Una linea di tendenza che conta sempre più numerose esperienze di innovazione e che tocca tutte le scuole di ogni ordine e grado, cerca di rispondere a quella disconnessione digitale ormai molto evidente tra la scuola e la società. La società dell’informazione prima e la sua evoluzione in società della conoscenza, poi, ci hanno traghettato verso un mondo fatto di codici e linguaggi che si è molto evoluto e distanziato dalla rigida sequenzialità e linearità del testo scritto come unica modalità di comunicazione.
Oggi tutto questo emerge con evidenza nella quotidianità delle nostre azioni che è mediata dalle tecnologie: cellulare, computer, mp3, Ipod, come pure da siti e community quali YouTube, Wikipedia, Second Life, divenuti ormai la nuova “grammatica” della net-generation, ovvero l’attuale generazione di ragazzi che comunicano per acronimi ed elaborano flussi di informazione discontinui e paralleli.
Questa è la generazione dei “digital natives”, svezzata e nutrita con linguaggi multimediali, contrapposta a quella dei cosiddetti “digital immigrants”, ovvero coloro che non sono nati e cresciuti nell’era digitale ma che, volenti o nolenti, l’hanno accolta nel proprio patrimonio culturale in un secondo momento (il digital immigrant ha bisogno del supporto del manuale di istruzioni per conoscere le funzioni del cellulare). Il problema principale, a questo punto, pare essere che una popolazione di docenti “immigranti” che parla una lingua datata (quella dell’era pre-digitale) sta cercando di insegnare ad un’altra popolazione che si esprime con linguaggi radicalmente diversi.
I Digital Natives sono abituati a ricevere ed elaborare informazioni molto rapidamente, il loro cervello ama i processi paralleli ed il “multitask”, ovvero agire, percepire sensazioni, emozioni, informazioni in contemporanea.
“Loro” si esprimono al meglio quando sono interconnessi, preferiscono un accesso a caso (per esempio come in un ipertesto) o i grafici prima del testo, non il contrario.
Di fronte a questo divario, la scuola si è accorta che non può continuare a “trasmettere” conoscenza e che, soprattutto, il libro non è più sufficiente anche se conserva un ruolo decisivo e probabilmente insostituibile per la formazione della coscienza critica individuale; soprattutto non è in grado di intercettare gli stili cognitivi di studenti sempre più difficili da motivare ed “agganciare” empaticamente. è vero, una trasformazione è in atto: i linguaggi digitali che le cosiddette “nuove tecnologie” introducono e che i nostri studenti utilizzano a casa quotidianamente, coinvolgono ormai tutte le discipline. Non è più il caso di confinarle nell’area tecnologia come già le Indicazioni per il Curricolo hanno bene evidenziato. Così come non è più il caso di concentrarle nel “laboratorio di informatica” dove il computer, isolato, “predica se stesso”. E questo è tanto più evidente proprio nella scuola primaria dove ci troviamo di fronte ragazzi nati nella società digitale che “parlano” un linguaggio nuovo.
Per questo il piano di diffusione delle circa 20.000 lavagne interattive multimediali prevede la formazione di oltre 45.000 insegnanti di tutte le discipline, la messa a disposizione di migliaia di contenuti digitali in tutte le materie. E dal prossimo anno scolastico altre 10.000 LIM saranno offerte anche alle scuole del primo ciclo ed alle secondarie superiori e gli insegnanti in formazione sull’utilizzo dei linguaggi digitali supereranno i 100.000. L’obiettivo non è l’ammodernamento tecnologico della classe dove la LIM dovrà essere installata ma quello, ben più ambizioso, di introdurre nella attività di ogni giorno e nelle diverse discipline tutte le potenzialità e le opportunità che le ICT possono offrire per contribuire a migliorare e potenziare gli apprendimenti dei nostri studenti. La LIM dovrà, quindi, essere installata in classe non nel laboratorio. Tra tanti laboratori da costruire nelle scuole forse ce n’è uno da chiudere: proprio quello di informatica nella scuola primaria.
Nelle prossime settimane sarà pubblicato un bando aperto alle scuole per la creazione di 150 classi (oltre 1.000 insegnanti coinvolti), che diventeranno 300 l’anno successivo, per sviluppare e sperimentare con l’aiuto delle Università e dell’Agenzia Scuola, nuovi modelli di ambienti di apprendimento basati su un utilizzo quotidiano delle ICT.
E’ allo studio del Governo, in collaborazione con il ministro Brunetta, la possibilità di dare computer portatili a tutti i ragazzi delle scuole primarie e non per usarli nei laboratori, occasionalmente, ma in classe tutti i giorni e per tutte le materie.
Stiamo attuando, quindi, un piano che guarda al futuro, che richiede la formazione degli insegnanti per colmare quel digital divide che in Italia, data l’età media dei nostri insegnanti, è particolarmente ampio, e che smantella anche concezioni ormai vecchie che confinavano i computer nel laboratorio e le ICT in una materia tecnologica.
Giovanni Biondi
Capo Dipartimento per la programmazione Ministero Istruzione, Università e Ricerca