Questa settimana segnaliamo il libro: “La poetica della meraviglia”. Filippo de Pisis scrittore, di Miriam Carcione, Bulzoni editore.
Un ‘gemello digitale’ ante-litteram: il conte Luigi Filippo Tibertelli (1896-1956), in arte Filippo de Pisis. Pittore e scrittore che coesistono nella poetica della Metafisica, una corrente culturale del XX Secolo che vuole rappresentare ciò che è oltre l’esperienza dei sensi. Il volume di Miriam Carcione affronta per la prima volta uno studio organico sulla produzione da scrittore di un artista più noto come pittore.
Nella prefazione, la professoressa Silvana Cirillo scrive che la vera identità del pittore e scrittore “ne coniuga le due anime”. Il lavoro della Carcione racconta le opere e la vita del ‘doppio’ de Pisis: “l’arte difficile, la vita difficile, gli amori difficili, le amicizie difficili …, le messinscene orchestrate per farsi notare e quelle per farsi amare, soprattutto le strategie escogitate per essere riconosciuto artista completo e protagonista nella creazione della poetica della Metafisica”.
Nato a Ferrara in un’illustre famiglia dell’aristocrazia cattolica, de Pisis è da sempre ritenuto un valido pittore, ugualmente stimato da pubblico e critica. Artista eclettico e raffinato, fu un accanito collezionista di cimeli e bibelots, un precoce miniaturista, un curioso entomologo, un attento botanico, un esperto dell’arte ferrarese; più di ogni altra cosa, però, egli considerava se stesso uno scrittore, senza ricevere in tal senso i riconoscimenti desiderati, al di là di qualche sporadico seppur blasonato apprezzamento.
L’indagine della Carcione, giovane studiosa di italianistica alla Sapienza, mira a contestualizzare gli scritti dell’autore all’interno del loro tempo, per comprendere le cause del mancato successo letterario. Il primo capitolo tratta della formazione giovanile nella città d’origine, Ferrara: particolare attenzione è data all’incontro di de Pisis con i fratelli de Chirico nel 1916 e all’ambiguo sodalizio che porterà alla nascita della Metafisica.
Il secondo capitolo si rivolge allo studio del contesto culturale europeo e, pertanto, si concentra sui rapporti che l’artista ebbe con le varie Avanguardie (Futurismo, Dadaismo, Metafisica, Surrealismo).
La terza sezione è dedicata all’analisi degli scritti editi in vita, composti a Ferrara tra il 1916 e il 1920. La quarta, invece, tramite l’esame di diari pubblicati postumi, descrive l’abbandono della patria e l’inizio delle peregrinazioni tra diverse città italiane o europee, fino all’approdo nella clinica psichiatrica di Brugherio, ove il conte si spegnerà nel 1956.
La monografia chiude infine su Ferrara, con un ultimo sguardo alla città da cui tutto ebbe inizio: l’amata odiata patria dello scrittore-pittore.