corte penale internazionale dell’Aja.
Ma anche per gli Stati Uniti quelli appena trascorsi sono stati giorni imbarazzanti: lunedì 20 marzo era, infatti, il 20° anniversario dell’invasione dell’Iraq, un Paese aggredito senza mai avere attaccato gli Usa e senza costituire una minaccia per gli Usa. Risultato: una guerra con centinaia di migliaia di vittime e che durò quasi 15 anni – le truppe occidentali completarono il loro ritiro nel 2017 -; moti d’insurrezione contro l’occupazione e scontri intestini fra sciiti e sunniti; orrori, come le torture nel carcere di Abu Ghraib; attentati in Europa; e la nascita dell’Isis. Senza, peraltro, fare dell’Iraq una Svezia della Mesopotamia. Per i paladini del rispetto del diritto internazionale, un precedente del genere è scomodo.