Sangue sulla neve in Ucraina, di militari russi e ucraini, di mamme e bambini falciati quando credevano di potere percorrere in sicurezza corridoi umanitari: eroismi e vigliaccherie, momenti della guerra, di questa guerra, di tutte le guerre. Dopo due settimane, l’invasione dell’Ucraina decisa dalla Russia non è ancora sfociata nell’occupazione dell’Ucraina, ma le truppe russe stanno prendendo il controllo della fascia Est e Sud del Paese aggredito: ne bloccano l’accesso al Mar Nero e creano una continuità fra le comunità russofone e russofile del Donbass e della Crimea passando per Odessa fino alla Transnistria in Moldavia,
La guerra scatenata dal presidente russo Vladimir Putin è anche divenuta una guerra dell’energia con l’Occidente. E incide sulla geo-politica delle alleanze e delle ostilità, mentre si fanno avanti potenziali mediatori, Israele, la Turchia, una riluttante Cina.
Cruento sui campi di battaglia e nelle città, con decine di migliaia di vittime, il conflitto s’inasprisce sul fronte delle sanzioni: martedì, il presidente Usa Joe Biden ha vietato l’import di petrolio, gas e carbone russi – in merito, c’è un’intesa bipartisan negli Stati Uniti – e ha detto stop agli investimenti nel settore energetico russo. Biden, però, riconosce che molti alleati, specie europei, non possono allinearsi su queste misure.
Il controverso gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania, colpito dalle sanzioni dopo l’attacco all’Ucraina, è “morto” e non può essere “resuscitato”, secondo l’Amministrazione statunitense: “E’ un grosso pezzo di metallo in fondo al mare”, dice la sottosegretaria agli Esteri Usa Victoria Nuland in un’audizione al Senato, andando oltre le decisioni tedesche.
Di conseguenza, la benzina s’impenna in America, dove supera i quattro dollari al gallone, battendo record che risalivano all’estate del 2008, cioè ai tempi – non è un caso – di un’altra guerra russa, quella in Georgia. mentre in Europa, in Italia, costa il doppio, va oltre i due euro al litro.
Il conflitto investe altri settori dell’economia, le banche, la finanza, il commercio. Marchi simbolo della penetrazione dell’Occidente nella società russa cessano di fare affari a Mosca e altrove, sotto la pressione dell’opinione pubblica: McDonald’s, Starbucks e la Coca-Cola, la Pepsi sospendono l’attività in Russia.
Per gli effetti delle sanzioni, l’agenzia di rating Fitch declassa il debito russo da B a C e sottolinea che c’è il rischio “di un imminente default”. Anche stamane, le sirene suonano a Kiev e la paura la sentiamo pure noi.
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