Venti punti sul giornalismo digitale è la sfida che  lancio anche dopo le parole del presidente Mattarella  che invita ad ambire al “bene comune che non è il bene pubblico dell’interesse della maggioranza, ma il bene di tutti.  Dunque, il giornalismo è, o almeno dovrebbe essere, al servizio del bene comune. Ecco perché ho creato un decalogo su giornalismo e GenAI.

  1. Quale è il rapporto tra giornalismo e IA?
  2. L’IA che i giornalisti usano per verificare i fatti, trovare numeri e statistiche, conoscere i propri lettori, trovare argomenti interessanti, ecc., non è il punto da discutere e su cui riflettere.
  3. La vera sfida posta dall’IA al giornalismo è l’IA generativa (GenAI).
  4. Un po’ di storia: prima della GenAI, l’IA era paragonabile a uno schiavo e i giornalisti hanno usufruito giustamente dell’opportunità.
  5. L’arrivo della GenAI ha trasformato l’IA da schiava a padrona.
  6. Questa inversione ha cambiato il profilo del giornalista.
  7. Da padrone l’IA si impossessa del linguaggio, della redazione, dell’identità, della mente e pone la questione della legittimità del giornalista, in quanto autore.
  8. Non è una mera questione di diritto d’autore, ma di perdita di autentica autorialità e di parziale abbandono della responsabilità.
  9. La vera questione per il giornalismo in generale è come recuperare il controllo sulla GenAI, sul linguaggio, sulla redazione di articoli e sulla mente per essere di nuovo legittimamente considerato riferimento.
  10. La soluzione è nei database nel nostro telefonino, nel nostro computer. Ovunque siano contengono il capitale cognitivo digitale di ciascuno di noi.
  11. Questi contenuti costituiscono il nostro personale capitale cognitivo digitale, che raddoppia e aumenta le nostre capacità mentali.
  12. Il problema è come usare questo contenuto esterno, in modo analogo a come accediamo al nostro capitale cognitivo mentale.
  13. Possiamo porre domande, nello stesso modo in cui sollecitiamo la ChatGPT.
  14. Ma la differenza fondamentale è che ChatGPT è un Large Language Model, cioè si nutre di un contesto molto ampio rispetto  a quello di ciascun essere umano che  usa solo il suo  capitale cognitivo naturale o digitale ma pur sempre personale.
  15. Il nostro capitale cognitivo contiene i nostri pensieri, la nostra identità, la nostra esperienza e i nostri valori.
  16. Propongo di riflettere sulla creazione di piccoli modelli (small language model) utili alla costruzione di un capitale cognitivo personale da condividere.
  17. Media Duemila ci abbiamo provato con i contenuti degli ultimi cinque anni della rivista e, separatamente, con una mia raccolta di saggi.
  18. Ho posto domande al mio capitale digitale personale (la mia versione digitale), come farei con me stesso ed ho ottenuto risposte diverse e talvolta migliori, sempre perfettamente e onestamente mie.
  19. Mettere il nostro capitale digitale personale in quanto giornalisti a disposizione dei lettori per domande e risposte migliorerebbe le relazioni con i lettori.
  20. In conclusione, contrariamente alla pigra delega dei poteri redazionali a una macchina, il nostro capitale cognitivo digitale personale diventa la garanzia della nostra identità, della nostra autonomia. Soprattutto delle nostre capacità uniche come giornalisti e della legittimità in quanto autori.
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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".