Women in the Workplace 2018 – Le donne nei luoghi di lavoro 2018. E’ lo studio più completo sullo stato delle donne nell’America delle imprese. Dal 2015, LeanIn.Org e McKinsey & Company pubblicano questo rapporto ogni anno per fornire alle aziende e ai dipendenti le informazioni di cui hanno bisogno per far progredire le donne e migliorare la diversità di genere all’interno delle loro organizzazioni. Quest’anno, 279 aziende con oltre 13 milioni di persone hanno condiviso i loro dati e completato un sondaggio sulle loro pratiche HR (Human Resources). Più di 64.000 dipendenti sono stati intervistati nelle loro esperienze lavorative e sono state intervistate donne di diverse razze ed etnie e donne LGBTQ per ulteriori approfondimenti. Dal 2015, 462 aziende che impiegano quasi 20 milioni di persone hanno partecipato allo studio.
Lo studio pubblicato da aziende che impiegavano più di 13 milioni di persone hanno condiviso i loro dati di pipeline e completato un sondaggio sulle loro pratiche HR. Inoltre, oltre 64.000 dipendenti sono stati intervistati nelle loro esperienze lavorative e abbiamo intervistato donne di diverse razze ed etnie e donne LGBTQ per ulteriori approfondimenti. Dal 2015, 462 aziende che impiegano quasi 20 milioni di persone partecipano allo studio.
“Le pari opportunità tra uomo e donna passano attraverso il lavoro, ma nel 2018 di strada ce n’è ancora molta per il riconoscimento del lavoro femminile in termini di salario e carriera – dice Isa Maggi #statigeneralidelledonne – ma anche nell’accesso all’occupazione perché la maternità è ancora un ostacolo . Dal 41esimo posto in cui eravamo nel 2015, siamo crollati di ben 32 posizioni per quanto riguarda il gender gap, ossia la discrepanza in opportunità, status e attitudini tra i due sessi. L’anno scorso eravamo al 50esimo: in un anno, il calo è stato di ben 22 posizioni”.
Specificatamente parlando di salario, siamo al 126 esimo posto nel divario di genere: gli uomini i guadagnano più delle donne, e questa non è una novità, ma dalla ricerca emerge anche che le donne lavorano di più. Ogni giorno, una donna lavora 512 minuti contro i 453 di un suo collega mentre la disoccupazione è più alta tra le donne (12,8% contro il 10,9%) così come le persone senza lavoro scoraggiate (40,3% contro il 16,2% degli uomini).
E persino l’Onu ha acceso i riflettori sulla necessità di una svolta che consenta di invertire la rotta per promuovere definitivamente l’empowerment femminile. Le iniziative ed i progetti in campo non mancano, ma è sulle digital skills che bisognerà fare leva per accelerare la roadmap anche e soprattutto nell’ambito della Pubblica amministrazione e del mondo delle professioni.
“L’Italia ha l’opportunità di giocare un ruolo da protagonista nella “partita” della PA digitale: sempre più numerose le donne a capo degli assessorati all’Ict e all’innovazione di Comuni e Regioni e i “team” al femminile stanno dimostrando competenze e spirito di iniziativa come mai prima – continua Isa Maggi – . Lo sviluppo di servizi innovativi sarà il terreno di gioco fondamentale per la rivoluzione pubblica digitale ed anche per una vera parità, anche nei pagamenti. Un terreno di gioco in cui le “digital women” potranno avere un ruolo fondamentale. Sulla necessità ai attivare misure di “conciliazione dei tempi”, mi rifaccio a quanto in questi tre anni abbiamo continuato a dire e a scrivere. Conciliare vuol dire mettere insieme due parti antitetiche fra di loro, il termine è fuorviante per raggiungere gli obiettivi comuni di parità e di empowerment di noi donne. Il nostro lavoro di cura non è in antitesi con il nostro lavoro professionale, dipendente, imprenditoriale. Considerarlo così vuol dire continuare a generare differenze, antitesi appunto. Vi chiedo di riflettere su questo pensiero e di immaginare che il cambiamento che vogliamo innescare nella società passa anche da questo e soprattutto da noi donne”.
Ma il cambiamento passa anche da un maggior coinvolgimento dei padri (solo uno su 5 richiede i congedi, anche perché il suo stipendio si riduce al 30 per cento) azioni sinergiche attivate, suggerite e promosse tra istituzioni, imprese e mondo del lavoro, nonché il superamento degli stereotipi e un approccio diverso, anche nel linguaggio, con le nuove generazioni sono un primo passo secondo la rappresentante degli Stati Generali delle Donne che ha promosso anche “il Patto per le donne, nazionale e regionale” . “ora dopo averlo diffuso, condiviso e discusso si tratta di tradurlo in azioni concrete e condivise – conclude – Il gender tour che abbiamo svolto in tutte le regioni italiane ha messo in evidenza buone pratiche, risultati raggiunti ed ancora molte criticità. Ci piace far qui riferimento al Rapporto ASviS 2018 che registra miglioramenti nel Goal 5 in Italia. Nonostante la recente flessione dell’indicatore sintetico, nel complesso aumenta la partecipazione delle donne nei luoghi decisionali economici e politici, anche se la presenza resta bassa. A livello territoriale, cresce la presenza femminile nella maggior parte dei Consigli regionali”.
