Chi vuole cimentarsi con la comunicazione e l’informazione europee legga prima il saggio “<strong>Communicating Europe in Italy</strong>”, una ‘bussola’ curata da Andrea  <strong>Maresi</strong>, responsabile media del Parlamento europeo in Italia,  e Lucia  <strong>D’Ambrosi</strong>, ricercatrice dell’Università di Macerata. E chi è già alle prese con la comunicazione e l’informazione europee, lo legga pure, ché non è mai troppo tardi per scoprire insidie e trappole di un mestiere complicato.

Il libro è in inglese: segnale inequivocabile per chi medita d’inserirsi in quel crocevia di culture ed interessi che è Bruxelles, dove il francese, almeno nella “bolla” delle istituzioni comunitarie, non è più da anni la lingua di lavoro principale.

‘Communicating Europe in Italy’ non è un manuale teorico: l’intento è di spiegare l’Europa dai punti di vista di chi la comunica quotidianamente, “sporcandosi le mani” nelle redazioni e nei palazzi. Strumenti (da internet ai servizi audiovisivi passando per quelli più tradizionali), temi, istituzioni, libri bianchi, lobby e crisi (economiche, ma non solo) da “maneggiare con cautela”. Il saggio somma contributi di giornalisti, docenti e professionisti dell’informazione dentro le Istituzioni, come Raffaella  <strong>Di Marte</strong> (che cura la presenza sui social media del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz) e Anna Maria  <strong>Villa</strong> (dirigente del Dipartimento Politiche europee della Presidenza del Consiglio italiana).

In attesa di presentazioni ufficiali, del lavoro di Maresi e della D’Ambrosi s’è già parlato in almeno due occasioni pubbliche. Il 27 aprile<strong>, </strong>a un dibattito a  <strong>Perugia</strong> al del Festival di Giornalismo, durante un workshop con addetti ai lavori e firme del libro: tra questi, i comunicatori Paolo <strong>Volpini</strong> e Roberto  <strong>Santaniello</strong> (entrambi alla Commissione europea) e il giornalista Beda  <strong>Romano</strong>, corrispondente da Bruxelles de Il Sole 24 Ore.

E’ emerso –riferisce su EurActiv.it Alessandra <strong>Flora</strong>- che comunicare l’Europa non è cosa scontata, soprattutto se in modo corretto: “Per anni ignorata, o relegata nei trafiletti delle pagine economiche, la popolarità dell’Ue presso i media italiani è improvvisamente decollata con la crisi mondiale scoppiata nel 2008.  Emerge ora, più che mai,  il rischio di una narrativa incompleta, raffazzonata, soprattutto quando chi ne scrive dall’Italia ne sa poco o niente, perché ignora i meccanismi di funzionamento delle istituzioni, ma anche le logiche di quel centro di gravità che è Bruxelles”.

Il 10 maggio, poi, a Firenze, il libro è stato evocato in una mattinata di dibattiti a Palazzo Vecchio, nella Sala dei Dugento, posta sotto il titolo ‘Giornalismo e media italiani nella governance dell’Unione europea’. A confronto, per iniziativa di <strong>Standard Ethics Network</strong>, giornalisti d’esperienza internazionale e docenti universitari.

S’è discusso di punti di forza, ma anche lacune, del giornalismo italiano sul fronte europeo, dove “non c’è più un problema di quantità, ma di qualità”: un giornalismo che deve essere –è stato detto- efficace, competente e non condiscendente, mentre manifesta lacune nella preparazione specifica sui temi europei e conferma una certa tradizionale inclinazione a ‘scrivere per le fonti’ piuttosto che ‘per il pubblico’.

Standard Ethics è un network e un’agenzia di rating di sostenibilità  (economico-finanziaria, sociale, ambientale e di governante) che si basa sui principi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile e di buona governance di Ue, Ocse e Onu.

Fra i temi toccati a Firenze, dopo un video-saluto del vice-presidente del Parlamento europeo Gianni  <strong>Pittella</strong>, il rapporto tra informazione e democrazia economica, nella prospettiva della governance dell’Unione economica e monetaria, l’informazione come bene pubblico tra crisi e trasformazione, una serie di riflessioni sul ruolo del giornalismo e dei media per una governante democratica europea. Sempre tenendo distinta l’informazione militante, cioè per l’integrazione, da quella di servizio, cioè sull’integrazione.

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