Venti punti sul giornalismo digitale è la sfida che lancio anche dopo le parole del presidente Mattarella che invita ad ambire al “bene comune che non è il bene pubblico dell’interesse della maggioranza, ma il bene di tutti. Dunque, il giornalismo è, o almeno dovrebbe essere, al servizio del bene comune. Ecco perché ho creato un decalogo su giornalismo e GenAI.
- Quale è il rapporto tra giornalismo e IA?
- L’IA che i giornalisti usano per verificare i fatti, trovare numeri e statistiche, conoscere i propri lettori, trovare argomenti interessanti, ecc., non è il punto da discutere e su cui riflettere.
- La vera sfida posta dall’IA al giornalismo è l’IA generativa (GenAI).
- Un po’ di storia: prima della GenAI, l’IA era paragonabile a uno schiavo e i giornalisti hanno usufruito giustamente dell’opportunità.
- L’arrivo della GenAI ha trasformato l’IA da schiava a padrona.
- Questa inversione ha cambiato il profilo del giornalista.
- Da padrone l’IA si impossessa del linguaggio, della redazione, dell’identità, della mente e pone la questione della legittimità del giornalista, in quanto autore.
- Non è una mera questione di diritto d’autore, ma di perdita di autentica autorialità e di parziale abbandono della responsabilità.
- La vera questione per il giornalismo in generale è come recuperare il controllo sulla GenAI, sul linguaggio, sulla redazione di articoli e sulla mente per essere di nuovo legittimamente considerato riferimento.
- La soluzione è nei database nel nostro telefonino, nel nostro computer. Ovunque siano contengono il capitale cognitivo digitale di ciascuno di noi.
- Questi contenuti costituiscono il nostro personale capitale cognitivo digitale, che raddoppia e aumenta le nostre capacità mentali.
- Il problema è come usare questo contenuto esterno, in modo analogo a come accediamo al nostro capitale cognitivo mentale.
- Possiamo porre domande, nello stesso modo in cui sollecitiamo la ChatGPT.
- Ma la differenza fondamentale è che ChatGPT è un Large Language Model, cioè si nutre di un contesto molto ampio rispetto a quello di ciascun essere umano che usa solo il suo capitale cognitivo naturale o digitale ma pur sempre personale.
- Il nostro capitale cognitivo contiene i nostri pensieri, la nostra identità, la nostra esperienza e i nostri valori.
- Propongo di riflettere sulla creazione di piccoli modelli (small language model) utili alla costruzione di un capitale cognitivo personale da condividere.
- A Media Duemila ci abbiamo provato con i contenuti degli ultimi cinque anni della rivista e, separatamente, con una mia raccolta di saggi.
- Ho posto domande al mio capitale digitale personale (la mia versione digitale), come farei con me stesso ed ho ottenuto risposte diverse e talvolta migliori, sempre perfettamente e onestamente mie.
- Mettere il nostro capitale digitale personale in quanto giornalisti a disposizione dei lettori per domande e risposte migliorerebbe le relazioni con i lettori.
- In conclusione, contrariamente alla pigra delega dei poteri redazionali a una macchina, il nostro capitale cognitivo digitale personale diventa la garanzia della nostra identità, della nostra autonomia. Soprattutto delle nostre capacità uniche come giornalisti e della legittimità in quanto autori.