Nell’ultimo anno, la normativa italiana sull’uguaglianza di genere ha fatto buoni passi in avanti, concentrandosi sul soccorso e l’assistenza alle donne vittime di violenza, la medicina di genere, le misure di “conciliazione lavoro-famiglia” e il congedo di paternità.
Secondo l’Alleanza è sul piano dell’attuazione che si osservano gravi ritardi e carenze. Servono più sforzi per superare gli stereotipi di genere, migliorare la salute sessuale e garantire il pieno rispetto dei diritti riproduttivi. Anche se sono aumentate le tutele contro la violenza sulle donne, occorre potenziare i centri anti violenza e le case rifugio e introdurre, nella legge sui crimini d’odio e la discriminazione, i reati legati al sessismo.
Secondo Isa Maggi i progressi, nel quotidiano sulla diversità di genere sul lavoro, si sono fermati. I tassi di disoccupazione sono ancora preoccupanti per noi donne. e bisogna capire cosa fare per creare nuovo lavoro per le donne. Un ruolo importante è certamente un nuovo welfare aziendale. Per raggiungere l’uguaglianza, le aziende devono trasformare le buone intenzioni in azioni concrete e più decisive. La diversità di genere deve diventare una priorità aziendale: occorre colmare le lacune di genere nelle assunzioni e nelle promozioni, soprattutto all’inizio del processo lavorativo in cui le donne sono spesso trascurate. Significa adottare misure più audaci per creare una cultura rispettosa e inclusiva, in modo che le donne, e tutti i dipendenti, si sentano al sicuro e supportati sul lavoro.
Women in the Workplace 2018, conferma che le donne rimangono sotto rappresentate, anche se raggiungono migliori risultati scolastici rispetto agli uomini hanno meno probabilità di essere assunte in lavori di primo livello. Le donne hanno meno probabilità di essere assunte in lavori di livello manageriale, ed è molto meno probabile che vengano promosse. In gran parte a causa di questi divari di genere, gli uomini finiscono per detenere il 62% delle posizioni di manager, mentre le donne detengono solo il 38%.
A partire dal livello manageriale, ci sono significativamente meno donne da promuovere dall’interno e un numero significativamente inferiore di donne al giusto livello di esperienza da assumere dall’esterno. Quindi, anche se le percentuali di assunzioni e promozioni migliorano a livelli più alti, le donne non riescono a mettersi in pari: stiamo soffrendo di un “centro vuoto”. Questo dovrebbe servire come un forte wake up: finché le aziende non chiuderanno le prime lacune nelle assunzioni e nelle promozioni , le donne rimarranno sottorappresentate.
Se le aziende continuano ad assumere e promuovere donne a manager ai tassi attuali, il numero di donne manager aumenterà di un solo punto percentuale nei prossimi dieci anni. Ma se le aziende iniziassero ad assumere e promuovere donne e uomini a manager a parità di condizioni, ci si potrebbe avvicinare alla parità nella dirigenza – il 48% delle donne rispetto al 52% degli uomini – negli stessi dieci anni.
Molti fattori contribuiscono alla mancanza di diversità di genere sul posto di lavoro.
Oltre a questioni come il supporto manageriale e l’accesso ai senior leader, è interessante osservare alcune aree che svolgono un ruolo, tra cui la discriminazione quotidiana, le molestie sessuali e l’esperienza di essere “l’unica donna “ nella stanza.
Il sessismo e il razzismo quotidiano, noto anche come microaggressioni, possono assumere molte forme, segnalano mancanza di rispetto, riflettono anche la disuguaglianza.
Per quasi i due terzi delle donne, le microaggressioni sono una realtà lavorativa.
Come suggerisce il loro nome, le microaggressioni possono sembrare piccole se trattate una per una. Ma quando vengono ripetute nel tempo, possono avere un impatto maggiore: le donne che vivono le microaggressioni vedono i loro luoghi di lavoro meno equi e hanno tre volte più probabilità di pensare regolarmente di lasciare il proprio lavoro rispetto alle donne che non lo fanno.
Le molestie sessuali continuano a pervadere il posto di lavoro. Il trentacinque percento delle donne delle multinazionali vive molestie sessuali. Il 98% percento delle aziende ha politiche che chiariscono che le molestie sessuali non sono tollerate, ma molti dipendenti pensano che le loro aziende non riescano a mettere in pratica le politiche. E non ultimo l’essere unica in azienda è ancora un’esperienza comune per le donne. Una donna su cinque afferma di essere spesso l’unica donna o una delle uniche donne nella stanza al lavoro: in altre parole, sono “Sola”.
Le donne che sono “Sole” hanno un’esperienza significativamente peggiore delle donne che lavorano con altre donne
Ben pochi sono gli unici: solo il 7% afferma di essere spesso l’unico o l’unico degli uomini nella stanza e, indipendentemente dalla loro razza ed etnia, devono affrontare meno problemi rispetto alle donne “Sole”. In linea di massima, gli uomini bianchi che sono unici hanno un’esperienza migliore di qualsiasi altro gruppo di soli, probabilmente perché sono ampiamente rappresentati nella loro azienda e rappresentano un gruppo di alto livello nella società.